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La gestione del rischio negli investimenti

Vivere nel rischio significa saltare da uno strapiombo e costruirsi le ali mentre si precipita (1)

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Il consiglio che Ray Bradbury, autore di romanzi celebri quali Fahrenheit 451, diede agli studenti della Brown University è di quelli da tenere ben in mente. Tale concetto dovrebbe essere chiaro a chi si occupa di investimenti che, quotidianamente, cerca di munirsi degli strumenti più idonei per gestire il rischio. Un insegnamento che vale dunque anche per chi si occupa di assicurazioni, in quanto il modello di business si basa su un assunto fondamentale: prima viene pagato il premio e solo in seguito sarà erogata la prestazione.
Questo fa sì che un'impresa assicurativa si trovi sempre con ingenti capitali da investire; di conseguenza è di fondamentale importanza un efficace monitoraggio del proprio portafoglio titoli in termini di allocazione, rischio e duration.

Già con l'attuale framework normativo, alle compagnie non è concessa piena discrezione nella gestione del capitale. Per garantire che queste siano sempre in grado di far fronte agli impegni assunti con gli assicurati, Ivass ha normato le politiche di investimento mediante il Regolamento 36/2011; al cui interno vengono declinate le linee guida sull'asset allocation per gli attivi a copertura delle riserve tecniche, ponendo grande enfasi sul mismatch di duration tra attivi e passivi.


Solvency II integra tale framework normativo introducendo modalità di misurazione dei rischi più sofisticate. Il nuovo regime di vigilanza identifica l'insieme di rischi finanziari che devono essere presidiati e, con il solvency capital requirement (Scr), definisce l'ammontare di capitale necessario per la loro copertura. Misurando il capitale di rischio sull'intero portafoglio attivi, comprensivo della componente di patrimonio libero, il Regolatore tutela così non solo gli assicurati, ma anche tutti gli stakeholder che interagiscono con l'azienda.

Tali valutazioni, a prescindere dalla metodologia adottata (Modello Interno vs Formula Standard), offrono alle compagnie l'opportunità di una gestione ancor più consapevole dei propri investimenti. Il Scr, oltre a essere utilizzato come misura di monitoraggio per rispondere alle richieste normative e gestionali (limiti di risk appetite), può essere impiegato anche per analisi di sensitivities in fase di selezione dell'investimento, con l'obiettivo di quantificarne gli effetti sul portafoglio in termini di rischiosità.

Solvency II quindi dà l'opportunità alle compagnie di capire per tempo quanto sia distante l'orlo del precipizio evocato da Bradbury. Definendo la propria tolleranza al rischio e monitorando nel continuo quello assunto, le compagnie saranno in grado di gestire meglio un ambito aziendale che porta solitamente a un ingente assorbimento di capitale.

1Ray Bradbury, su The Brown Daily Herald, 1995


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