Aggiornare le norme sulla consulenza tecnica d’ufficio
Le regole risalgono al 1940 ma riguardano una sterminata serie di controversie civili, così come inadeguata risulta la disciplina sulla formazione, l’attività e la tenuta degli albi dei consulenti. Alla elaborazione di una proposta di riforma delle norme che disciplinano tali attività sarà dedicato il tradizionale congresso di ottobre dell’Associazione Melchiorre Gioia
16/10/2013
La consulenza tecnica d'ufficio (c.t.u.) è uno strumento istruttorio fondamentale in una serie sterminata di controversie civili: da quelle sul risarcimento del danno alla persona a quelle previdenziali; dalle controversie sulla responsabilità medica a quelle sulle distanze legali tra costruzioni.
La sua importanza, anzi, è andata vieppiù accrescendosi col progredire della scienza e della tecnica, al punto che vi sono oggi tipologie di processi civili i quali si decidono quasi esclusivamente in base alle risultanze di una c.t.u..
Nondimeno, le regole che disciplinano la consulenza tecnica d'ufficio risalgono al 1940, epoca di approvazione del codice di procedura civile.
Il mondo della scienza e della tecnica da allora ha conosciuto progressi indescrivibili e inusitati, e anche il processo di oggi, a furia di novelle e decreti, è ben diverso da quello del 1940. Nondimeno le norme che disciplinano la formazione e la tenuta degli albi dei consulenti, così come quelle che ne disciplinano l'attività, non hanno subÍto che modifiche rade e marginali, e sono perciò divenute oggi del tutto inadeguate.
Tre, in particolare, sono i punti critici del sistema: l'arruolamento, la rotazione nell'affidamento degli incarichi e la remunerazione del consulente.
LE DIFFICOLTÀ NELLA SCELTA DEI PROFESSIONISTI
La selezione dei professionisti migliori, affinché collaborino con l'amministrazione della giustizia, oggi lascia molto a desiderare. Sebbene la legge richieda il possesso di una speciale competenza" per l'iscrizione al'albo dei c.t.u., di fatto è assai raro che le capacità dell'aspirante c.t.u. siano seriamente verificate prima dell'iscrizione. Tale verifica è infatti oggi affidata a un comitato composto da un giudice, un Pm e un professionista appartenente al medesimo ordine del candidato, comitato che funziona poco e male per due ragioni: la prima è che i comitati (uno per ogni tribunale d'Italia) non hanno gli strumenti di personale e mezzi necessari per gestire celermente ed efficacemente le numerosissime domande che pervengono loro; la seconda è che i compiti affidati al comitato (che sono numerosi e gravosi: esame delle domande di iscrizione all'albo, vigilanza sull'albo, decisione sui procedimenti disciplinari a carico dei c.t.u., controllo della rotazione degli incarichi) si aggiungono, e non si sostituiscono, al lavoro ordinario dei membri che lo compongono, e segnatamente di quelli togati. Ciò significa, soprattutto negli uffici giudiziari dove più pesante è il carico degli affari giudiziari o l'arretrato da smaltire, che restano ben poche risorse di tempo (e professionalità) da dedicare all'albo dei c.t.u..
Se poi si aggiunge che il lavoro svolto dai magistrati designati a comporre il comitato per la vigilanza sull'albo dei c.t.u., è un lavoro nero, nel senso che esso non è retribuito, non dà diritto all'esonero nemmeno parziale dagli affari correnti, e non risulta nella statistica giudiziaria, credo che non si erri di molto nell'affermare che per molti dei magistrati delegati a svolgere questo compito vedano in esso una seccatura, se non addirittura una corvé.
L'INADEGUATA ROTAZIONE DEGLI INCARICHI
Non meno deludente è l'effettività della rotazione degli incarichi tra i consulenti iscritti.
La rotazione degli incarichi rappresenta la garanzia di terzietà e imparzialità (anche nell'immagine) del c.t.u. e del giudice che l'ha nominato, ma essa raramente è davvero effettiva: e non sono rari i casi di consulenti iscritti all'albo da dieci o più anni senza avere mai ricevuto alcun incarico. Questo fenomeno dipende anch'esso da vari fattori: da un lato, esso è collegato all'abbassamento della soglia del controllo di qualità dei consulenti che chiedono l'iscrizione. Così, poiché gli albi sono finiti per diventare una massa pletorica di consulenti non tutti all'altezza, molti giudici preferiscono evitare di pescare a sorte un consulente che potrebbe non essere adeguato, e ricorrono soltanto quelli di sperimentata affidabilità. Dall'altro lato, l'inadeguata rotazione degli incarichi dipende dalla già segnalata scarsità di uomini e mezzi dei comitati che dovrebbero essere preposti al controllo, per i quali specie nei tribunali di grandi dimensioni è di fatto impossibile monitorare tutte le nomine di tutti i giudici del tribunale, della corte d'appello e degli uffici dei giudici di pace.
COMPENSI TROPPO BASSI
Vi è poi il problema serissimo della remunerazione del consulente. Un adeguato compenso è necessario per attirare tra i consulenti i professionisti più esperti e affermati, mentre al contrario compensi molto bassi finiscono per attirare solo i professionisti più bisognosi e, quasi sempre, meno bravi. Nondimeno, la misura del compenso dovuti ai c.t.u. è ferma dal 2001 per tutti coloro il cui compenso è previsto a percentuale; mentre per le materie nelle quali il compenso è previsto a forfait (ad esempio, i medici legali) la misura dei compensi è addirittura ferma al 1988. Questo fa sì che oggi una consulenza, ad esempio, in materia di genetica, vòlta ad accertare la correttezza di una diagnosi prenatale in un giudizio di responsabilità civile, dovrebbe essere compensata con poco più di 300 euro al lordo del prelievo fiscale.
ALLA RICERCA DI UNA SOLUZIONE PER RIDURRE LE CARENZE
L'Associazione Melchiorre Gioia, che raccoglie giuristi e medici legali, ha deciso di dedicare il proprio tradizionale congresso di fine ottobre alla elaborazione di una proposta di riforma delle norme che regolano l'attività del c.t.u., per provare almeno ad attenuare, se non proprio a sanare, le storture appena riassunte. A tal fine ha programmato una consensus conference, alla quale parteciperanno magistrati, avvocati, medici legali, assicuratori, il cui scopo è quello di approvare due documenti condivisi: il primo sarà una proposta di riforma delle norme del c.p.c. che da 73 anni disciplinano immutabilmente gli albi dei c.t.u., con gli esiti che abbiamo visto; il secondo sarà una proposta uniforme per tutto il territorio nazionale del quesito medico legale da sottoporre al c.t.u. nelle cause che hanno a oggetto il risarcimento del danno alla persona.
Marco Rossetti, Magistrato, Consigliere Suprema Corte di Cassazione e
vice presidente dell'Associazione Melchiorre Gioia
La sua importanza, anzi, è andata vieppiù accrescendosi col progredire della scienza e della tecnica, al punto che vi sono oggi tipologie di processi civili i quali si decidono quasi esclusivamente in base alle risultanze di una c.t.u..
Nondimeno, le regole che disciplinano la consulenza tecnica d'ufficio risalgono al 1940, epoca di approvazione del codice di procedura civile.
Il mondo della scienza e della tecnica da allora ha conosciuto progressi indescrivibili e inusitati, e anche il processo di oggi, a furia di novelle e decreti, è ben diverso da quello del 1940. Nondimeno le norme che disciplinano la formazione e la tenuta degli albi dei consulenti, così come quelle che ne disciplinano l'attività, non hanno subÍto che modifiche rade e marginali, e sono perciò divenute oggi del tutto inadeguate.
Tre, in particolare, sono i punti critici del sistema: l'arruolamento, la rotazione nell'affidamento degli incarichi e la remunerazione del consulente.
LE DIFFICOLTÀ NELLA SCELTA DEI PROFESSIONISTI
La selezione dei professionisti migliori, affinché collaborino con l'amministrazione della giustizia, oggi lascia molto a desiderare. Sebbene la legge richieda il possesso di una speciale competenza" per l'iscrizione al'albo dei c.t.u., di fatto è assai raro che le capacità dell'aspirante c.t.u. siano seriamente verificate prima dell'iscrizione. Tale verifica è infatti oggi affidata a un comitato composto da un giudice, un Pm e un professionista appartenente al medesimo ordine del candidato, comitato che funziona poco e male per due ragioni: la prima è che i comitati (uno per ogni tribunale d'Italia) non hanno gli strumenti di personale e mezzi necessari per gestire celermente ed efficacemente le numerosissime domande che pervengono loro; la seconda è che i compiti affidati al comitato (che sono numerosi e gravosi: esame delle domande di iscrizione all'albo, vigilanza sull'albo, decisione sui procedimenti disciplinari a carico dei c.t.u., controllo della rotazione degli incarichi) si aggiungono, e non si sostituiscono, al lavoro ordinario dei membri che lo compongono, e segnatamente di quelli togati. Ciò significa, soprattutto negli uffici giudiziari dove più pesante è il carico degli affari giudiziari o l'arretrato da smaltire, che restano ben poche risorse di tempo (e professionalità) da dedicare all'albo dei c.t.u..
Se poi si aggiunge che il lavoro svolto dai magistrati designati a comporre il comitato per la vigilanza sull'albo dei c.t.u., è un lavoro nero, nel senso che esso non è retribuito, non dà diritto all'esonero nemmeno parziale dagli affari correnti, e non risulta nella statistica giudiziaria, credo che non si erri di molto nell'affermare che per molti dei magistrati delegati a svolgere questo compito vedano in esso una seccatura, se non addirittura una corvé.
L'INADEGUATA ROTAZIONE DEGLI INCARICHI
Non meno deludente è l'effettività della rotazione degli incarichi tra i consulenti iscritti.
La rotazione degli incarichi rappresenta la garanzia di terzietà e imparzialità (anche nell'immagine) del c.t.u. e del giudice che l'ha nominato, ma essa raramente è davvero effettiva: e non sono rari i casi di consulenti iscritti all'albo da dieci o più anni senza avere mai ricevuto alcun incarico. Questo fenomeno dipende anch'esso da vari fattori: da un lato, esso è collegato all'abbassamento della soglia del controllo di qualità dei consulenti che chiedono l'iscrizione. Così, poiché gli albi sono finiti per diventare una massa pletorica di consulenti non tutti all'altezza, molti giudici preferiscono evitare di pescare a sorte un consulente che potrebbe non essere adeguato, e ricorrono soltanto quelli di sperimentata affidabilità. Dall'altro lato, l'inadeguata rotazione degli incarichi dipende dalla già segnalata scarsità di uomini e mezzi dei comitati che dovrebbero essere preposti al controllo, per i quali specie nei tribunali di grandi dimensioni è di fatto impossibile monitorare tutte le nomine di tutti i giudici del tribunale, della corte d'appello e degli uffici dei giudici di pace.
COMPENSI TROPPO BASSI
Vi è poi il problema serissimo della remunerazione del consulente. Un adeguato compenso è necessario per attirare tra i consulenti i professionisti più esperti e affermati, mentre al contrario compensi molto bassi finiscono per attirare solo i professionisti più bisognosi e, quasi sempre, meno bravi. Nondimeno, la misura del compenso dovuti ai c.t.u. è ferma dal 2001 per tutti coloro il cui compenso è previsto a percentuale; mentre per le materie nelle quali il compenso è previsto a forfait (ad esempio, i medici legali) la misura dei compensi è addirittura ferma al 1988. Questo fa sì che oggi una consulenza, ad esempio, in materia di genetica, vòlta ad accertare la correttezza di una diagnosi prenatale in un giudizio di responsabilità civile, dovrebbe essere compensata con poco più di 300 euro al lordo del prelievo fiscale.
ALLA RICERCA DI UNA SOLUZIONE PER RIDURRE LE CARENZE
L'Associazione Melchiorre Gioia, che raccoglie giuristi e medici legali, ha deciso di dedicare il proprio tradizionale congresso di fine ottobre alla elaborazione di una proposta di riforma delle norme che regolano l'attività del c.t.u., per provare almeno ad attenuare, se non proprio a sanare, le storture appena riassunte. A tal fine ha programmato una consensus conference, alla quale parteciperanno magistrati, avvocati, medici legali, assicuratori, il cui scopo è quello di approvare due documenti condivisi: il primo sarà una proposta di riforma delle norme del c.p.c. che da 73 anni disciplinano immutabilmente gli albi dei c.t.u., con gli esiti che abbiamo visto; il secondo sarà una proposta uniforme per tutto il territorio nazionale del quesito medico legale da sottoporre al c.t.u. nelle cause che hanno a oggetto il risarcimento del danno alla persona.
Marco Rossetti, Magistrato, Consigliere Suprema Corte di Cassazione e
vice presidente dell'Associazione Melchiorre Gioia
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