Un’opportunità per gestire il rischio operativo
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum
19/09/2013
Da sempre i saggi hanno disquisito sulla natura dell'errore: per San Girolamo1 errare è semplicemente umano, per Seneca2 l'ignorante persevera nell'errore, mentre Sant'Agostino3 considera diabolico insistervi per superbia.
Anche il regolatore si è interrogato sulla natura dell'errore, includendolo nella direttiva Solvency II all'interno della valutazione del rischio operativo. Questo però non è solo l'effetto dell'errore commesso dai dipendenti della compagnia, ma anche il rischio di perdite derivanti dall'inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure interne, di sistemi oppure da eventi esogeni4. Alcuni esempi di eventi che causano perdite operative possono essere, dunque, i furti, le frodi, le catastrofi naturali, i danni a persone e infrastrutture e le sanzioni per il mancato rispetto delle norme.
Il rischio operativo si caratterizza per la sua alta diffusione all'interno della compagnia e dal fatto che possa generare perdite di diversa natura derivanti da fenomeni poco lineari; tali caratteristiche ne rendono la misurazione complessa. A questo scopo il Regolatore ha proposto all'industria una metodologia di valutazione del rischio, la standard formula, che si basa sull'applicazione di percentuali prestabilite alle riserve tecniche e ai premi danni e vita, non riflettendo direttamente la reale perdita derivante da un evento di rischio operativo.
L'industria però non si è limitata ad applicare solo l'approccio standard, ma ha avviato lo sviluppo di modelli interni; la metodologia più diffusa è il Loss distribution approach che consiste nella stima, attraverso modelli statistici, dell'impatto e della frequenza del rischio operativo e quindi della relativa perdita.
Questo approccio si basa sulla raccolta di dati sia attraverso serie storiche sulle perdite operative (Loss data collection) che attraverso stime di impatto e frequenza degli eventi mediante interviste a figure chiave all'interno dell'organizzazione (Risk self assessment).
Realizzare un modello interno per la valutazione del rischio operativo ha anche una valenza organizzativa in quanto consente alle imprese di migliorare l'efficacia e l'efficienza dei processi. La disponibilità di valutazioni prospettiche sulle possibili fonti di perdita operativa consente di individuare le aree aziendali, i processi, le persone e i sistemi più a rischio e di mettere in atto tutte le azioni necessarie per diminuire la frequenza degli eventi e per mitigarne gli impatti. In questo senso, le compagnie possono dimostrare di aver appreso fino in fondo l'insegnamento dei saggi.
1 Epist. 57.12
2 Filippiche XII. 5
3 Sermones (164, 14)
4 Direttiva 2009/138/CE
Anche il regolatore si è interrogato sulla natura dell'errore, includendolo nella direttiva Solvency II all'interno della valutazione del rischio operativo. Questo però non è solo l'effetto dell'errore commesso dai dipendenti della compagnia, ma anche il rischio di perdite derivanti dall'inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure interne, di sistemi oppure da eventi esogeni4. Alcuni esempi di eventi che causano perdite operative possono essere, dunque, i furti, le frodi, le catastrofi naturali, i danni a persone e infrastrutture e le sanzioni per il mancato rispetto delle norme.
Il rischio operativo si caratterizza per la sua alta diffusione all'interno della compagnia e dal fatto che possa generare perdite di diversa natura derivanti da fenomeni poco lineari; tali caratteristiche ne rendono la misurazione complessa. A questo scopo il Regolatore ha proposto all'industria una metodologia di valutazione del rischio, la standard formula, che si basa sull'applicazione di percentuali prestabilite alle riserve tecniche e ai premi danni e vita, non riflettendo direttamente la reale perdita derivante da un evento di rischio operativo.
L'industria però non si è limitata ad applicare solo l'approccio standard, ma ha avviato lo sviluppo di modelli interni; la metodologia più diffusa è il Loss distribution approach che consiste nella stima, attraverso modelli statistici, dell'impatto e della frequenza del rischio operativo e quindi della relativa perdita.
Questo approccio si basa sulla raccolta di dati sia attraverso serie storiche sulle perdite operative (Loss data collection) che attraverso stime di impatto e frequenza degli eventi mediante interviste a figure chiave all'interno dell'organizzazione (Risk self assessment).
Realizzare un modello interno per la valutazione del rischio operativo ha anche una valenza organizzativa in quanto consente alle imprese di migliorare l'efficacia e l'efficienza dei processi. La disponibilità di valutazioni prospettiche sulle possibili fonti di perdita operativa consente di individuare le aree aziendali, i processi, le persone e i sistemi più a rischio e di mettere in atto tutte le azioni necessarie per diminuire la frequenza degli eventi e per mitigarne gli impatti. In questo senso, le compagnie possono dimostrare di aver appreso fino in fondo l'insegnamento dei saggi.
1 Epist. 57.12
2 Filippiche XII. 5
3 Sermones (164, 14)
4 Direttiva 2009/138/CE
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