Pensioni, equità e superamento di vecchi privilegi
I cambiamenti del Governo Monti introducono nel nostro Paese un welfare più equo e soprattutto più sostenibile. Ad affermarlo è Alberto Brambilla, coordinatore del Cts di Itinerari Previdenziali, che delinea le possibili direzioni del futuro sistema pensionistico
04/06/2012
Un'inversione di rotta forte. Una discontinuità evidente con il recente passato. Il mondo della previdenza, riunitosi a Milano (10/12 maggio 2012) per la tre giorni nazionale dedicata agli operatori del settore e al grande pubblico, si è trovato a ragionare su uno scenario profondamente cambiato rispetto a quello dello scorso anno. Merito, soprattutto, degli effetti del decreto Salva-Italia che, a partire da gennaio, ha rinnovato alla radice il sistema pensionistico italiano.
La revisione del sistema pensionistico - spiega Alberto Brambilla, coordinatore Cts Itinerari Previdenziali e anima della Giornata nazionale della previdenza - è stata profonda e molto positiva. Prima di tutto perché, estendendo a tutti il calcolo contributivo, ha sanato un problema di mancanza di equità tra le generazioni. Gli attuali nonni e gli attuali padri godono di un trattamento molto generoso che, inevitabilmente, ai loro figli e nipoti non potrà essere garantito. Ma l'introduzione del sistema contributivo ha sicuramente dato più equità e più ricchezza pensionistica. Andando in pensione tutti a 65-66 anni non portano via i posti di lavoro ai giovani perché a quel punto della vita si svolge un'attività completamente diversa. E, allo stesso tempo, si può pensare di elargire assegni pensionistici più alti".
L'IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA INTEGRATIVA
D'altro canto, mantenere i livelli garantiti per diversi decenni ai pensionati italiani è impensabile. La riduzione della consistenza dell'assegno, però, potrà essere mitigata da scelte alternative, tutte incentrate sulla protezione. Per colmare il gap con gli introiti ricevuti negli ultimi anni di attività lavorativa, infatti, esiste uno strumento prezioso come la previdenza integrativa.
"È chiaro - continua Brambilla - che la pensione pubblica non potrà più essere pari a quanto percepito nei tempi passati. Con il vecchio metodo retributivo, la stragrande maggioranza dei pensionati ha ottenuto il 30-40 per cento in più di quello che doveva prendere. Con il nuovo sistema si avrà comunque una pensione decorosa, anche se non sarà pari a quella, in alcuni casi immeritata, di padri e di nonni".
LO SVILUPPO GRAZIE ALL'IMPEGNO DI TUTTI
Il welfare non è però fatto di sole pensioni. E la tenaglia, generata dalla crisi, che sta stringendo gli italiani tra la mancata crescita del livello dei redditi e una riduzione, sostanziale, della spesa pubblica in ambito sociale continua a rappresentare un tema caldo su cui la politica si confronta quotidianamente. Anche, e soprattutto, a livello internazionale.
"Noi - dice Brambilla - siamo coinvolti in una situazione di globalizzazione dei mercati. Jacques Delors lo diceva già nel 1982: attenzione, quando saremo nel pieno della globalizzazione, l'Europa correrà il rischio di crollare sotto il peso del proprio welfare. Oggi i Paesi anglosassoni, che hanno un costo di welfare complessivo del 10% (o inferiore), sul Pil si trovano in una situazione di grande competitività. In più c'è il nodo dell'ampliamento dei mercati. Negli ultimi anni si sono affacciati sullo scenario internazionale tre miliardi e mezzo di nuovi consumatori che, uscendo da una situazione economicamente debole, hanno mostrato grande fame di crescita e una capacità produttiva alta e a basso costo. In questo contesto si deve, da un lato, mettere in sicurezza il sistema previdenziale (cosa che è stata fatta) e dall'altro far capire ai giovani che soltanto l'impegno di tutti genera sviluppo".
La precarietà, è dimostrato, limita la crescita dell'intero sistema Paese. Per le nuove generazioni l'idea di doversi abituare a vivere senza un posto fisso, diversamente da quanto hanno fatto i loro genitori, è difficile da assimilare. Eppure questo è quello che avviene già da tempo negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e negli Stati europei di origine anglosassone. Ciò non toglie il fatto che la politica possa e debba spendersi per cercare di migliorare il funzionamento nel mondo del lavoro.
"Noi - continua Brambilla - dobbiamo aiutare i giovani in questo passaggio delicato, attraverso delle regole del gioco che limitino la mancanza di tutela del lavoro. Ad esempio, si potrebbe limitare il tasso di flessibilità di ogni azienda, intorno al 20-25 per cento del personale. Sarebbe un atto di civiltà che aiuterebbe i lavoratori precari e le stesse imprese. In quanto, è risaputo, che con un impianto più stabile di impiegati le aziende funzionano meglio".
La revisione del sistema pensionistico - spiega Alberto Brambilla, coordinatore Cts Itinerari Previdenziali e anima della Giornata nazionale della previdenza - è stata profonda e molto positiva. Prima di tutto perché, estendendo a tutti il calcolo contributivo, ha sanato un problema di mancanza di equità tra le generazioni. Gli attuali nonni e gli attuali padri godono di un trattamento molto generoso che, inevitabilmente, ai loro figli e nipoti non potrà essere garantito. Ma l'introduzione del sistema contributivo ha sicuramente dato più equità e più ricchezza pensionistica. Andando in pensione tutti a 65-66 anni non portano via i posti di lavoro ai giovani perché a quel punto della vita si svolge un'attività completamente diversa. E, allo stesso tempo, si può pensare di elargire assegni pensionistici più alti".
L'IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA INTEGRATIVA
D'altro canto, mantenere i livelli garantiti per diversi decenni ai pensionati italiani è impensabile. La riduzione della consistenza dell'assegno, però, potrà essere mitigata da scelte alternative, tutte incentrate sulla protezione. Per colmare il gap con gli introiti ricevuti negli ultimi anni di attività lavorativa, infatti, esiste uno strumento prezioso come la previdenza integrativa.
"È chiaro - continua Brambilla - che la pensione pubblica non potrà più essere pari a quanto percepito nei tempi passati. Con il vecchio metodo retributivo, la stragrande maggioranza dei pensionati ha ottenuto il 30-40 per cento in più di quello che doveva prendere. Con il nuovo sistema si avrà comunque una pensione decorosa, anche se non sarà pari a quella, in alcuni casi immeritata, di padri e di nonni".
LO SVILUPPO GRAZIE ALL'IMPEGNO DI TUTTI
Il welfare non è però fatto di sole pensioni. E la tenaglia, generata dalla crisi, che sta stringendo gli italiani tra la mancata crescita del livello dei redditi e una riduzione, sostanziale, della spesa pubblica in ambito sociale continua a rappresentare un tema caldo su cui la politica si confronta quotidianamente. Anche, e soprattutto, a livello internazionale.
"Noi - dice Brambilla - siamo coinvolti in una situazione di globalizzazione dei mercati. Jacques Delors lo diceva già nel 1982: attenzione, quando saremo nel pieno della globalizzazione, l'Europa correrà il rischio di crollare sotto il peso del proprio welfare. Oggi i Paesi anglosassoni, che hanno un costo di welfare complessivo del 10% (o inferiore), sul Pil si trovano in una situazione di grande competitività. In più c'è il nodo dell'ampliamento dei mercati. Negli ultimi anni si sono affacciati sullo scenario internazionale tre miliardi e mezzo di nuovi consumatori che, uscendo da una situazione economicamente debole, hanno mostrato grande fame di crescita e una capacità produttiva alta e a basso costo. In questo contesto si deve, da un lato, mettere in sicurezza il sistema previdenziale (cosa che è stata fatta) e dall'altro far capire ai giovani che soltanto l'impegno di tutti genera sviluppo".
La precarietà, è dimostrato, limita la crescita dell'intero sistema Paese. Per le nuove generazioni l'idea di doversi abituare a vivere senza un posto fisso, diversamente da quanto hanno fatto i loro genitori, è difficile da assimilare. Eppure questo è quello che avviene già da tempo negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e negli Stati europei di origine anglosassone. Ciò non toglie il fatto che la politica possa e debba spendersi per cercare di migliorare il funzionamento nel mondo del lavoro.
"Noi - continua Brambilla - dobbiamo aiutare i giovani in questo passaggio delicato, attraverso delle regole del gioco che limitino la mancanza di tutela del lavoro. Ad esempio, si potrebbe limitare il tasso di flessibilità di ogni azienda, intorno al 20-25 per cento del personale. Sarebbe un atto di civiltà che aiuterebbe i lavoratori precari e le stesse imprese. In quanto, è risaputo, che con un impianto più stabile di impiegati le aziende funzionano meglio".
INFORMAZIONE E CONSAPEVOLEZZA
In questo contesto diventa strategico l'apporto di iniziative come la Giornata nazionale della previdenza che si pongono l'obiettivo di far crescere l'informazione e la consapevolezza di tutti su un argomento così di stretta attualità. La cultura previdenziale diventa tanto più importante se si pensa che il comparto, in senso generale, pesa per il 55% sulla spesa (considerando pensioni, assistenza, non autosufficienza etc.). Se si allarga il paniere anche alla formazione, invece, la percentuale schizza al 65% del welfare.
"È fondamentale - conclude Brambilla - reintrodurre l'educazione civica e l'educazione previdenziale nelle scuole. Così come è importante, anche se è un po' complicato, fare in modo che il mercato, lo Stato, le istituzioni, le associazioni colloquino fra loro. Questo è il nostro obiettivo. Con l'edizione dello scorso anno abbiamo avuto tante occasioni di condivisione. Quest'anno ce ne sono state un po' di più. E speriamo che per l'anno venturo se ne ripresentino in misura ancora maggiore".
"È fondamentale - conclude Brambilla - reintrodurre l'educazione civica e l'educazione previdenziale nelle scuole. Così come è importante, anche se è un po' complicato, fare in modo che il mercato, lo Stato, le istituzioni, le associazioni colloquino fra loro. Questo è il nostro obiettivo. Con l'edizione dello scorso anno abbiamo avuto tante occasioni di condivisione. Quest'anno ce ne sono state un po' di più. E speriamo che per l'anno venturo se ne ripresentino in misura ancora maggiore".
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