La comprensibilità nel contratto di assicurazione
Una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea evidenzia l’obbligo di un linguaggio comprensibile nelle polizze, che aiuti il consumatore a scegliere con consapevolezza le garanzie ritenute più utili, valutandone anche le conseguenze economiche ne derivano
17/06/2015
Concludendo le nostre riflessioni sulla semplificazione del linguaggio assicurativo, è interessante analizzare la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-96/14 Jean-Claud Van Hove/Cnp Assurances SA che lo scorso 23 aprile 2015 si è espressa sulla nozione del carattere abusivo delle clausole assicurative e sulla loro comprensibilità.
La questione prende il via dalla richiesta di interpretazione pregiudiziale da parte del Tribunale di Nimes in una controversia avente ad oggetto una polizza collettiva di Cnp Assurances SA, sottoscritta dal signor Jean-Claud Van Hove a protezione del mutuo dallo stesso sottoscritto.
Tale polizza prevedeva, tra le altre coperture, il pagamento delle rate “dovute alla mutuante dai mutuatari, in caso di decesso o di invalidità permanente o del 75% delle rate in caso di inabilità totale al lavoro”; per stato di inabilità totale al lavoro ai sensi della polizza si intende “l’impossibilità di riprendere una qualunque attività retribuita o meno a seguito di un infortunio o di una malattia”.
Al signor Jean-Claud Van Hove, a seguito di un infortunio sul lavoro, venne riconosciuta una inabilità permanente parziale al lavoro pari al 72%.
La compagnia, dopo aver inizialmente provveduto al pagamento di alcune mensilità del mutuo, ha rifiutato le successive rate in quanto l’assicurato aveva la facoltà di esercitare un’altra adeguata attività professionale quantomeno a tempo parziale.
Il punto che rileva ai nostri fini è la definizione di inabilità totale al lavoro, redatta, secondo l’assicurato, in maniera tale da non consentire ad un consumatore profano di comprenderne la portata.
Chiarezza grammaticale, ma non solo
La Corte a tal proposito ha precisato che l’obbligo della trasparenza delle clausole contrattuali sancito dalla Direttiva 93/13 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati dai consumatori, non può essere limitato unicamente alla comprensibilità sul piano formale e grammaticale di queste ultime.
Al contrario, poiché il sistema di tutela istituito dalla direttiva sopra citata si fonda sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda, in particolare, il grado di informazione, tale obbligo di trasparenza deve essere interpretato in modo estensivo.
E’ di rilevanza essenziale, continua la Corte, che al consumatore non soltanto sia fornita l’informazione sulle condizioni di assicurazione prima della conclusione del contratto, ma che venga anche illustrata la peculiarità del meccanismo di pagamento delle rate in caso di inabilità al lavoro e la relazione tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole.
Il consumatore deve pertanto essere posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intellegibili, le conseguenze economiche che gliene derivano (ed in particolare se aderire o meno alla polizza).
In effetti, la nozione di “riprendere una qualunque attività retribuita o meno” può essere intesa in modo diametralmente opposto come nel caso sottoposto alla Corte.
Chiarezze sulle limitazioni delle garanzie
Ma ciò non basta: pur rimettendo la valutazione al giudice del rinvio, la Corte effettua anche una considerazione ulteriore che va a favore della semplificazione e della trasparenza: l’assicurato/consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attente ed avveduto, deve essere messo in condizione di conoscere l’esistenza della differenza tra la nozione di “inabilità totale al lavoro” e “inabilità permanente parziale” in modo da poter effettuare le proprie valutazioni sulla limitazione della garanzia contenuta nella polizza assicurativa.
Resta quindi confermata anche a livello europeo la necessità che le clausole di una polizza assicurativa debbano essere scritte in modo comprensibile, “decifrabile” ed intellegibile al consumatore medio, il quale venga posto nella condizione di fare una scelta ragionata ed avveduta circa l’opportunità o meno di concludere quel contratto.
La questione prende il via dalla richiesta di interpretazione pregiudiziale da parte del Tribunale di Nimes in una controversia avente ad oggetto una polizza collettiva di Cnp Assurances SA, sottoscritta dal signor Jean-Claud Van Hove a protezione del mutuo dallo stesso sottoscritto.
Tale polizza prevedeva, tra le altre coperture, il pagamento delle rate “dovute alla mutuante dai mutuatari, in caso di decesso o di invalidità permanente o del 75% delle rate in caso di inabilità totale al lavoro”; per stato di inabilità totale al lavoro ai sensi della polizza si intende “l’impossibilità di riprendere una qualunque attività retribuita o meno a seguito di un infortunio o di una malattia”.
Al signor Jean-Claud Van Hove, a seguito di un infortunio sul lavoro, venne riconosciuta una inabilità permanente parziale al lavoro pari al 72%.
La compagnia, dopo aver inizialmente provveduto al pagamento di alcune mensilità del mutuo, ha rifiutato le successive rate in quanto l’assicurato aveva la facoltà di esercitare un’altra adeguata attività professionale quantomeno a tempo parziale.
Il punto che rileva ai nostri fini è la definizione di inabilità totale al lavoro, redatta, secondo l’assicurato, in maniera tale da non consentire ad un consumatore profano di comprenderne la portata.
Chiarezza grammaticale, ma non solo
La Corte a tal proposito ha precisato che l’obbligo della trasparenza delle clausole contrattuali sancito dalla Direttiva 93/13 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati dai consumatori, non può essere limitato unicamente alla comprensibilità sul piano formale e grammaticale di queste ultime.
Al contrario, poiché il sistema di tutela istituito dalla direttiva sopra citata si fonda sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda, in particolare, il grado di informazione, tale obbligo di trasparenza deve essere interpretato in modo estensivo.
E’ di rilevanza essenziale, continua la Corte, che al consumatore non soltanto sia fornita l’informazione sulle condizioni di assicurazione prima della conclusione del contratto, ma che venga anche illustrata la peculiarità del meccanismo di pagamento delle rate in caso di inabilità al lavoro e la relazione tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole.
Il consumatore deve pertanto essere posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intellegibili, le conseguenze economiche che gliene derivano (ed in particolare se aderire o meno alla polizza).
In effetti, la nozione di “riprendere una qualunque attività retribuita o meno” può essere intesa in modo diametralmente opposto come nel caso sottoposto alla Corte.
Chiarezze sulle limitazioni delle garanzie
Ma ciò non basta: pur rimettendo la valutazione al giudice del rinvio, la Corte effettua anche una considerazione ulteriore che va a favore della semplificazione e della trasparenza: l’assicurato/consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attente ed avveduto, deve essere messo in condizione di conoscere l’esistenza della differenza tra la nozione di “inabilità totale al lavoro” e “inabilità permanente parziale” in modo da poter effettuare le proprie valutazioni sulla limitazione della garanzia contenuta nella polizza assicurativa.
Resta quindi confermata anche a livello europeo la necessità che le clausole di una polizza assicurativa debbano essere scritte in modo comprensibile, “decifrabile” ed intellegibile al consumatore medio, il quale venga posto nella condizione di fare una scelta ragionata ed avveduta circa l’opportunità o meno di concludere quel contratto.
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