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La colpa dell’avvocato

Primo compito di un avvocato è agire a sostegno dei cittadini per garantire loro il corretto patrocinio di fronte alla legge: un ruolo che include il dovere di informare il cliente sull’opportunità di procedere con un’istanza

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Un settore della responsabilità civile che sta avendo sempre più evidenza ed impulso nella casistica giurisprudenziale, è quello delle azioni di risarcimento legate alla colpa professionale dell’avvocato promosse dai clienti non soddisfatti della prestazione d’opera ricevuta.

Quella dell’avvocato è una prestazione assai complessa e diversificata, che attiene a vari profili propri della colpa e ad altri più legati alla innegabile funzione sociale che l’avvocato svolge, nella sua veste di volano essenziale e primario del sistema giustizia.

L’avvocato esercita infatti l’attività di impulso e, più in generale, di elevazione della petizione di giustizia che perviene dalla collettività. Ogni cittadino ha infatti il diritto costituzionale (art. 24 Cost.) di potersi rivolgere a un giudice per difendere un proprio diritto ovvero per promuovere una istanza di tutela.

E, dunque, il patrocinatore legale svolge questa essenziale funzione - talvolta non adeguatamente valorizzata da una certa legislazione incurante di tale rilevanza intellettuale e sociale della sua opera - in un contesto di norme e consuetudini giurisprudenziali non sempre intellegibili e chiare, così esponendosi inevitabilmente all’errore e alla propria responsabilità professionale.

Il dovere di informazione

Sono molteplici i profili che attengono alla colpa dell’avvocato, nella sua opera di assistenza all’utenza del mondo della giustizia, delineati negli anni dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.

Un particolare profilo che attiene alla stretta condotta dell’avvocato (e sul quale vogliamo soffermarci) sta nella genesi stessa del rapporto professionale: il cliente vuole sapere dal professionista se le proprie istanze siano o meno fondate sul piano giuridico e se valga quindi la pena di investire tempo (purtroppo i molti anni che ancora occorreranno per avere nel nostro sistema una decisione definitiva) e danari (non solo i compensi del legale, ma anche i molti e gravosi balzelli previsti dalla legislazione fiscale).

Esiste, in effetti, un obbligo del legale di informare il cliente sulle difficoltà del giudizio che lo stesso si predispone ad intraprendere.
Così, per esempio, si legge in una interessante decisione (Cassazione Civile, Sezione II, 2 Aprile 2015, n°6782) che “per gli avvocati, la responsabilità professionale deriva dall'obbligo di assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, ai quali sono tenuti nel rappresentare tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di chiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; a sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole”.

Un filtro tra il diritto e la volontà del cliente

Poiché depositario di una conoscenza tecnica e scientifica di primordine, fuori dal patrimonio cognitivo del suo assistito, l’avvocato non solo è tenuto ad informare, dunque, circa i rischi di una strategia giudiziale, ma pure dovrà dissuadere ed esprimere in ogni caso chiaramente il disaccordo, quando le volontà del rappresentato presentino aspetti non idonei a proporre un’istanza degna di tutela nel nostro ordinamento.
Proprio su tale aspetto la giurisprudenza si esprime con severità nel giudicare l’operato del professionista.

Per esempio, è stato affermato che : “la responsabilità professionale dell'avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, Cod. Civ.; tale violazione, ove consista nell'adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è esclusa né ridotta quando tali modalità siano state sollecitate dal cliente stesso, poiché costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale”.

In quest’ultimo caso (Cassazione civile, Sezione III, 20 maggio 2015, n°10289) la sentenza di merito aveva ritenuto ininfluente, ai fini della responsabilità professionale, la condivisione del cliente della scelta di chiamare in garanzia un terzo soggetto, risultato poi estraneo ai fatti.
Anche questi pochi profili tracciati nelle decisioni richiamate, rendono palese la rilevanza della primaria funzione dell’avvocato: quella di essere per primo portatore dell’istanza di giustizia del cittadino, di filtrarla nel reticolo complesso delle norme e di indirizzarla verso il canale più idoneo alla sua protezione giudiziale. 

Anche in tale funzione sociale e di specificità dell’opera intellettuale risiede lo spirito e il ruolo di un mestiere antico e prezioso, che ha nei secoli formato il pensiero giuridico e il patrimonio culturale di una classe professionale che resta, a dispetto dei tempi moderni e del discredito indotto dalla comunicazione semplicistica di oggi, un mestiere dal prestigio unico e dal ruolo sociale difficilmente eguagliabile.



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