I rischi di una clausola ambigua
Anche la definizione di garanzia prestata a secondo rischio deve risultare palese e completa nella redazione di un contratto assicurativo, pena il non venire riconosciuta come tale nel momento in cui si deve tutelare il cliente
17/11/2016
Con una decisione di poco prima dell’estate, la suprema Corte di Cassazione torna ad occuparsi delle regole per l’interpretazione dei contratti assicurativi, ribadendo ancora una volta che la clausola poco chiara o poco efficace nella regolamentazione delle vicende del contratto si ritorce contro chi l’ha predisposta, di norma l’assicuratore.
Con la decisione n.11819 dello scorso 9 giugno 2016 (III Sezione Civile, Pres. Vivaldi, est. Tatangelo), la Corte affronta, per di più, uno degli snodi da sempre più complessi delle vicende interpretative nei contesti giudiziari: quello della disciplina della valenza delle garanzie prestate “a secondo rischio” rispetto ad altre coperture pendenti per il medesimo rischio e nello stesso tempo.
La vicenda approda all’esame della Corte su istanza di un’impresa di assicurazione la quale, avendo risarcito per l’intero un grave danno conseguente a un errore in sanità imputato ad un operatore con essa assicurato, assumeva di avere diritto a ripetere il 50% di quanto pagato da altra compagnia, la quale assicurava lo stesso rischio e lo stesso medico.
Ciò in forza del disposto dell’art. 1910 IV comma C.C., per il quale “l’assicuratore che ha pagato ha diritto di regresso contro gli altri” assicuratori.
NESSUNO SPAZIO ALL’INTERPRETAZIONE
L’impresa di assicurazione convenuta resisteva in giudizio, assumendo che il proprio contratto, in realtà, prevedesse una copertura a favore del medico “a secondo rischio” rispetto alla presenza di eventuali altre coperture esistenti.
I due giudizi di merito si risolvevano con il rigetto della domanda di regresso dell’impresa che aveva pagato, la quale dunque si rivolgeva alla suprema Corte di Cassazione, assumendo che la clausola contrattuale che definiva il “secondo rischio” fosse tutt’altro che chiara nella sua formulazione e quindi non idonea a delimitare il rischio sulla sola eccedenza di massimale rispetto ad altre polizze in essere.
In effetti, la Corte osserva che “tale clausola ha tenore oggettivamente incerto”, laddove subordina – come spesso è disciplinato in tali casi – l’operatività a secondo rischio alla “espressa dichiarazione” da parte dell’assicurato (su apposito modulo predisposto) dei dati amministrativi della copertura contestuale esistente.
Essendo, al momento della conclusione del contratto, mancata tale dichiarazione da parte del medico, si veniva a creare un’oggettiva situazione di incertezza sull’esistenza di un’ipotesi di coassicurazione indiretta e, per tale effetto, secondo il ragionamento della impresa ricorrente, la pendenza di due polizze contestualmente valide.
I RILIEVI DELLA CASSAZIONE SULLA SENTENZA
Nel rilevare tale situazione di incertezza documentale e storica della vicenda assicurativa, la Corte rammenta che, nelle ipotesi di “oggettiva letterale incertezza” sulla disciplina negoziale, il giudice di merito deve fare puntuale applicazione delle regole di interpretazione del contratto previste agli artt. 1362 e seguenti C.C., in forza dei quali valgono regole di tutela a favore dell’assicurato.
Tali regole, che vengono qui rammentate, sono:
a. di attribuire sempre, nel dubbio, alla regola l’interpretazione più favorevole all’assicurato;
b. di attribuire prevalenza alle clausole aggiunte rispetto a quelle contenute nelle condizioni generali del contratto;
c. di interpretare il contratto secondo il senso più logico dato dalla complessità delle clausole previste;
d. di valutare il comportamento dei contraenti anche sotto l’aspetto delle intenzioni pre-contrattuali espresse.
L’applicazione di tali regole di ermeneutica all’interpretazione del contratto in questione doveva portare, secondo la Corte, ad affermare che, al contrario di quanto deciso, l’assenza di una espressa indicazione di esistenza di una polizza a primo rischio già esistente al momento della conclusione del contratto da parte del medico, dovesse prevalere sulla situazione di fatto venutasi a creare successivamente, al momento del sinistro, di una contestuale copertura con la polizza ospedaliera.
In sostanza, prevale sempre la situazione di fatto presente al momento della stipula della polizza – nel quale momento si materializzano le volontà negoziali delle parti – rispetto alle situazioni eventuali che si materializzino durante la vita del contratto stesso, ciò a maggior ragione nel caso di una obbiettiva incertezza disciplinare delle clausole che regolamentano gli interessi delle parti.
Quella del conflitto di coperture per il medesimo rischio è una situazione che si materializza spesso nel contenzioso legato alle coperture assicurative per la Rc professionale.
Qui la Corte (a pochi mesi di distanza da un’altra importante decisione di analogo tenore, Cass. n. 668 del 18 gennaio 2016) torna a rammentare che, sul piano pratico, la clausola assicurativa ambigua deve sempre essere interpretata nel modo più ampio e favorevole per l’assicurato e che la volontà espressa al momento della conclusione del contratto prevale sulle vicende successive della vita del rapporto.
Con la decisione n.11819 dello scorso 9 giugno 2016 (III Sezione Civile, Pres. Vivaldi, est. Tatangelo), la Corte affronta, per di più, uno degli snodi da sempre più complessi delle vicende interpretative nei contesti giudiziari: quello della disciplina della valenza delle garanzie prestate “a secondo rischio” rispetto ad altre coperture pendenti per il medesimo rischio e nello stesso tempo.
La vicenda approda all’esame della Corte su istanza di un’impresa di assicurazione la quale, avendo risarcito per l’intero un grave danno conseguente a un errore in sanità imputato ad un operatore con essa assicurato, assumeva di avere diritto a ripetere il 50% di quanto pagato da altra compagnia, la quale assicurava lo stesso rischio e lo stesso medico.
Ciò in forza del disposto dell’art. 1910 IV comma C.C., per il quale “l’assicuratore che ha pagato ha diritto di regresso contro gli altri” assicuratori.
NESSUNO SPAZIO ALL’INTERPRETAZIONE
L’impresa di assicurazione convenuta resisteva in giudizio, assumendo che il proprio contratto, in realtà, prevedesse una copertura a favore del medico “a secondo rischio” rispetto alla presenza di eventuali altre coperture esistenti.
I due giudizi di merito si risolvevano con il rigetto della domanda di regresso dell’impresa che aveva pagato, la quale dunque si rivolgeva alla suprema Corte di Cassazione, assumendo che la clausola contrattuale che definiva il “secondo rischio” fosse tutt’altro che chiara nella sua formulazione e quindi non idonea a delimitare il rischio sulla sola eccedenza di massimale rispetto ad altre polizze in essere.
In effetti, la Corte osserva che “tale clausola ha tenore oggettivamente incerto”, laddove subordina – come spesso è disciplinato in tali casi – l’operatività a secondo rischio alla “espressa dichiarazione” da parte dell’assicurato (su apposito modulo predisposto) dei dati amministrativi della copertura contestuale esistente.
Essendo, al momento della conclusione del contratto, mancata tale dichiarazione da parte del medico, si veniva a creare un’oggettiva situazione di incertezza sull’esistenza di un’ipotesi di coassicurazione indiretta e, per tale effetto, secondo il ragionamento della impresa ricorrente, la pendenza di due polizze contestualmente valide.
I RILIEVI DELLA CASSAZIONE SULLA SENTENZA
Nel rilevare tale situazione di incertezza documentale e storica della vicenda assicurativa, la Corte rammenta che, nelle ipotesi di “oggettiva letterale incertezza” sulla disciplina negoziale, il giudice di merito deve fare puntuale applicazione delle regole di interpretazione del contratto previste agli artt. 1362 e seguenti C.C., in forza dei quali valgono regole di tutela a favore dell’assicurato.
Tali regole, che vengono qui rammentate, sono:
a. di attribuire sempre, nel dubbio, alla regola l’interpretazione più favorevole all’assicurato;
b. di attribuire prevalenza alle clausole aggiunte rispetto a quelle contenute nelle condizioni generali del contratto;
c. di interpretare il contratto secondo il senso più logico dato dalla complessità delle clausole previste;
d. di valutare il comportamento dei contraenti anche sotto l’aspetto delle intenzioni pre-contrattuali espresse.
L’applicazione di tali regole di ermeneutica all’interpretazione del contratto in questione doveva portare, secondo la Corte, ad affermare che, al contrario di quanto deciso, l’assenza di una espressa indicazione di esistenza di una polizza a primo rischio già esistente al momento della conclusione del contratto da parte del medico, dovesse prevalere sulla situazione di fatto venutasi a creare successivamente, al momento del sinistro, di una contestuale copertura con la polizza ospedaliera.
In sostanza, prevale sempre la situazione di fatto presente al momento della stipula della polizza – nel quale momento si materializzano le volontà negoziali delle parti – rispetto alle situazioni eventuali che si materializzino durante la vita del contratto stesso, ciò a maggior ragione nel caso di una obbiettiva incertezza disciplinare delle clausole che regolamentano gli interessi delle parti.
Quella del conflitto di coperture per il medesimo rischio è una situazione che si materializza spesso nel contenzioso legato alle coperture assicurative per la Rc professionale.
Qui la Corte (a pochi mesi di distanza da un’altra importante decisione di analogo tenore, Cass. n. 668 del 18 gennaio 2016) torna a rammentare che, sul piano pratico, la clausola assicurativa ambigua deve sempre essere interpretata nel modo più ampio e favorevole per l’assicurato e che la volontà espressa al momento della conclusione del contratto prevale sulle vicende successive della vita del rapporto.
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