Come si assicura un avvocato
Dopo quattro anni di attesa, un decreto ministeriale stabilisce le condizioni a cui dovranno rispondere le polizze di responsabilità civile per gli avvocati, con i rischi sottesi dell’assenza di obbligo a contrarre e di claims made a retroattività illimitata
18/11/2016
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 ottobre 2016 il decreto ministeriale (dm Giustizia) del 22 settembre 2016, concernente le “Condizioni essenziali e massimali minimi delle polizze assicurative a copertura della responsabilità civile e degli infortuni derivanti dall’esercizio della professione di avvocato”.
Si tratta del provvedimento a lungo atteso che era chiamato (innanzitutto, dal dl n. 138 del 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148 del 14 settembre 2011 e successive modifiche) a disciplinare gli obblighi assicurativi posti (unilateralmente, come si dirà) in capo alla categoria professionale dei legali.
Invero, e nel dettaglio, l’art. 12 della legge n. 247 del 31 dicembre 2012 (“Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”) aveva disposto un doppio onere a carico dell’esercente la professione forense, a pena di provvedimento disciplinare da parte del proprio ordine professionale per l’iscritto inadempiente.
Il primo obbligo assicurativo è legato all’esercizio della professione in sé e verso la clientela, mentre l’altro alle vicende proprie della vita della attività organizzata in azienda (onere di contrarre assicurazioni infortuni a favore del personale non dipendente).
I contenuti dell’obbligo
Tale obbligo risulta così adesso essere regolato dall’art. 1 del dm 22 settembre 2016 che, al primo comma, dispone dunque i contenuti minimi dell’obbligo assicurativo e quindi dell’oggetto della copertura assicurativa che il professionista forense sarà tenuto a stipulare a garanzia dei danni involontariamente causati ai clienti e ai terzi.
L’obbligo positivo è contenuto nei primi quattro punti dell’articolo 1 e concerne:
1. la copertura della responsabilità civile dell’avvocato per tutti i danni che dovesse colposamente causare a terzi nello svolgimento dell’attività professionale;
2. la responsabilità per qualsiasi tipo di danno: patrimoniale, non patrimoniale, indiretto, permanente, temporaneo, futuro;
3. la responsabilità dell’avvocato anche per colpa grave;
4. la responsabilità per i pregiudizi causati, oltre ai clienti, anche a terzi.
E, dunque, quasi quattro anni sono occorsi per conoscere proprio gli estremi e i contenuti minimi delle garanzie che gli esercenti la professione legale dovranno assumere da qui a un anno (il termine per l’adeguamento alle disposizioni contenute nel dm è di un anno dalla sua entrata in vigore).
Questo provvedimento, lungamente atteso, è assai importante per una varietà di ragioni, non solo connesse all’ordinamento forense in quanto tale.
Innanzitutto, si tratta del primo provvedimento dal quale si possa estrarre una disciplina assicurativa che dia conto delle espressioni pratiche associate alle volontà del potere amministrativo di regolare una tanto complessa materia, dai risvolti tecnici assuntivi e macroeconomici non di poco conto.
È, dunque, la traccia per comprendere come, a livello governativo sia percepita e risolta un’importante criticità che attiene, innanzitutto, alla garanzia patrimoniale del professionista, ma anche, e non da meno, alla costituzione della riserva patrimoniale di garanzia per raggiungere la riparazione del danno causato dal professionista stesso all’utenza, secondo un principio di utilità sociale del comparto assicurativo sempre più rimarcato sia dalla stessa istituzione dell’obbligo a contrarre per il professionista, sia nelle decisioni della Suprema Corte di Cassazione (n. 9140 Sezioni Unite del 6 maggio 2016, su cui ritorneremo).
Cosa potrà cambiare nelle polizze
Le indicazioni che emergono dal dm in esame, dunque, costituiscono una sorta di traccia o direttrice di marcia dalla quale è lecito aspettarsi si trarrà ispirazione nei prossimi provvedimenti amministrativi, che daranno pienezza e cogenza agli altri obblighi imposti alle professioni in generale.
Le disposizioni oggi introdotte avranno dunque, con ogni probabilità, una portata pressoché immediata sull’offerta nel mercato delle polizze e nella stessa revisione dei wording dei testi dei contratti. Basti pensare al mutato regime temporale della garanzia (claims made con retroattività illimitata).
Certo è che la realtà assicurativa si presenta regolata da un obbligo di copertura unilaterale.
L’assenza di un corrispondente obbligo a contrarre in capo alle imprese che operano nel ramo della Rc professionale (obbligo previsto nel settore Rc auto, al quale in parte il provvedimento attinge) sbilancia il rapporto sinallagmatico tra assicurato e assicuratore, lasciando quest’ultimo davanti a un onere da assolvere con un’offerta che potrà anche essere in certi settori carente, e quindi non competitiva sul piano economico.
Va detto poi che numerose disposizioni potranno portare, con facile previsione, all’innalzamento degli indici di conto attuariale, sulla base dei quali è facile prevedere un innalzamento dei premi assicurativi.
Si pensi, per cominciare, alle norme che ampliano in modo assai vago (art.1) la portata dei danni risarcibili e che, nell’interpretazione di un giudice, potrebbero arrivare a coprire danni (“indiretti” e “futuri”) prima contenibili in margini sostanziali e temporali.
Certamente un conto a parte andrà fatto con l’imposizione della retroattività illimitata nelle polizze caratterizzate dalla clausola claims made, stante l’allungamento sine die delle coperture a fatti anche molto lontani nel tempo: l’ampliamento dell’alea per l’assicuratore si traduce inevitabilmente in un maggior margine di costo per l’assicurato.
Altre clausole potranno poi essere negoziate per delimitare le possibili azioni di rivalsa dell’assicuratore (altrimenti previste dall’art. 3) e potrebbero portare a margini di inasprimento dei costi per tali opzioni accessorie.
La disciplina complessa della inopponibilità al danneggiato delle eccezioni contrattuali di polizza (per franchigie e scoperti, ex art. 3 comma II) potrebbe portare infatti all’esigenza di assicurare volontariamente in modo sempre più ampio il rischio professionale.
Le statistiche riportano di una classe forense che ha sempre avuto, per lo più, una sensibilità diffusa verso l’esigenza di assicurare la propria attività professionale e, quindi, riteniamo che l’obbligo oggi introdotto, colpirà economicamente per lo più fasce ove il ridotto volume d’affari induce a una diversa considerazione del rischio, ovvero anche quelle fasce professionali più giovani che potranno essere indotte ad assicurarsi in proprio, anche in ragione delle possibili rivalse degli assicuratori degli studi titolari.
Meglio sarebbe stato, ad esempio, prevedere un obbligo di estensione della garanzia alla responsabilità professionale personale dei collaboratori strutturati nello studio titolare, magari fino aduna certa età o anzianità di iscrizione all’albo professionale.
Si tratta del provvedimento a lungo atteso che era chiamato (innanzitutto, dal dl n. 138 del 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148 del 14 settembre 2011 e successive modifiche) a disciplinare gli obblighi assicurativi posti (unilateralmente, come si dirà) in capo alla categoria professionale dei legali.
Invero, e nel dettaglio, l’art. 12 della legge n. 247 del 31 dicembre 2012 (“Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”) aveva disposto un doppio onere a carico dell’esercente la professione forense, a pena di provvedimento disciplinare da parte del proprio ordine professionale per l’iscritto inadempiente.
Il primo obbligo assicurativo è legato all’esercizio della professione in sé e verso la clientela, mentre l’altro alle vicende proprie della vita della attività organizzata in azienda (onere di contrarre assicurazioni infortuni a favore del personale non dipendente).
I contenuti dell’obbligo
Tale obbligo risulta così adesso essere regolato dall’art. 1 del dm 22 settembre 2016 che, al primo comma, dispone dunque i contenuti minimi dell’obbligo assicurativo e quindi dell’oggetto della copertura assicurativa che il professionista forense sarà tenuto a stipulare a garanzia dei danni involontariamente causati ai clienti e ai terzi.
L’obbligo positivo è contenuto nei primi quattro punti dell’articolo 1 e concerne:
1. la copertura della responsabilità civile dell’avvocato per tutti i danni che dovesse colposamente causare a terzi nello svolgimento dell’attività professionale;
2. la responsabilità per qualsiasi tipo di danno: patrimoniale, non patrimoniale, indiretto, permanente, temporaneo, futuro;
3. la responsabilità dell’avvocato anche per colpa grave;
4. la responsabilità per i pregiudizi causati, oltre ai clienti, anche a terzi.
E, dunque, quasi quattro anni sono occorsi per conoscere proprio gli estremi e i contenuti minimi delle garanzie che gli esercenti la professione legale dovranno assumere da qui a un anno (il termine per l’adeguamento alle disposizioni contenute nel dm è di un anno dalla sua entrata in vigore).
Questo provvedimento, lungamente atteso, è assai importante per una varietà di ragioni, non solo connesse all’ordinamento forense in quanto tale.
Innanzitutto, si tratta del primo provvedimento dal quale si possa estrarre una disciplina assicurativa che dia conto delle espressioni pratiche associate alle volontà del potere amministrativo di regolare una tanto complessa materia, dai risvolti tecnici assuntivi e macroeconomici non di poco conto.
È, dunque, la traccia per comprendere come, a livello governativo sia percepita e risolta un’importante criticità che attiene, innanzitutto, alla garanzia patrimoniale del professionista, ma anche, e non da meno, alla costituzione della riserva patrimoniale di garanzia per raggiungere la riparazione del danno causato dal professionista stesso all’utenza, secondo un principio di utilità sociale del comparto assicurativo sempre più rimarcato sia dalla stessa istituzione dell’obbligo a contrarre per il professionista, sia nelle decisioni della Suprema Corte di Cassazione (n. 9140 Sezioni Unite del 6 maggio 2016, su cui ritorneremo).
Cosa potrà cambiare nelle polizze
Le indicazioni che emergono dal dm in esame, dunque, costituiscono una sorta di traccia o direttrice di marcia dalla quale è lecito aspettarsi si trarrà ispirazione nei prossimi provvedimenti amministrativi, che daranno pienezza e cogenza agli altri obblighi imposti alle professioni in generale.
Le disposizioni oggi introdotte avranno dunque, con ogni probabilità, una portata pressoché immediata sull’offerta nel mercato delle polizze e nella stessa revisione dei wording dei testi dei contratti. Basti pensare al mutato regime temporale della garanzia (claims made con retroattività illimitata).
Certo è che la realtà assicurativa si presenta regolata da un obbligo di copertura unilaterale.
L’assenza di un corrispondente obbligo a contrarre in capo alle imprese che operano nel ramo della Rc professionale (obbligo previsto nel settore Rc auto, al quale in parte il provvedimento attinge) sbilancia il rapporto sinallagmatico tra assicurato e assicuratore, lasciando quest’ultimo davanti a un onere da assolvere con un’offerta che potrà anche essere in certi settori carente, e quindi non competitiva sul piano economico.
Va detto poi che numerose disposizioni potranno portare, con facile previsione, all’innalzamento degli indici di conto attuariale, sulla base dei quali è facile prevedere un innalzamento dei premi assicurativi.
Si pensi, per cominciare, alle norme che ampliano in modo assai vago (art.1) la portata dei danni risarcibili e che, nell’interpretazione di un giudice, potrebbero arrivare a coprire danni (“indiretti” e “futuri”) prima contenibili in margini sostanziali e temporali.
Certamente un conto a parte andrà fatto con l’imposizione della retroattività illimitata nelle polizze caratterizzate dalla clausola claims made, stante l’allungamento sine die delle coperture a fatti anche molto lontani nel tempo: l’ampliamento dell’alea per l’assicuratore si traduce inevitabilmente in un maggior margine di costo per l’assicurato.
Altre clausole potranno poi essere negoziate per delimitare le possibili azioni di rivalsa dell’assicuratore (altrimenti previste dall’art. 3) e potrebbero portare a margini di inasprimento dei costi per tali opzioni accessorie.
La disciplina complessa della inopponibilità al danneggiato delle eccezioni contrattuali di polizza (per franchigie e scoperti, ex art. 3 comma II) potrebbe portare infatti all’esigenza di assicurare volontariamente in modo sempre più ampio il rischio professionale.
Le statistiche riportano di una classe forense che ha sempre avuto, per lo più, una sensibilità diffusa verso l’esigenza di assicurare la propria attività professionale e, quindi, riteniamo che l’obbligo oggi introdotto, colpirà economicamente per lo più fasce ove il ridotto volume d’affari induce a una diversa considerazione del rischio, ovvero anche quelle fasce professionali più giovani che potranno essere indotte ad assicurarsi in proprio, anche in ragione delle possibili rivalse degli assicuratori degli studi titolari.
Meglio sarebbe stato, ad esempio, prevedere un obbligo di estensione della garanzia alla responsabilità professionale personale dei collaboratori strutturati nello studio titolare, magari fino aduna certa età o anzianità di iscrizione all’albo professionale.
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