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The king is dead, long live the king!: di nuovo la “claims made”

Data spesso per defunta, la clausola claims made vede un progressivo riconoscimento all’interno di diversi strumenti legislativi, inclusa la legge “Concorrenza” che, invece di svuotarla di valore, ne conferma implicitamente la validità

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Una delle novità di grande impatto contenute nella Legge annuale per il mercato e la concorrenza (L. n.124 del 4 agosto 2017) è contenuta nel comma XXVI dell’articolo unico del testo.
Con una modalità forse irrituale, e certamente sorprendente, il legislatore ha inciso con questo unico comma nella disciplina della durata temporale delle polizze assicurative a copertura della Rc professionale.
Il comma non è ovviamente passato inosservato per l’ampia portata dispositiva che contiene, e non sono mancate anche interpretazioni distorsive che abbiamo già avuto occasione di leggere sulle riviste giuridiche più presenti nel settore editoriale specialistico.
Il comma XXVI dell’articolato prevede testualmente che al comma V dell’articolo del dl n. 138/2011 (come convertito dalla legge n. 148/2011 e successivamente modificato) sia introdotta la seguente disposizione: “in ogni caso, fatta salva la libertà contrattuale delle parti, le condizioni generali delle polizze assicurative … prevedono l’offerta di un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura”.
L’incrocio tra disciplina normativa e sentenze rese nell’ultimo periodo al più alto livello di giurisdizione (Cass. SS.UU. n. 9140 del 2016 e sez. III nn. 10506 e 10509 del 28 aprile 2017) hanno creato qualche complessità interpretativa che vorremmo provare a risolvere con questo contributo.

La risposta dall’analisi testuale
Una cosa deve essere detta fin da subito.
Uscendo dalle secche di una sterile contrapposizione ideologica, la clausola contrattuale, liberamente negoziata fra le parti, definita claims made appare oggi tutt’altro che esclusa dal panorama disciplinare dell’obbligo assicurativo per le polizze professionali, ma semmai rinvigorita dalle stesse emanazioni legislative non certamente superabili con alcune pronunce rese in epoca antecedente alla promulgazione della Legge Gelli, ovvero da posizioni dottrinali che non danno, a nostro giudizio, la giusta valenza ai recentissimi provvedimenti normativi.
Per quanto concerne il contributo dato oggi dalla legge Concorrenza alla disciplina dell’assicurazione obbligatoria per la Rc professionale, il testo del XXVI comma dell’art. 1 della legge Concorrenza appena entrata in vigore va esaminato con linearità logica e giuridica per quello che è lo stretto tenore letterale.
Ebbene, con quest’ottica di lettura del testo deve essere chiaro che:
 la legge introduce, si badi bene, un obbligo di “offrire”, tra le condizioni generali e le variabili assicurative possibili in una polizza che vada ad assolvere l’obbligo assicurativo di legge in capo ai professionisti, una condizione di “ultrattività” decennale;
l’opzione di estendere la cronologia assicurativa alla “ultrattività” deve essere proposta dall’assicuratore in sede di prima stipula delle prossime polizze, ovvero subito e “a richiesta del contraente”, nel caso in cui la polizza sia in essere alla data di entrata in vigore della disposizione (28 agosto scorso);
tale condizione è dunque rimessa alla “libertà contrattuale delle parti” (come ribadito in ben due passaggi della norma) e quindi è libera tanto nella valutazione del premio da proporre, quanto nella sua accettazione da parte del contraente professionista;
la norma in argomento, pertanto, non deroga in nulla alla disciplina contenuta nell’art. 11 della legge n. 24 / 2017 (o Legge Gelli) che anzi prevede, in aggiunta, la protezione di una postuma obbligatoria nel caso di definitiva cessazione dell’attività professionale.

Uno strumento ormai ben radicato
Non si condivide pertanto l’assunto interpretativo dato alla norma appena emanata da chi, con lettura forse superficiale, sostiene che la stessa avrebbe addirittura eliso la clausola claims made dal nostro panorama assicurativo, riportandoci a una cogenza inderogabile del regime loss occurrance (o del fatto generatore intervenuto in pendenza di polizza).
Invero, la locuzione legata alla salvezza della libertà contrattuale delle parti è tutt’altro che una clausola di stile, ma una franchigia ineludibile da far valere prima di tutto nella stessa interpretazione letterale del testo appena entrato in vigore.
In conclusione, la clausola claims made appare oggi elevata a strumento tipico di regolazione del contratto assicurativo e del suo regime temporale, dai provvedimenti normativi emanati negli ultimi mesi che hanno sdoganato, anche oltre lo schema tipizzante dell’art. 1917 c.c., una condizione che preveda l’obbligo di richiesta danni e di denuncia del sinistro in pendenza di polizza, alla condizione che la retroattività che assorbe il momento commissivo dell’illecito sia adeguata ed efficace per l’assicurato, sia essa almeno decennale (art. 11 l.24/2017), ovvero illimitata (art. 3 dm 22 settembre 2016).
È giunto forse il momento di mettere la parola fine alla lunga diatriba (per certi aspetti eccesiva e  dalle sfumature spesso ideologiche) che ha accompagnato negli ultimi anni la questione della validità nell’ordinamento della clausola claims made.
Ove lo stesso patto – liberamente negoziato tra le parti, si ribadisce – sia strutturato in maniera da garantire un’adeguata copertura temporale, regolata in un modulo ampio nel contesto della retroattività, dovrà essere dichiarato valido ed efficace, nonché idoneo a disciplinare pienamente l’obbligo di continuità assicurativa oggi decretato in capo ai professionisti.

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