Insurance Trade

Uno sguardo rivolto all’industria assicurativa...

Il 2013 sta per finire e verrà archiviato nei meandri oscuri di questa Italia, che poco si interessa di uno dei settori più proficui (per tutti) e indispensabili a una nazione civile: l'industria assicurativa.
Proprio perché ci si avvia verso la fine dell'anno, mi cimento nella valutazione, tutta mia personale del bilancio" complessivo riferito ad alcune imprese assicurative, prese a "campione", fornendo una serie di dati o indici informativi al 31/12/2012, una sorta di ratio performance a livello di mercato, lanciando un sguardo veloce ai dati in mio possesso, per arrivare, per sommi capi, a una valutazione sull'area lavoro, sui costi sostenuti per la gestione delle imprese di assicurazione stesse, con che costi per l'organizzazione e per le strutture di vendita.

Sono dati statistici (fonte Ania), che toccano il lavoro diretto italiano, con la partecipazione di alcune Compagnie di assicurazione, esclusa la "sola " riassicurazione. Indagine fornita da un ampio numero di imprese che hanno partecipato, il 28% delle stesse (36), con un volume di premi di 57.800 miliardi di euro, pari al 55% del totale. Il 79,6% rami danni e il 42,2% ramo vita.

Le spese totali rappresentano un valore medio del 17,70%, in lieve diminuzione rispetto al 2011 (18,15%), variazione che va interpretata con cautela; la differenza potrebbe derivare, essenzialmente, dal cambiamento nel mix dei premi, del c.d. "campione".  
I costi commerciali comprendono le provvigioni alla rete distributiva, il costo dell'organizzazione produttiva, il personale commerciale di sede nelle agenzie in gestione libera, nonché spese di pubblicità e promozionali. 
A fine 2012, a livello totale, il valore era pari al 9,74%, ancora in diminuzione rispetto alle spese 2011 (10,15%). Tra questi costi le provvigioni costituiscono la parte preponderante, pari all'8,84% dei premi imponibili, valore in diminuzione rispetto all'anno precedente (9,28%); è solo uno 04,4% ma, per comprendere a quanto ammonta il vero "risparmio" delle compagnie, la cifra andrebbe spalmata su tutto l'incassato. E non è poco!
Altre spese commerciali pesano - nel loro complesso - lo 0,90% dei premi. Valore stabile.

I costi di gestione comprendono la spesa per il personale non commerciale (comprese spese esterne per liquidazione sinistri) che risulta pari quasi alla metà del totale (3.85%) e altre spese gestionali non attinenti al "personale dipendente". 
Il risultato è uguale al 2011 (da 8% a 7.97%).  
Il costo medio lordo del personale dipendente, onnicomprensivo, subisce un aumento del 4.1% rispetto all'ultimo anno. Guardando alla situazione generale è, senza dubbio, un aumento elevato!
Questa analisi va valutata tenendo conto della diversa struttura organizzativa delle imprese di assicurazione (presenza o meno di agenzie sul territorio, reti liquidative, fruizione o meno dei servizi "esterni", gestione immobiliare e finanziari affidata a società esterne).  
In altre parole è un'indagine statistica e tra i dati a mia disposizione, potrebbe anche palesarsi una qualche imprecisione. 
Un po' come il famoso "pollo di Trilussa"!

Tenuto conto che l'Italia è al quinto posto in Europa e al settimo posto nel mondo per raccolta premi, con una quota di mercato pari a 3.5%, contro Francia 5.9%, Gran Bretagna 7.00%, Germania 5.3%, oltre USA 26.2%, Cina 4.8% e Giappone 14.3%. 
Noi italiani, che nell'ultimo decennio, siamo diventati più sensibili e attenti verso la scelta e l'uso di coperture assicurative, abbiamo un'incidenza sul Pil pari al 6.8%. 
Il leggero scostamento dal 2011 (7.00%) è dovuto principalmente, a mio parere, al calo della raccolta "vita" nel 2012 (-5.5%), pari a 69.7 miliardi di euro. 
Nella sostanza il "premio medio" per abitante in Italia è pari a € 1.812,00-, ben inferiore a quello registrato nei principali paesi industrializzati.
Il peso delle riserve tecniche rispetto al Pil , vede il nostro paese al quinto posto tra i principali Stati europei. 
Gli investimenti delle imprese italiane sono stati pari a 527 miliardi di euro e rappresentano oltre l'87% del totale attivo, del quale circa il 60% in titoli e obbligazioni.
Alla fine del 2012 le compagnie italiane disponevano di un margine di solvibilità pari a 50.4 miliardi di euro. Il risultato di gestione del settore ha registrato nel 2012 (danni e vita) un utile pari a 5.8 miliardi di euro. 
Va sottolineata la felice risalita sulle perdite del 2011: -3,7 miliardi.
Alla fine del 2012 le compagnie operanti erano 235, di cui 135 con sede legale in Italia e 100 rappresentanze estere, delle quali 98 comunitarie. Di queste, "associate" Ania, erano 168.
I dipendenti al 31/12/2012 erano 47.712, dei quali, amministrativi, 42.498 e 5.214 produttori inquadrati.
Questo settore, non di rado bistrattato e mal compreso, anche dal Governo, dà lavoro a circa 300mila persone, includendo tutti gli addetti alle reti di vendita e alla distribuzione dei prodotti. 
Dato tanto importante con un suo peso specifico, in un'Italia che "vanta" un primato terribile: il 44.4% della propria gioventù disoccupata!!
I soggetti iscritti al RUI risultano essere 245.257, sempre al 31/12/2012, così suddivisi:
agenti: persone fisiche, 26.986 e 9.735 società; " broker: persone fisiche, 3.663 e 1.374 società.
sezione E (sub-agenti- intermediari): persone fisiche, 175.430 e 13.342 società.
Nella sezione C (produttori diretti): 14.050.
Nella sezione D (banche, poste italiane, Sim): 676.

Nel 2012, l'81% delle polizze del settore danni, è stato venduto tramite l'intermediazione del canale agenziale, contro il 7.6% dei broker, 0.1% promotori finanziari, 3.2% sportelli bancari e 8.1% vendita diretta (telefoniche).
Nel ramo "vita", il canale distributivo di maggior peso è accreditabile alle banche con un 48.5%, contro il 54.7% del 2010.  
Seguono a ruota gli agenti, con uno stabile 16.3%. I broker 1.1% e i canali di vendita "diretti" il 10.7%.
Nella sostanza questo comparto è sano, florido e investe. 
Se la crisi mordesse di meno all'interno dei budget familiari e lo Stato trovasse il modo di "incentivare" il mercato assicurativo con "detrazioni" ad hoc, dando così nuovo impulso alle vendite, la previdenza degli italiani sarebbe non solo importante per i fini previdenziali da anni decantati e mai arrivati in porto, ma anche per il comparto stesso e per l'utilissimo indispensabile acculturamento della collettività, convinta come sono, che lo zoccolo duro dell'economia nazionale si difenda "anche" con un indice di penetrazione assicurativa maggiore. Con una consulenza ineccepibile, prodotti chiari e inequivocabili.
All'insegna di...  " tutto ciò che non è escluso, è compreso" !!!
Credo che la Confindustria assicurativa (Ania) possa orgogliosamente affermare di rappresentare industrie assicurative solide, ben gestite ancora in grado di generare utili, malgrado la disastrosa crisi che ha coinvolto l'economia mondiale... 
Tanti utili... e che utili!!

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