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Assicurare e proteggere i cittadini: Rc sanitaria, un problema!

Malsanità, malpratice medica, che riguardano certamente molte nazioni e come afferma   la Confindustria assicurativa, non è solo prerogativa del nostro Paese.  

Un pregiudizio questo sulla sanità? E perché?

Le ragioni sono molteplici:

a) si suppone che il paziente abbia una maggiore consapevolezza e attenzione alle cure ricevute, a mio parere, anche in virtù di alcuni suggeritori professionisti" sul servizio e la gestione di un possibile contenzioso;  

b) i Tribunali hanno riconosciuto aumenti importanti sui risarcimenti e non tanto sulla oggettiva componente del danno patrimoniale o danno emergente (perdita subita), o del c.d. "lucro cessante", quanto del danno "biologico o alla salute", o del riconosciuto danno morale;

c) un incredibile allargamento dei diritti e dei casi da risarcire da parte della giurisprudenza che, nella sostanza, risulterebbe avere modificato i "contenuti della prestazione medica", trasferendola quasi da "obbligazione dimezzi a obbligazioni di risultato".

Questa situazione genera per il sistema sanitario, nel suo complesso, maggiori costi diretti, vuoi nei termini di risarcimenti dovuti ai pazienti e vuoi per il relativo incremento del costo polizze delle compagnie assicurative; maggiori difficoltà nel apporto tra medico e paziente; maggiori costi diretti dal ricorso alla medicina difensiva.

Stime elaborate dal CERGAS – UNIVERSITA'  BOCCONI- , raggiungerebbero il 10%, ovvero circa 13 miliardi dell'intera spesa sanitaria.

Per le Imprese di assicurazione vanno considerate le grosse perdite economiche dovute a un'errata tariffazione delle coperture.

Colpa di una comprensibile mancata previsione al tempo in cui furono assunti i contratti, delle tendenze sopra citate che, unite, hanno comportato una sottostima dei corsi del rischio sottoscritto. A tutto ciò si aggiunga un rapporto deteriorato con la clientela per l'aumento dei premi e il peggioramento delle condizioni contrattuali.  

L'offerta è quindi inferiore al passato proprio per le difficoltà nel prevedere gli sviluppi del fenomeno.Va precisato, al fine di dare un quadro reale della situazione, che le coperture assicurative vanno suddivise in due tipologie: quella delle strutture sanitarie e quella dei singoli esercenti le professioni sanitarie. Per queste ultime non parrebbe vi siano generalizzate difficoltà a trovare coperture sul mercato, né permedici dipendenti, né per la gran parte dei liberi professionisti, fatti salvi coloro che esercitano specializzazioni rischiose, i cui costi assicurativi, ovviamente, saranno più elevati.

Appare chiaro che l'origine del problema è di natura giuridica e sociale e le soluzioni dovrebbero essere ricercate in questo ambito.

Come porre un freno e mitigare i rischi di "malpratice medica", abbassare i costi e ampliare le disponibilità di coperture assicurative?

lI fenomeno è già stato affrontato in altri paesi. Sullamalpratice medica sono state scelte opzioni di "policy" riconosciute valide a livello internazionale, proprio in virtù del sistema giuridico italiano che è basato sulla "responsabilità", potrebbe essere utile tentare  di passarea un sistema c.d. "no fault" (nessuna colpa) in cui, per determinate casistiche di eventi, sia prevedibile un intervento standardizzato, senza voler attribuire necessariamente la responsabilità.

Questa scelta è stata già compiuta dai paesi scandinavi, abbandonando i tradizionali sistemi. In Francia, Inghilterra, Germania agisce ancora la Responsabilità Civile professionale, alquale sistema viene affiancato anche il "no fault" per specifiche tipologie di danno.

Restando invece ancora ancorati alla "responsabilità", si potrebbero attuare alcune misure di policy:

a) rivisitazione delconcetto di "responsabilità";

b) standardizzare icriteri di valutazione dei danni, inserendo, ad esempio, tabelle di valutazionee definizione di eventuali limiti ai danni stessi;

c) "contenimento" del ricorso alla giustizia ordinaria tramite meccanismi alternativi alla risoluzione del contenzioso (leggasi mediazione).

Infine, per minimizzare il rischio di errore, andrebbero rese obbligatorie e strutturate le attività di "risk managemant".

Sono a conoscenza che risultano depositati, nelle sedi preposte, numerosi disegni di legge: alcuni sono contrari alle vigenti norme comunitarie e nazionali, quindi di nessun interesse, altri maggiormente interessanti, sui quali progetti reputo che l'Ania attuerà le dovute riflessioni, tesa a collaborare per raggiungere l'obiettivo primario di una sanità più   sicura, per far ottenere all'utente/assicurato un più celere e certo risarcimento proprio per le vittime di quegli errori medici a volte così drammatici.

Mi risulta che l'Associazione delle Imprese disponga da diversi anni di una seria   rilevazione statistica, allo scopo di monitorare un settore caratterizzato da vari problemi, anche tecnici.

Alcuni dati sul lavoro diretto italiano, ci dicono che nel 2011 il volume premi RC sanitaria è pari a 525 milioni di euro, di cui il 75% relativo a polizze stipulate dalle strutture sanitarie e il restante è relativo a contratti di professionisti sanitari. Sono esclusi i premi raccolti da imprese europee in regime di libertà di prestazione.  

Si calcola un incremento generale del 5,5%. I sinistri denunciati, sempre nel 2011, hanno sfiorato i 31.500 casi, di cui due terzi stipulati dalle strutture sanitarie, con un decremento delle denunce del 6,7% rispetto al 2010.

Di questi, due terzi delle denunce di sinistro restano senza seguito.

Si chiude il 2011 (dato Ania) con un S/P (sinistri pagati supremi incassati) del 175%. Gli ultimi recenti dati ci dicono che è sceso al147%. Dato esorbitante, al quale va trovato necessariamente un correttivo tecnico. Non si può ipotizzare uno sviluppo peraltro indispensabile in questo ramo, se non si riesce a modificare questo trend negativo.

Vero è che esiste la "sanità pubblica" e la sorpresa la si incrocia in una indagine di mercato. La stragrande maggioranza degli italiani si "fida" della sanità pubblica. E se ne dichiara soddisfatta.  

Lo afferma un recentissimo sondaggio condotto dalla DEMOS, su incarico di ATBV (associazione professionale alla quale aderiscono medici specialisti di malattie cardiovascolari).

In generale, l'esperienza della malattia rafforza e migliora il rapporto con la struttura sanitaria, con le figure mediche e paramediche.

Il 68,7% degli italiani si dichiara soddisfatto della sanità pubblica. La fiducia nel proprio medico sale all'85,6% e un ulteriore 77% va ai medici specialisti.

In altre parole, la collettività ritiene che la sanità pubblica vada tutelata in modo autonomo e distinto. Senza metterla in concorrenza con quella privata e senza favorire processi di integrazione.

Alla sanità privata gli italiani riconoscono - come vantaggio -  il taglio netto dei tempi lunghi di attesa. L'universalità e l'accessibilità in questo caso, diventano vizi. Perché rallentano le procedure, perché... perché...

Tuttavia, nelle incertezze di quest'epoca, dove lo Stato è a volte guardato con sfiducia, la sanità pubblica rappresenta un buon punto di riferimento!

L'aspetto della fiducia è di buon auspicio:  speriamo se ne convinca anche l'Ania e lo stesso Governo e che , su questo presupposto, riescano a trovare accorgimenti al   "sistema" assicurativo, atti a tutelare il pubblico ed il privato!

 

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