Responsabilità genitoriale, così cambia il “sistema famiglia”
La legge nata negli ultimi scorci del 2012 (n°219), stabiliva la fine delle diversità" tra i figli: non più naturali o legittimi, ma semplicemente figli!
Qualche settimana fa il Governo ha dato il via, approvandolo, a un nuovo d.l. che permette la piena attuazione delle disposizioni legislative.
Perché la necessità di questa legge? Perché questa divisione tra figli e figliastri? È mai realmente avvenuto che un genitore riuscisse a sentire nel proprio animo, queste differenze? Questi figli, tutti i figli, non sono il frutto di un identico iter: partoriti, cullati, sgridati, condotti a scuola, in piscina, riforniti dei tanti pupazzetti giapponesi a loro carissimi, o delle tanto amate fate Winx? Nel matrimonio o fuori da esso?
Una nuova legge fa finalmente giustizia, sovrapponendosi a un passato la cui morale appare un po' distorta e, non di rado, "pelosa". Per decenni i benpensanti hanno finto di non vedere la grande carenza di civiltà che aleggiava sull'intero stivale italiano. Sempre più chiuso nei suoi vecchi parametri di ciò che è bene e ciò che è male, facendo mancare alla collettività italiana, quell'indispensabile senso etico che ci avrebbe portato verso una crescita culturale, ancora oggi, assai carente.
A rivisitare la questione ci ha pensato il premier Enrico Letta. Parrebbe che all'interno delle dorate stanze, il "coraggio" civile di legiferare in tal senso, sia stato molto combattuto. Un braccio di ferro tra le diverse anime.
Ma che cosa cambia realmente? I figli che prenderemo per mano, dopo averli concepiti o adottati, non saranno più considerati di serie A o B. Ognuno di essi avrà i medesimi diritti e doveri di fronte alla legge. Questo, ovviamente, coinvolge anche la possibile eredità nei confronti dell'intera parentela: zii, cugini, nonni. E si - cari lettori - i figli nati al di fuori del matrimonio possono avere anche dei nonni (c.d. ascendenti), i quali hanno, avrebbero, il dovere di mantenere rapporti significativi con i "minori". Potrebbe essere una ovvietà ma, purtroppo, non lo è.
Personalmente, trovo queste nuove disposizioni legislative un avvenimento fantastico, che aggiunge un po' d'amore e di responsabile complicità a questo mondo arido, assurdo, dove pare primeggiare solo ingiustizia e indifferenza.
La legge recita, tra i tanti capoversi, che i genitori perdono la "potestà" per acquisire la "responsabilità genitoriale" in una più ampia visione, che tutela gli interessi a 360 gradi dei figli minori. Novità anche per i figli adottati, se minorenni. Diventano figli "nati nel matrimonio". Per i figli maggiorenni, viceversa, non possono vantare alcun vincolo con i parenti dei genitori adottivi.
Oggi tutti i figli sono inseriti nel "sistema famiglia" diventano parte indissolubile dai diritti: devono essere allevati, mantenuti, educati, istruiti e moralmente assistiti dai genitori, nel rispetto delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni (L. 219/12 art. 1 – comma 8).
Per tutte le famiglie coinvolte in questa nuova legge è, e sarà, una vera rivoluzione. Se diamo uno sguardo alle recenti statistiche Istat, esse danno in continuo incremento le unioni di fatto, pronte al sorpasso su quelle sancite dal matrimonio. Ci dicono, inoltre, che un figlio su quattro nasce nell'alveo della convivenza. Comunque, al di là della legge, forse, dico forse, le situazioni diventano meno difficili, soprattutto tra genitori che hanno avuto una precedente esperienza matrimoniale che ha generato prole. Certo, "accogliere" per una coppia seppur collaudata, figli nati da altre relazioni, non è certamente semplice, neppure sul piano psicologico . È una condizione umana difficile e tutta in salita. L'arrivo di nuovi creature, quando esiste un divorzio alle spalle, viene percepito dall'ex famiglia, ma anche dai fratellastri, se ve ne sono, come il frutto "unico" del tradimento, dell'abbandono. L'ostacolo umano più grande è certamente l'impatto con il "confronto", tra vecchia e nuova vita, che si presenta spesso arduo e che, non di rado, diventa la vera ragione di litigi e incomprensioni profonde.
Non posso esimermi dal valutare che la società italiana, incline al "tengo famiglia", si trovi di fronte a un cambiamento culturale profondo, che necessità del dovuto tempo per affermarsi e mettere radici. Metabolizzare il nuovo che avanza, soprattutto quando si tratta di filosofia morale, non è cosa semplice ed è difficile da affrontare: siamo stati allevati con molti pregiudizi, che ci seguono e inseguono, da secoli e mai rimossi del tutto. Senza dimenticare che non viviamo in un paese dotato di grande laicità e che insegnamenti e educazione ottenuti nel passato, sono il frutto "anche" della nostra latitudine.
Anche la nuova famiglia "sente" probabilmente l'atmosfera del cambiamento e non sarà facile sradicare i tabù mentali che ostacolano il processo di adattamento, adattamento che subisce l'influenza della famiglia di provenienza, anche se le nuove scelte di vita sono convinte e frutto di riflessione.
Nella sostanza questa è una legge che porta oggettivo progresso alla collettività, stimolando il senso civico di ognuno di noi. Cittadini disponibili al confronto e aperti all'accettazione di un'altra realtà, seppur, in alcuni casi, non condivisa.
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