Agenti, quanto pesa la disaffezione associativa!
La disaffezione associativa degli agenti di assicurazione è molto evidente: assemblee provinciali quasi vuote e quote associative in vistoso calo su tutto il territorio nazionale. Da più parti si manifesta scarso interesse alla vita sindacale (fatto gravissimo), e questo anche per tutto ciò che interessa la vita imprenditoriale e professionale di ogni singolo agente, facendo mancare, a causa delle assenze e della scarsa informativa mirata, la linfa vitale: la partecipazione.
Gli iscritti alle tre associazioni di categoria (Sna, Anapa e Unapass) contano, forse, un quarto degli aventi diritto, incanalandosi piano, piano nel pensiero unico del "disinteresse".
Stanno nascendo per caso le rappresentanze " à la carte"?
Ciascuna prende ciò che gli piace e che gli fa comodo, ma lascia a metà ciò che è convinto non gli serva!
Nella sostanza, con la crisi che incombe sovrana, l'associato decide " ob torto collo " per il risparmio: bando agli sprechi... basta con la quota associativa!
La tanta decantata unità della categoria pare venga soppiantata dal solito vecchio male, forse congenito: l'individualismo.
Tutti convinti che l'avanzata di un nuovo modus operandi abbatta il concetto di "squadra", in uso fino a qualche anno fa e superato nella coscienza dei molti, come un vecchio soprammobile di Limonge degli anni '60, che si vuole sistemare in un arredamento modernissimo!
Gli agenti italiani stanno dimostrando il loro convinto distacco!
Il movimento più consistente in questo settore sono e restano i non iscritti: tutti chiusi nel loro mondo, che ritengono perfetto e gratificati dalle loro "relazioni personali", che reputano capaci di risolvere ogni problema, presente e futuro.
Sul fronte del "distacco" dalla vita associativa, va correttamente sottolineato che gli agenti italiani sono in buona compagnia, seppur con i dovuti distinguo: Sergio Marchionne lascia la Confindustria, ma mantiene la Fiat Chrysler iscritta all'Unione Industriali torinese, dove ha le sue antiche radici.
Pietro Salini, a.d. del Gruppo "Salini-Impregilo", esce dall'Ance (Associazione di categoria del settore edilizio). L'a.d. Carlo Cimbri di UnipolSai esce dall'Ania, accusandola di essere strutturata male e non al passo con i tempi. Però dichiara di proseguire nell'applicazione del CCNL dei dipendenti dell'impresa.
Infine, anche la grande distribuzione lascia Confcommercio in quanto, nei mega centri commerciali, c'è bisogno di flessibilità di orario, di saracinesche alzate la domenica e nelle feste comandate.
Appare tutto come un mal celato desiderio di indipendenza assoluta, fuori da obblighi anche morali e dalla retorica: nessun Statuto da osservare che, a detta di molti, non sono più utili e non hanno significato.
Solo obblighi.
Come già detto, nel settore assicurativo diventa già difficile mantenere gli attuali iscritti, che anch'essi potrebbero rischiare, tra un po', di finire sulla scia delle ormai immodificabili tendenze demografiche italiane, come i Sindacati Confederali (Cgil, Cisl, Uil) i cui iscritti sono formati più da pensionati che da lavoratori dipendenti.
Lo Sna doveva costituire la rivincita dei piccoli agenti, rispetto allo strapotere, anche politico, di alcuni Gruppi Aziendali blasonati.
Da quasi quattro anni c'è al vertice un Esecutivo Nazionale presieduto da Claudio Demozzi convinto, sin dall'inizio, che la concertazione con l'Ania avesse, suo tramite, un nuovo futuro, senza rendersi realmente conto che la stessa era quasi sepolta.
Resistono e avranno maggiori spazi, si dice, le concertazioni di II° livello, senza più barriere ideologiche.
Bisognerà vedere sul campo questi Gruppi Aziendali, se saranno capaci di resettare in tempo l'antico collateralismo.
Saranno costretti a fare i conti con l'integrazione delle politiche europee, che non sono soft, con una concorrenza spietata e potente, con l'obbligo morale di far emergere, da parte dei loro iscritti, una consulenza vera, onesta, professionale: unico valore aggiunto per superare, forse, l'odierno impasse.
Parrebbe arrivato il momento di dire addio al Moloch delle varie associazioni della rappresentanza imprenditoriale, grandi, piccoli, privati, pubblici, terziari.
Pensate nel secolo passato con duplicazioni di strutture e poltrone costose, oggi parrebbero non più sostenibili.
Al contrario del mondo industriale, che si sta accorpando (Lazio/Emilia Romagna/Toscana), il settore dell'intermediazione assicurativa resta diviso, irrimediabilmente, causando danni seri all'intera categoria agenziale, anche a coloro che non hanno optato per alcuna bandiera associativa.
Esiste ovviamente, ma solo in subordine, la questione dimensionale delle agenzie: oltre il 70% delle stesse non arriva a gestire portafogli che tocchino i 2.000.000 di euro di premi imponibili. Va da sé che le agenzie medio/piccole arrancano, si aggrappano alle illusorie promesse che rompono i vecchi confini e presto, forse, pure i contratti di categoria (Ana).
Sono proprio questi ultimi che hanno bisogno delle sponde associative ma, ancora oggi, questo concetto appare a loro poco chiaro!!
Ripeto: quelle poche migliaia di iscritti alle "tre " organizzazioni di categoria oggi sul mercato, non partecipano più di tanto alla vita associativa. Lo fanno più come testimonial nei convegni, per la verità, anch'essi poco frequentati.
Rammento come fosse oggi, l'effetto che fece la "marcia dei quarantamila" (quadri di Fiat), nel 1980. Essa svelò all'Italia lavorativa che un'epoca era finita.
Non vorrei sbagliarmi, ma parrebbe se ne stia chiudendo un'altra...
Nessuno pensa che le associazioni di categoria debbano sparire ma, certamente, dovrebbero saper riposizionarsi.
Si incomincia ad intravedere quanto si sia indietro rispetto all'epoca attuale.
La sveglia sta suonando in ogni settore, anche per quello assicurativo!
E' finita l'epoca della concertazione, ma anche di un'Ania politica.
E allora, quale futuro?
Bisognerebbe battere tutte le strade per uscire dalla crisi della rappresentatività.
Ma temo che questo sistema stia vistosamente vacillando: siamo solo all'inizio.
E' comunque sbagliato pensare che il loro ruolo sia esaurito.
E' necessaria la giusta autorevolezza riconosciuta alle loro responsabilità. Sarebbe interessante un ritorno di orgoglio di tutto il sistema nel suo confronto con l'Ania. E altrettanto interessante sarebbe una nuova determinazione affinché arrivi la legge sulla "rappresentanza", che è prevista dalla Costituzione.
Una legge che dovrebbe valere per tutti: agenti, imprese, lavoratori, e dovrebbe indicare le modalità di approvazione degli accordi.
Anche questo è un mercato che va regolato, non per soffocarlo, ma spingerlo a innovarsi nella precisa definizione anche dei ruoli.
Carla Barin
Gli iscritti alle tre associazioni di categoria (Sna, Anapa e Unapass) contano, forse, un quarto degli aventi diritto, incanalandosi piano, piano nel pensiero unico del "disinteresse".
Stanno nascendo per caso le rappresentanze " à la carte"?
Ciascuna prende ciò che gli piace e che gli fa comodo, ma lascia a metà ciò che è convinto non gli serva!
Nella sostanza, con la crisi che incombe sovrana, l'associato decide " ob torto collo " per il risparmio: bando agli sprechi... basta con la quota associativa!
La tanta decantata unità della categoria pare venga soppiantata dal solito vecchio male, forse congenito: l'individualismo.
Tutti convinti che l'avanzata di un nuovo modus operandi abbatta il concetto di "squadra", in uso fino a qualche anno fa e superato nella coscienza dei molti, come un vecchio soprammobile di Limonge degli anni '60, che si vuole sistemare in un arredamento modernissimo!
Gli agenti italiani stanno dimostrando il loro convinto distacco!
Il movimento più consistente in questo settore sono e restano i non iscritti: tutti chiusi nel loro mondo, che ritengono perfetto e gratificati dalle loro "relazioni personali", che reputano capaci di risolvere ogni problema, presente e futuro.
Sul fronte del "distacco" dalla vita associativa, va correttamente sottolineato che gli agenti italiani sono in buona compagnia, seppur con i dovuti distinguo: Sergio Marchionne lascia la Confindustria, ma mantiene la Fiat Chrysler iscritta all'Unione Industriali torinese, dove ha le sue antiche radici.
Pietro Salini, a.d. del Gruppo "Salini-Impregilo", esce dall'Ance (Associazione di categoria del settore edilizio). L'a.d. Carlo Cimbri di UnipolSai esce dall'Ania, accusandola di essere strutturata male e non al passo con i tempi. Però dichiara di proseguire nell'applicazione del CCNL dei dipendenti dell'impresa.
Infine, anche la grande distribuzione lascia Confcommercio in quanto, nei mega centri commerciali, c'è bisogno di flessibilità di orario, di saracinesche alzate la domenica e nelle feste comandate.
Appare tutto come un mal celato desiderio di indipendenza assoluta, fuori da obblighi anche morali e dalla retorica: nessun Statuto da osservare che, a detta di molti, non sono più utili e non hanno significato.
Solo obblighi.
Come già detto, nel settore assicurativo diventa già difficile mantenere gli attuali iscritti, che anch'essi potrebbero rischiare, tra un po', di finire sulla scia delle ormai immodificabili tendenze demografiche italiane, come i Sindacati Confederali (Cgil, Cisl, Uil) i cui iscritti sono formati più da pensionati che da lavoratori dipendenti.
Lo Sna doveva costituire la rivincita dei piccoli agenti, rispetto allo strapotere, anche politico, di alcuni Gruppi Aziendali blasonati.
Da quasi quattro anni c'è al vertice un Esecutivo Nazionale presieduto da Claudio Demozzi convinto, sin dall'inizio, che la concertazione con l'Ania avesse, suo tramite, un nuovo futuro, senza rendersi realmente conto che la stessa era quasi sepolta.
Resistono e avranno maggiori spazi, si dice, le concertazioni di II° livello, senza più barriere ideologiche.
Bisognerà vedere sul campo questi Gruppi Aziendali, se saranno capaci di resettare in tempo l'antico collateralismo.
Saranno costretti a fare i conti con l'integrazione delle politiche europee, che non sono soft, con una concorrenza spietata e potente, con l'obbligo morale di far emergere, da parte dei loro iscritti, una consulenza vera, onesta, professionale: unico valore aggiunto per superare, forse, l'odierno impasse.
Parrebbe arrivato il momento di dire addio al Moloch delle varie associazioni della rappresentanza imprenditoriale, grandi, piccoli, privati, pubblici, terziari.
Pensate nel secolo passato con duplicazioni di strutture e poltrone costose, oggi parrebbero non più sostenibili.
Al contrario del mondo industriale, che si sta accorpando (Lazio/Emilia Romagna/Toscana), il settore dell'intermediazione assicurativa resta diviso, irrimediabilmente, causando danni seri all'intera categoria agenziale, anche a coloro che non hanno optato per alcuna bandiera associativa.
Esiste ovviamente, ma solo in subordine, la questione dimensionale delle agenzie: oltre il 70% delle stesse non arriva a gestire portafogli che tocchino i 2.000.000 di euro di premi imponibili. Va da sé che le agenzie medio/piccole arrancano, si aggrappano alle illusorie promesse che rompono i vecchi confini e presto, forse, pure i contratti di categoria (Ana).
Sono proprio questi ultimi che hanno bisogno delle sponde associative ma, ancora oggi, questo concetto appare a loro poco chiaro!!
Ripeto: quelle poche migliaia di iscritti alle "tre " organizzazioni di categoria oggi sul mercato, non partecipano più di tanto alla vita associativa. Lo fanno più come testimonial nei convegni, per la verità, anch'essi poco frequentati.
Rammento come fosse oggi, l'effetto che fece la "marcia dei quarantamila" (quadri di Fiat), nel 1980. Essa svelò all'Italia lavorativa che un'epoca era finita.
Non vorrei sbagliarmi, ma parrebbe se ne stia chiudendo un'altra...
Nessuno pensa che le associazioni di categoria debbano sparire ma, certamente, dovrebbero saper riposizionarsi.
Si incomincia ad intravedere quanto si sia indietro rispetto all'epoca attuale.
La sveglia sta suonando in ogni settore, anche per quello assicurativo!
E' finita l'epoca della concertazione, ma anche di un'Ania politica.
E allora, quale futuro?
Bisognerebbe battere tutte le strade per uscire dalla crisi della rappresentatività.
Ma temo che questo sistema stia vistosamente vacillando: siamo solo all'inizio.
E' comunque sbagliato pensare che il loro ruolo sia esaurito.
E' necessaria la giusta autorevolezza riconosciuta alle loro responsabilità. Sarebbe interessante un ritorno di orgoglio di tutto il sistema nel suo confronto con l'Ania. E altrettanto interessante sarebbe una nuova determinazione affinché arrivi la legge sulla "rappresentanza", che è prevista dalla Costituzione.
Una legge che dovrebbe valere per tutti: agenti, imprese, lavoratori, e dovrebbe indicare le modalità di approvazione degli accordi.
Anche questo è un mercato che va regolato, non per soffocarlo, ma spingerlo a innovarsi nella precisa definizione anche dei ruoli.
Carla Barin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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