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Basta violenza

“25 Novembre”, giornata mondiale per la violenza contro le donne. 

Il Sole 24 Ore elenca tutti i nomi delle oltre cento vittime uccise dal 1° gennaio ad oggi, per commemorarne la memoria. Questo dato fa inorridire. Ritorna alla mente lo stereotipo del  “padre padrone” emulato da mariti, fratelli, compagni. Quello che realmente sorprende, tanto per passare dalle parole ai fatti, è lo stato di  assuefazione, che stampa e istituzioni dimostrano davanti a questa costante. Anche in questi giorni il TG3 ha dato notizia di altre due donne uccise dagli ex: un marito e un fidanzato.  

Certamente servono altre leggi, severissime, per scoraggiare questa sorta di mattanza nei confronti del gentil sesso. Altro fatto che manca all’appello è la grave carenza di educazione familiare. Pare difficile inculcare, sin dalla più tenera età, il rispetto per la donna: madre, sorella, moglie che sia. E’ un fatto di difficile comprensione, considerato che viviamo nel terzo millennio e non nel ‘300. Quali alchimie servono, all’interno della famiglia italiana, per far  comprendere ad alcuni uomini che il ruolo della donna non è quello della schiava? Che non è stata “acquistata” al mercato? Che tutto ciò mette in evidenza solo  “possesso”, nulla a che vedere  con affetto e rispetto? Noi, madri, in cosa manchiamo, dove sono nascosti i nostri profondi errori di educatrici? Siamo troppo protettive, indulgenti, assurdamente  gelose? Convinte  che mai nessuna donna merita il nostro bambino…. anche se possiede speroni ben saldi e ha superato gli “anta”? Siamo noi genitrici a fomentare il confronto/scontro? Capaci di alimentare in  modo sottile, sotto traccia, gelosie e dubbi,  dando l’avvio al  vero dramma, che può sfociare anche  in omicidio? Nel 2011 sono state uccise 127donne.  La “Casa delle donne”, con sede a Bologna, vero centro d’eccellenza,  tiene costantemente aggiornato il triste elenco.  

Questi sono casi limite. Ma chi legge sa ipotizzare quante violenze non confessate si consumano all’interno della “protettiva”  famiglia? Gli addetti ai lavori ne dichiarano a migliaia. Donne che nel silenzio e nell’indifferenza dello stesso habitat familiare,  subiscono le sopraffazioni più degradanti. Si noti, inoltre, che il totale degli omicidi in Italia è in costante diminuzione. Dato, viceversa, che vediamo crescere drammaticamente nella vita di coppia. La crisi, l’abbandono, la volontà di voler chiudere il rapporto  troppo spesso finisce in tragedia. I segnali di questo epilogo, non di rado, sono evidenti sin dall’inizio della relazione: violenza verbale, psicologica, fisica. Sessuale ma anche economica. 

Purtroppo da noi, patria del diritto, mancano leggi per far sì che l’intervento delle forze dell’ordine, sulla violenza, avvenga nell’arco di 24/48 ore. Nella stragrande maggioranza, il territorio italiano è restio a un intervento “veloce” (ad esempio con l’allontanamento immediato del compagno/marito violento). Solo Bologna, davanti a simili avvenimenti, attua strategie diverse. E’ sufficiente una denuncia per far sì che gli organi di polizia interferiscano subito, proteggendo la potenziale vittima con vari sistemi. Primo fra tutti, inserire la donna in un ambiente sicuramente protetto. I fatti sono inquinati e avvelenati, oltre che dagli accadimenti anche dai luoghi comuni: la “violenza”, il femminicidio,   n o n     esiste!  Discriminazione inaccettabile anche sui “ruoli”.  Uno sguardo all’Europa e ci si rende subito conto che combattere lo stalking è fondamento di tutte le politiche di pari opportunità. Da noi tristemente no! Il “maschio italiano”  può fare e dire cose terribili, non di rado supportato anche da alcune sentenze veramente impensabili per un paese civile. La brutalità contro noi donne dovrebbe essere assunta come tema di rilievo istituzionale. 

Mancano codici seri di regolamentazione sull’uso del corpo femminile, ad esempio in pubblicità. Nessuno dimentica alcune campagne stampa effettuate dal Ministero competente il cui fine, certamente, era quello di “aiutare” il problema, ma  sono stati usati argomenti tra i più usurati: la donna “immagine” come una rosa bianca, pura, fragile e bisognosa di protezione. Obiettivo totalmente mancato. Bisognerebbe decodificare trame, messaggi e possibili ruoli. 

Spesso tendiamo a sdrammatizzare gli orrendi crimini, aiutati da una collettività, lo dobbiamo ammettere, che fatica a capire e dimostra profonda indifferenza al problema. A volte la terribile realtà e tanti fatti feroci, sarebbero la sintesi di ciò che ci riserva “l’amore della nostra vita”!! Questo delicatissimo argomento, a mio parere, sarebbe da portare nelle aule scolastiche, inserirlo in un’ora alternativa a qualche altra materia non importante. Quante donne, anche di fronte a chiari segnali di aggressività, non si sentono pronte a chiudere il rapporto al primo accenno di disagio. In ogni essere umano primeggia la convinzione di saper cambiare il proprio compagno. 

Non si capisce se per la paura di dover voltare ancora una volta pagina o per una sorta  di sopravvalutazione delle proprie capacità di adattamento. Sarebbe indispensabile poter creare dei “centri” zonali di accoglienza, dove molte di queste persone possano essere sostenute non solo sul piano psicologico, ma anche abitativo e di lavoro. Senza sottovalutare il problema della coppia con figli, piccoli o adolescenti, la cui presenza aggrava di più la già disastrata situazione. 

Ci troviamo di fronte  ad uno spettacolo di abusi e maltrattamenti, vero “stalking”, quest’ultimo, seppur disciplinato da una buona legge, non regge di fronte a una sì brutale realtà. Andrebbe potenziata, unitamente ad una seria e concreta formazione degli operatori, delle forze dell’ordine, centri sociali. Non si può attendere il peggio, dando solo consigli concepiti sui luoghi comuni,  invitando  alla sopportazione per il bene…..della famiglia, dei ragazzi nati dal rapporto, ecc., ecc….. Solo pannicelli caldi. 

Viceversa, sarebbe utile pubblicizzare l’esistenza (e ci sono) delle “Case di accoglienza”, con i loro numeri verdi, sorte essenzialmente per aiutare e risolvere i problemi, unitamente al Governo che deve accollarsi il pesante carico economico.   

Detto ciò, la situazione resta terribile. Certamente le leggi non possono essere solo punitive; andrebbe considerata la possibilità di risocializzare il colpevole. Servirebbero cliniche specializzate, ad hoc, come negli Stati Uniti che attuano veri percorsi terapeutici che consentono il recupero del soggetto il cui fatto, non trascurabile, permetterebbe anche di diminuire il numero delle vittime.  

Per concludere, credo che agli uomini, quale che sia la loro levatura culturale, manchi, non di rado,  il concetto primario di saper accettare una storia che finisce “anche” per mano della propria compagna. Essere lasciati non può essere considerato una sorta di  lesa maestà, un’onta. 

Su queste tragedie non incide tanto il dolore per aver perso la propria donna, quanto l’affronto pubblico! Alcuni uomini sono tuttora schiavi di questa mentalità e gli psichiatri dichiarano che, addirittura, potrebbe essere un fatto liberatorio uccidere: così finisce la vergogna di essere stati privati del loro oggetto preferito.  

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