L’altro lato del rischio climatico
I cambiamenti climatici che pian piano stanno sconvolgendo il nostro ecosistema sono uno dei temi più dibattuti tra gli assicuratori, i risk manager e i clienti che devono approntare nuove strategie, per evitare che le loro attività siano pesantemente influenzate da questi fattori.
Quello che spesso sfugge agli occhi degli operatori è che, per il momento, non sono tanto i cambiamenti in sé a impattare sulle aziende, quanto le nuove normative legate al clima. Che impongono di mettere in atto determinati processi, per prevenire piuttosto che curare quando sarà troppo tardi.
In molti settori (non ultimi quelli assicurativo e bancario), molte grandi realtà stanno cominciando a relazionarsi con il cambiamento climatico in un modo nuovo. Non più vedendolo come un rischio, ma come un’opportunità di differenziarsi dai competitor, implementando nuovi business model.
PriceWaterhouseCoopers ha rilevato, infatti, all’interno di una ricerca nel settore dei supermercati inglesi, che la catena Asda ha cominciato ad agire in questa direzione, sul presupposto che il 90% della filiera dei punti vendita dipendeva da aree geografiche ad alto rischio climatico. Con un elevato grado di pericolo sia per le materie prime da acquistare che per le infrastrutture di proprietà dei fornitori.
Le azioni intraprese da Asda sono state semplici, ma quanto mai efficaci per differenziarsi dalla concorrenza e ottenere un vantaggio competitivo non indifferente, sia in termini finanziari che di reputazione. Investendo per migliorare la sicurezza delle aree a rischio, infatti, l’azienda ha diminuito drasticamente le probabilità che un evento meteorologico avverso potesse far cessare le importazioni da determinati paesi.
Sempre PwC, lo scorso anno, ha rilevato che tra 1.300 top manager provenienti da 68 paesi, il cambiamento climatico era una preoccupazione nella metà dei casi. Se invece si scende nel dettaglio del settore energetico, la percentuale è addirittura del 75%.
Una consapevolezza notevole, quindi. Dettata non solo dai cambiamenti in sé, ma anche dalle nuove normative volte all’eco-sostenibilità che molte amministrazioni stanno promuovendo e con le quali le aziende devono fare i conti. Un settore che si sta dando molto da fare da questo punto di vista è quello automobilistico. Che cerca di prevenire il rischio producendo macchine sempre più efficienti e a prova di surriscaldamento globale. In un circolo di causa-effetto in cui nessuno può esimersi da compiere un’azione per limitare i danni.
Ecco allora che sono sempre di più le auto elettriche o ibride in circolazione. Escono dalle catene di montaggio di aziende che cercando di sbaragliare la concorrenza. Ma mentre la scienza continua a fare previsioni sul lungo termine, vediamo che gli imprenditori devono applicare il fattore climatico nel breve periodo. Sul fronte delle decisioni vitali per il business. Tutto ciò non è semplice, ma sono piccoli passi che mostrano la capacità delle aziende di adattarsi a ogni cambiamento. Anche il più impercettibile. Senza attendere inutilmente, ma prevenendo e guardando al futuro sempre in ottica positiva.
Quello che spesso sfugge agli occhi degli operatori è che, per il momento, non sono tanto i cambiamenti in sé a impattare sulle aziende, quanto le nuove normative legate al clima. Che impongono di mettere in atto determinati processi, per prevenire piuttosto che curare quando sarà troppo tardi.
In molti settori (non ultimi quelli assicurativo e bancario), molte grandi realtà stanno cominciando a relazionarsi con il cambiamento climatico in un modo nuovo. Non più vedendolo come un rischio, ma come un’opportunità di differenziarsi dai competitor, implementando nuovi business model.
PriceWaterhouseCoopers ha rilevato, infatti, all’interno di una ricerca nel settore dei supermercati inglesi, che la catena Asda ha cominciato ad agire in questa direzione, sul presupposto che il 90% della filiera dei punti vendita dipendeva da aree geografiche ad alto rischio climatico. Con un elevato grado di pericolo sia per le materie prime da acquistare che per le infrastrutture di proprietà dei fornitori.
Le azioni intraprese da Asda sono state semplici, ma quanto mai efficaci per differenziarsi dalla concorrenza e ottenere un vantaggio competitivo non indifferente, sia in termini finanziari che di reputazione. Investendo per migliorare la sicurezza delle aree a rischio, infatti, l’azienda ha diminuito drasticamente le probabilità che un evento meteorologico avverso potesse far cessare le importazioni da determinati paesi.
Sempre PwC, lo scorso anno, ha rilevato che tra 1.300 top manager provenienti da 68 paesi, il cambiamento climatico era una preoccupazione nella metà dei casi. Se invece si scende nel dettaglio del settore energetico, la percentuale è addirittura del 75%.
Una consapevolezza notevole, quindi. Dettata non solo dai cambiamenti in sé, ma anche dalle nuove normative volte all’eco-sostenibilità che molte amministrazioni stanno promuovendo e con le quali le aziende devono fare i conti. Un settore che si sta dando molto da fare da questo punto di vista è quello automobilistico. Che cerca di prevenire il rischio producendo macchine sempre più efficienti e a prova di surriscaldamento globale. In un circolo di causa-effetto in cui nessuno può esimersi da compiere un’azione per limitare i danni.
Ecco allora che sono sempre di più le auto elettriche o ibride in circolazione. Escono dalle catene di montaggio di aziende che cercando di sbaragliare la concorrenza. Ma mentre la scienza continua a fare previsioni sul lungo termine, vediamo che gli imprenditori devono applicare il fattore climatico nel breve periodo. Sul fronte delle decisioni vitali per il business. Tutto ciò non è semplice, ma sono piccoli passi che mostrano la capacità delle aziende di adattarsi a ogni cambiamento. Anche il più impercettibile. Senza attendere inutilmente, ma prevenendo e guardando al futuro sempre in ottica positiva.
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