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Joint venture pubblico-privato o fregatura?

L’Italia è ancora in difficoltà a causa della crisi economica e ha, quindi, la necessità di trovare finalmente una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato: il comparto assicurativo sarebbe l’interlocutore con più possibilità.
Il direttore generale dell’Ania, Dario Focarelli, in un’udizione alla commissione Industria del Senato, ha detto quanto segue: “le compagnie italiane hanno avuto negli ultimi anni un ciclo diverso da quelle degli altri Paesi e, per alcuni versi, più positivo. La ragione va ricercata anche nell’acquisto di molti titoli di Stato italiani nel periodo della crisi, realizzando 100 miliardi, in tre anni, di capital gain”.
Sul piano patrimoniale le imprese italiane sono ok e nessuna compagnia nostrana ha avuto problemi con gli stress test.

Perché chiedere alle imprese di assicurazione italiane di riflettere attentamente sul loro auspicabile incisivo, quanto utile, intervento per sostenere una crescita favorevole alla collettività, che chiede a gran voce tutela e servizi, senza coinvolgere ulteriormente i conti pubblici, già di per sé malandati?
Abbiamo buone ragioni per credere che questa situazione economica impedisca al Governo un intervento massiccio sul welfare, anche se sarebbe indispensabile: sistemi sociali carenti e dispendiosi, senza controlli per migliorarne i risultati che dovrebbero garantire alla popolazione la fruizione di servizi eccellenti.
In quest’ottica, l’Italia fa acqua da tutte le parti.
Le prestazioni cliniche e ospedaliere perseverano nel continuo calo di qualità e aumento dei costi, tra ticket, medicine non  ascrivibili al sistema sanitario nazionale e pensioni la cui erogazione si allontana sempre di più.
L’assistenza per la terza età è un dramma sociale.
Aggiungiamo, senza voler essere troppo pessimisti, le catastrofi naturali, in un territorio, come il nostro stivale, tellurico e franoso. L’Aquila docet: tante macerie, tante vittime e, purtroppo, a oggi solo tante parole…
Avremmo quindi da auspicarci un’urgente joint venture, un nuovo accordo di collaborazione pubblico-privato. Un ulteriore sforzo dell’Ania, in quanto, va detto, l’Associazione delle imprese è intervenuta generosamente più volte. Ci vogliono risorse utili allo sviluppo ma anche un piano assolutamente innovativo che dia soluzioni assicurative, dove prevalga la maggiore necessità. Anche Comuni, Province e Regioni dovrebbero attivarsi in tale senso, cercando di coinvolgere tutti i singoli cittadini.
Far partecipare la collettività su larga scala, dando un serio servizio ai cittadini e spalmando i costi, che allora sì diventerebbero modesti, su tutte le famiglie, graduandoli secondo le effettive possibilità.  
Si avrebbero dei margini di risparmio enormi, che consentirebbero di prestare almeno quelle garanzie che si reputano irrinunciabili.
Un coinvolgimento ampio, in questo senso, potrebbe prestare un aiuto importante al welfare della nazione.
Si dovrebbero aprire tavoli di confronto e ampie discussioni pubbliche, tra politica, Ania e consumatori, giusto anche per sensibilizzare la società civile.
Prendiamo, ad esempio, la previdenza integrativa, se ben utilizzata nel corso di una decina di lustri, potrebbe apportare sollievo alle casse dello Stato e maggiori certezze al sottoscrittore di una polizza vita.
Vanno poi prese in considerazione anche le polizze di puro rischio, di cui l’italiano sta prendendo coscienza, e lo si evince dalle statistiche.
Andrebbero presi in considerazione interventi nuovi, quali la portabilità dei versamenti e soluzioni fiscali atte a incentivarne la raccolta, che vadano a sollecitare anche i giovani per garantire loro un futuro meno buio,
Certo crisi e disoccupazione non aiutano. Occorrerebbe anche, nel mondo industriale e cooperativo, riscoprire le polizze collettive, per dare un impulso a una nuova previdenza aziendale.

Sappiamo tutti che il costo del prodotto assicurativo svolge un ruolo fondamentale sia per la compagnia, sia per i consumatori e sia per l’autorità di vigilanza. Da un lato le imprese cercano di abbassare i costi per migliorare la propria redditività, dall’altro esiste una precisa aspettativa da parte degli assicurati per ottenere trasparenza selle garanzie.
L’analisi e le valutazioni dei prodotti possono essere influenzati da fattori aggiuntivi e, nel caso si riuscisse a creare una forte logica di collaborazione tra pubblico-privato, avremmo già iniziato un percorso atto a portare benefici a tutti. Se ne parla da tanto tempo e spesso, sull’argomento, si ci sono state alcune contraddizioni, tra le roboanti enunciazioni del dire e la poca sostanza (o volontà) nel fare.

Occorre, quindi, innalzare la cultura assicurativa.
Ho scritto tante altre volte che, a mio parere, dovremmo iniziare dalle scuole elementari e via via incidere concretamente sui giovani durante la formazione. Senza scordare che la diffidenza verso il settore assicurativo è sempre in agguato.
La digitalizzazione può creare una maggiore familiarità con i prodotti assicurativi, ma essi, in gran parte, sono scritti in assicuratese.
Quindi, una maggiore consapevolezza nell’acquisto di una polizza non dipende solo dall’intermediario ma, soprattutto, delle varie compagnie che emettono il contratto. Esse devono mostrare un’informativa chiara, alla portata intellettuale di tutti e, soprattutto, non devono confondere le idee al potenziale acquirente con prezzi maggiorati tra il 25 e 35% se acquistate presso l’agenzia rispetto al web.
Si può acculturare la collettività con questo sistema ibrido?
Credo si corra il ragionevole rischio di indispettire i potenziali clienti che si chiederanno dove sta la fregatura.



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