Aviva presenta un piano di razionalizzazione di asset non-core
Il neo presidente John McFarlane scrive una lettera agli stakeholder
06/07/2012
Cessioni, semplificazioni della struttura di business, riduzione delle spese. In clima di spending review, Aviva ha intrapreso una serie di interventi tesi a favorire una valorizzazione della società e un conseguente miglioramento della redditività. E' quanto ha comunicato il neo presidente, John McFarlane, in carica dal primo luglio, in una lettera indirizzata agli stakeholder.
In questo piano, il colosso inglese delle assicurazioni ha annunciato anche la dismissione di piccole partnership in Italia definite non-core e, contemporaneamente, il presidente ha ricordato che in giugno Aviva ha ridotto l'esposizione al debito sovrano italiano di poco meno di 2 miliardi di euro. Una mossa, quest'ultima, che acuisce le perplessità intorno agli investimenti nella zona periferica dell'Euro.
Ma andiamo con ordine. Oggi Aviva ha annunciato di aver ceduto per 318 milioni di sterline il 21% del capitale della filiale olandese Delta Lloyd, di cui detiene ora il 19% circa. L'offerta è stata finalizzata con molto successo, grazie alla forte domanda degli investitori, che hanno permesso di portare l'operazione dagli iniziali 25 milioni a 37 milioni di titoli", ha sottolineato la compagnia.
Quindi non si è cominciato dall'Italia. Ma nella lettera di McFarlane si parla di ben "16 segmenti che attualmente producono o prospetticamente produrranno rendimenti sotto le aspettative del gruppo e che verranno dismessi, con un ritorno di 6 miliardi sul capitale, 300 milioni di sterline di profitto operativo al netto delle imposte, e il 5% di ritorno sul capitale. Tra questi ci sono asset in Corea del Sud, Regno Unito e alcune piccole partnership in Italia". Unicredit rimane invece un asset da mantenere, seppur con miglioramenti.
Il manager ha poi annunciato il progetto di una riduzione delle spese di 400 milioni di sterline rispetto alla fine del 2011, tramite tagli dei costi che coinvolgeranno il centro del gruppo, gli oneri per il supporto e la tecnologia e altri costi operativi. Previsto anche un forte intervento sul management e una riduzione dei dirigenti.
"Il nuovo obiettivo di Aviva - si legge nel documento - è raggiungere livelli di capitale pari al 175% del necessario, il che richiederà ulteriori fondi. Inoltre, abbiamo intenzione di abbassare il livello di leva finanziaria esterna, senza però ridurre l'indebitamento interno al gruppo".
Ma gli azionisti non si sentano chiamati in causa per un eventuale aumento di capitale. McFarlane è chiaro: "questo obiettivo in gran parte può essere raggiunto attraverso cessioni: non è nostra intenzione al momento raccogliere nuovo capitale".
Del resto il presidente è sollecitato proprio dagli azionisti principali a prendere decisioni forti, per mitigare, come scrive egli stesso nella lettera, "le preoccupazioni legittime e la loro delusione per le nostre prestazioni".
In questo piano, il colosso inglese delle assicurazioni ha annunciato anche la dismissione di piccole partnership in Italia definite non-core e, contemporaneamente, il presidente ha ricordato che in giugno Aviva ha ridotto l'esposizione al debito sovrano italiano di poco meno di 2 miliardi di euro. Una mossa, quest'ultima, che acuisce le perplessità intorno agli investimenti nella zona periferica dell'Euro.
Ma andiamo con ordine. Oggi Aviva ha annunciato di aver ceduto per 318 milioni di sterline il 21% del capitale della filiale olandese Delta Lloyd, di cui detiene ora il 19% circa. L'offerta è stata finalizzata con molto successo, grazie alla forte domanda degli investitori, che hanno permesso di portare l'operazione dagli iniziali 25 milioni a 37 milioni di titoli", ha sottolineato la compagnia.
Quindi non si è cominciato dall'Italia. Ma nella lettera di McFarlane si parla di ben "16 segmenti che attualmente producono o prospetticamente produrranno rendimenti sotto le aspettative del gruppo e che verranno dismessi, con un ritorno di 6 miliardi sul capitale, 300 milioni di sterline di profitto operativo al netto delle imposte, e il 5% di ritorno sul capitale. Tra questi ci sono asset in Corea del Sud, Regno Unito e alcune piccole partnership in Italia". Unicredit rimane invece un asset da mantenere, seppur con miglioramenti.
Il manager ha poi annunciato il progetto di una riduzione delle spese di 400 milioni di sterline rispetto alla fine del 2011, tramite tagli dei costi che coinvolgeranno il centro del gruppo, gli oneri per il supporto e la tecnologia e altri costi operativi. Previsto anche un forte intervento sul management e una riduzione dei dirigenti.
"Il nuovo obiettivo di Aviva - si legge nel documento - è raggiungere livelli di capitale pari al 175% del necessario, il che richiederà ulteriori fondi. Inoltre, abbiamo intenzione di abbassare il livello di leva finanziaria esterna, senza però ridurre l'indebitamento interno al gruppo".
Ma gli azionisti non si sentano chiamati in causa per un eventuale aumento di capitale. McFarlane è chiaro: "questo obiettivo in gran parte può essere raggiunto attraverso cessioni: non è nostra intenzione al momento raccogliere nuovo capitale".
Del resto il presidente è sollecitato proprio dagli azionisti principali a prendere decisioni forti, per mitigare, come scrive egli stesso nella lettera, "le preoccupazioni legittime e la loro delusione per le nostre prestazioni".
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