Problemi di antitrust, saltano due M&A negli Usa
Niente più nozze né tra Aetna e Humana, né tra Cigna e Anthem
15/02/2017
Salta tutto. Niente più nozze tra Aetna e Humana, e nemmeno tra Cigna e Anthem. Quelli che avrebbero dovuto essere due dei più grandi merger del mercato assicurativo Usa, annunciati con grande enfasi nel 2015, sono naufragati. Una vera e propria catena di reazioni iniziata con lo stop imposto a gennaio da un giudice statunitense alla fusione tra Aetna e Humana, che avevano sottoscritto un accordo da 34 miliardi di dollari. I due colossi delle assicurazioni mediche hanno deciso di non ricorrere in appello contro quanto stabilito dal tribunale, che ha motivato la propria decisione con i possibili problemi di antitrust. I due gruppi assicurativi hanno concordato di chiudere le trattative e di fare saltare definitivamente l’accordo: come si legge in una nota, la decisione “è stata consensuale” e Humana (come previsto dall’accordo originario) pagherà una penale di un miliardo di dollari (circa 630 milioni di dollari al netto delle tasse). Il mese scorso Aetna aveva valutato la possibilità di appello, ma ha poi prevalso la convinzione che la strada sarebbe stata in salita perché difficilmente le autorità avrebbero cambiato la propria posizione dando il via libera alla fusione.
Ma la giustizia Usa ha bloccato anche l’altro merger, tra Cigna e Anthem, per i medesimi problemi di antitrust. Cinque giorni dopo, Cigna ha chiesto ad Anthem il versamento di 1,85 miliardi di dollari per la mancata fusione e, in aggiunta, ha chiesto un risarcimento di oltre 13 miliardi di dollari. Secondo Anthem, però, Cigna non ha il diritto di porre unilateralmente fine all’accordo per una fusione dal valore di 48 miliardi di dollari. Anthem, in un comunicato, sostiene che la mossa di Cigna non sia valida, e ha affermato di voler “far rispettare i suoi diritti nell’ambito dell’accordo di fusione e resta impegnata a completare la transazione”.
Gli accordi per le acquisizioni erano stati sottoscritti in un contesto di grande fermento per il settore dell’health insurance statunitense, che nel 2015 ha vissuto un momento di forte consolidamento dopo che la Corte Suprema statunitense aveva dato il via libera a una delle principali disposizioni in materia fiscale riguardante l’Affordable care act (più noto come Obamacare), la riforma sanitaria fortemente voluta dall’ex presidente Usa, Barack Obama.
I grandi player del mercato avevano quindi cercato di consolidarsi, ampliando la propria stazza per ridurre le spese, elementi che le aiuterebbero a fare i conti con gli erogatori di servizi sanitari che si stavano espandendo in parte grazie alle nuove forme di pagamento incoraggiate dalla riforma, ora abolita da un decreto del neo presidente Donald Trump.
Ma la giustizia Usa ha bloccato anche l’altro merger, tra Cigna e Anthem, per i medesimi problemi di antitrust. Cinque giorni dopo, Cigna ha chiesto ad Anthem il versamento di 1,85 miliardi di dollari per la mancata fusione e, in aggiunta, ha chiesto un risarcimento di oltre 13 miliardi di dollari. Secondo Anthem, però, Cigna non ha il diritto di porre unilateralmente fine all’accordo per una fusione dal valore di 48 miliardi di dollari. Anthem, in un comunicato, sostiene che la mossa di Cigna non sia valida, e ha affermato di voler “far rispettare i suoi diritti nell’ambito dell’accordo di fusione e resta impegnata a completare la transazione”.
Gli accordi per le acquisizioni erano stati sottoscritti in un contesto di grande fermento per il settore dell’health insurance statunitense, che nel 2015 ha vissuto un momento di forte consolidamento dopo che la Corte Suprema statunitense aveva dato il via libera a una delle principali disposizioni in materia fiscale riguardante l’Affordable care act (più noto come Obamacare), la riforma sanitaria fortemente voluta dall’ex presidente Usa, Barack Obama.
I grandi player del mercato avevano quindi cercato di consolidarsi, ampliando la propria stazza per ridurre le spese, elementi che le aiuterebbero a fare i conti con gli erogatori di servizi sanitari che si stavano espandendo in parte grazie alle nuove forme di pagamento incoraggiate dalla riforma, ora abolita da un decreto del neo presidente Donald Trump.
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