Un nuovo approccio per far ripartire la natalità
Fragili e poco sostenute dal pubblico, le giovani coppie italiane fanno affidamento sui nonni, sia per il supporto economico, sia per quello educativo. Se ne parla nel quinto rapporto di Assimoco sul neo-welfare
11/05/2018
Si chiama alloparentalità. È la parola utilizzata per inquadrare il ruolo dei nonni e dei parenti in termini di aiuti economici ma anche di supporto nelle attività quotidiane. In Italia questo supporto è sempre più determinante. Basta citare un dato: in Italia il 70,1% delle coppie con figli piccoli si appoggia ai nonni per la gestione della vita quotidiana dei figli, e il 36,5% delle famiglie riceve aiuti in denaro da genitori e suoceri, per un ammontare complessivo di 11 miliardi di euro. Questa istantanea è stata scattata dall’ultimo Rapporto sul neo-welfare del gruppo Assimoco che, consapevole dell’importante ruolo sociale degli assicuratori, da cinque anni fotografa i cambiamenti sociali delle famiglie italiane e individua i bisogni emergenti.
Il rapporto, presentato mercoledì 9 maggio a Milano, ha scavato a fondo i tanti nervi scoperti che da tempo affliggono il nostro Paese: su tutti, la bassa natalità. Un problema molto grave, di cui forse c’è una consapevolezza ancora poco diffusa, ma dagli effetti devastanti tra alcune decine di anni, se nel frattempo non sarà messa in campo un’inversione di tendenza.
Figlio mio quanto mi costi: 180 mila euro
Che in Italia si facciano pochi figli non è una novità. Ma il rapporto di Assimoco, realizzato in collaborazione con Ermeneia, ha voluto confrontare la situazione italiana con quella internazionale, per capire i motivi che hanno delineato questa situazione. Ad esempio emerge che in Italia soltanto il 12,6% dei bambini tra 0 e 3 anni frequenta l’asilo nido e soltanto il 55,7% dei comuni offre servizi per la prima infanzia. Numeri che parlano da sé. Il costo diretto per mantenere un figlio fino ai 18 anni in Italia ammonta a 180mila euro. Il dato è in linea con la media europea, ma bisogna considerare che in Italia la permanenza dei figli con mamma e papà è più prolungata di cinque anni rispetto a quello che avviene negli altri Paesi Ue.
Meno male che il nonno c’è
In un contesto del genere, la fragilità e l’instabilità economica delle giovani coppie porta, come si diceva all’inizio, a chiedere ai parenti un supporto economico ed educativo. Sul primo fronte, il danaro che passa dai nonni ai nipotini da zero a cinque anni ammonta complessivamente a 2,7 miliardi di euro. Ma non è meno importante il contributo educativo. “L’80% dei nonni – ha spiegato il presidente di Ermeneia, Nadio Delai – dedica una quota consistente del proprio tempo ai nipotini. Quasi il 60% le famiglie fa ricorso al supporto dei nonni, anche e soprattutto per la loro capacità nella trasmissione di valori ai nipotini. La figura del nonno spesso è centrale nel rapporto educativo. Nella quasi totalità dei casi si tratta un aiuto essenziale”. Delai rileva una consapevolezza diffusa anche sul ruolo dell’asilo, sia nel rafforzamento delle capacità dei bambini, sia nell’empowerment dei genitori. Il 90% degli intervistati attribuisce all’asilo una funzione fondamentale per quanto riguarda la socializzazione e lo sviluppo dell’apprendimento, mentre il 70% ritiene che l’asilo sia fondamentale anche per l’empowerment dei genitori, che possono la possibilità di proseguire la propria carriera lavorativa”. Del resto l’Italia, spiega il rapporto di Assimoco, si distingue per i bassi livelli di occupazione materna. Le misure per ridurre i costi diretti e indiretti della gestione dei figli sono costituite principalmente da congedi di maternità e parentali, srrvizi per l’infanzia e politiche di sostegno al reddito.
Tra aspettative e dura realtà
Alla luce di questa situazione come è possibile, dunque, mettere in campo politiche di successo? Secondo il professor Alessandro Rosina, ordinario di Demografia presso l’Università Cattolica di Milano, il primo passo da fare è sintonizzarsi sulle specificità culturali del nostro Paese e sui cambiamenti in atto nella società: “una visione che per anni, in Italia, è mancata”. Non si è voluto guardare al futuro. E si è disinvestito sulle nuove generazioni. Il risultato si riflette nei numeri della bassa natalità. Eppure si potrebbe invertire la tendenza, importando in Italia le buone pratiche provenienti dall’estero. Rosina fa gli esempi di Svezia, Francia e Stati Uniti, dove i tassi di fecondità sono elevati. Le difficoltà, ha spiegato Rosina, si osservano non solo nel numero di figli per coppia, ma anche sull’età in cui si hanno. “In Italia l’età media del primo figlio è passata dai 25 anni (negli anni ’70) ai 31 anni attuali. Un’età che corrisponde a quella in Francia si ha il secondo figlio”. Eppure l’età in cui si desiderano i figli è di 28 anni tanto in Francia quanto in Italia, ma nel nostro Paese “il numero dei figli realizzato è inferiore anche alle aspettative di quanti figli si vorrebbero idealmente”. Rosina, che per lo studio di Assimoco ha analizzato i livelli di fecondità media degli Stati europei e le metropoli, ha osservato che Parigi e Berlino presentano un numero medio di figli più basso rispetto ai rispettivi paesi, mentre Madrid e Milano si mantengono al di sopra della propria media nazionale. Tra le grandi città considerate, Roma risulta quella con dinamiche recenti più negative, con un percorso opposto a quello positivo di Berlino. A incidere, oltre alle politiche nazionali, le iniziative messe in atto dai singoli comuni per migliorare la conciliazione fra tempi di lavoro e tempi per la famiglia, “ancor più importante nelle grandi città, dove la percentuale di donne che lavorano tende a essere maggiore che altrove”, ha affermato Rosina.
Pensando alle nuove famiglie
Il settore assicurativo può offrire un prezioso contributo per accompagnare l’Italia ad avviare un trend virtuoso. Secondo il dg di Assimoco, Ruggero Frecchiami, serve pensare in una logica di sistemi di welfare: welfare familiare, welfare aziendale, welfare di comunità. Frecchiami individua tre parole per il futuro. “La prima è responsabilità, cioè passare da una cultura del lamento a una delle soluzioni. La seconda è cooperazione, perché è solo uniti che si riesce a risolvere i problemi. La terza è creatività: immaginare nuove strade per bisogni emergenti”. Proprio in questa prospettiva si inquadrano le due nuove soluzioni che Assimoco ha presentato assieme al report. La prima soluzione, Mamma Mia (che sarà lanciata il 31 maggio) ha l’obiettivo di supportare le famiglie italiane nel conciliare attività lavorativa e gestione della famiglia, “fornendo assistenza nei momenti di emergenza e consulenza su argomenti di specifico interesse” ha spiegato Frecchiami. L’altra soluzione si chiama Sogni Sicuri (anch’essa lanciata il 31 maggio), un piano di accumulo del capitale che prova a intercettare i cambiamenti sociali in atto tra le famiglie. “Parlando della genesi del nostro piano di accumulo capitale, va detto che la famiglia e il suo ciclo di vita ci pongono di fronte alla responsabilità di fornire risposte concrete alle diverse esigenze che si possono manifestare, come separazione o divorzi. Le polizze assicurative possono essere un valido strumento per la soluzione alle problematiche familiari e al welfare privato”.
Il rapporto, presentato mercoledì 9 maggio a Milano, ha scavato a fondo i tanti nervi scoperti che da tempo affliggono il nostro Paese: su tutti, la bassa natalità. Un problema molto grave, di cui forse c’è una consapevolezza ancora poco diffusa, ma dagli effetti devastanti tra alcune decine di anni, se nel frattempo non sarà messa in campo un’inversione di tendenza.
Figlio mio quanto mi costi: 180 mila euro
Che in Italia si facciano pochi figli non è una novità. Ma il rapporto di Assimoco, realizzato in collaborazione con Ermeneia, ha voluto confrontare la situazione italiana con quella internazionale, per capire i motivi che hanno delineato questa situazione. Ad esempio emerge che in Italia soltanto il 12,6% dei bambini tra 0 e 3 anni frequenta l’asilo nido e soltanto il 55,7% dei comuni offre servizi per la prima infanzia. Numeri che parlano da sé. Il costo diretto per mantenere un figlio fino ai 18 anni in Italia ammonta a 180mila euro. Il dato è in linea con la media europea, ma bisogna considerare che in Italia la permanenza dei figli con mamma e papà è più prolungata di cinque anni rispetto a quello che avviene negli altri Paesi Ue.
Meno male che il nonno c’è
In un contesto del genere, la fragilità e l’instabilità economica delle giovani coppie porta, come si diceva all’inizio, a chiedere ai parenti un supporto economico ed educativo. Sul primo fronte, il danaro che passa dai nonni ai nipotini da zero a cinque anni ammonta complessivamente a 2,7 miliardi di euro. Ma non è meno importante il contributo educativo. “L’80% dei nonni – ha spiegato il presidente di Ermeneia, Nadio Delai – dedica una quota consistente del proprio tempo ai nipotini. Quasi il 60% le famiglie fa ricorso al supporto dei nonni, anche e soprattutto per la loro capacità nella trasmissione di valori ai nipotini. La figura del nonno spesso è centrale nel rapporto educativo. Nella quasi totalità dei casi si tratta un aiuto essenziale”. Delai rileva una consapevolezza diffusa anche sul ruolo dell’asilo, sia nel rafforzamento delle capacità dei bambini, sia nell’empowerment dei genitori. Il 90% degli intervistati attribuisce all’asilo una funzione fondamentale per quanto riguarda la socializzazione e lo sviluppo dell’apprendimento, mentre il 70% ritiene che l’asilo sia fondamentale anche per l’empowerment dei genitori, che possono la possibilità di proseguire la propria carriera lavorativa”. Del resto l’Italia, spiega il rapporto di Assimoco, si distingue per i bassi livelli di occupazione materna. Le misure per ridurre i costi diretti e indiretti della gestione dei figli sono costituite principalmente da congedi di maternità e parentali, srrvizi per l’infanzia e politiche di sostegno al reddito.
Tra aspettative e dura realtà
Alla luce di questa situazione come è possibile, dunque, mettere in campo politiche di successo? Secondo il professor Alessandro Rosina, ordinario di Demografia presso l’Università Cattolica di Milano, il primo passo da fare è sintonizzarsi sulle specificità culturali del nostro Paese e sui cambiamenti in atto nella società: “una visione che per anni, in Italia, è mancata”. Non si è voluto guardare al futuro. E si è disinvestito sulle nuove generazioni. Il risultato si riflette nei numeri della bassa natalità. Eppure si potrebbe invertire la tendenza, importando in Italia le buone pratiche provenienti dall’estero. Rosina fa gli esempi di Svezia, Francia e Stati Uniti, dove i tassi di fecondità sono elevati. Le difficoltà, ha spiegato Rosina, si osservano non solo nel numero di figli per coppia, ma anche sull’età in cui si hanno. “In Italia l’età media del primo figlio è passata dai 25 anni (negli anni ’70) ai 31 anni attuali. Un’età che corrisponde a quella in Francia si ha il secondo figlio”. Eppure l’età in cui si desiderano i figli è di 28 anni tanto in Francia quanto in Italia, ma nel nostro Paese “il numero dei figli realizzato è inferiore anche alle aspettative di quanti figli si vorrebbero idealmente”. Rosina, che per lo studio di Assimoco ha analizzato i livelli di fecondità media degli Stati europei e le metropoli, ha osservato che Parigi e Berlino presentano un numero medio di figli più basso rispetto ai rispettivi paesi, mentre Madrid e Milano si mantengono al di sopra della propria media nazionale. Tra le grandi città considerate, Roma risulta quella con dinamiche recenti più negative, con un percorso opposto a quello positivo di Berlino. A incidere, oltre alle politiche nazionali, le iniziative messe in atto dai singoli comuni per migliorare la conciliazione fra tempi di lavoro e tempi per la famiglia, “ancor più importante nelle grandi città, dove la percentuale di donne che lavorano tende a essere maggiore che altrove”, ha affermato Rosina.
Pensando alle nuove famiglie
Il settore assicurativo può offrire un prezioso contributo per accompagnare l’Italia ad avviare un trend virtuoso. Secondo il dg di Assimoco, Ruggero Frecchiami, serve pensare in una logica di sistemi di welfare: welfare familiare, welfare aziendale, welfare di comunità. Frecchiami individua tre parole per il futuro. “La prima è responsabilità, cioè passare da una cultura del lamento a una delle soluzioni. La seconda è cooperazione, perché è solo uniti che si riesce a risolvere i problemi. La terza è creatività: immaginare nuove strade per bisogni emergenti”. Proprio in questa prospettiva si inquadrano le due nuove soluzioni che Assimoco ha presentato assieme al report. La prima soluzione, Mamma Mia (che sarà lanciata il 31 maggio) ha l’obiettivo di supportare le famiglie italiane nel conciliare attività lavorativa e gestione della famiglia, “fornendo assistenza nei momenti di emergenza e consulenza su argomenti di specifico interesse” ha spiegato Frecchiami. L’altra soluzione si chiama Sogni Sicuri (anch’essa lanciata il 31 maggio), un piano di accumulo del capitale che prova a intercettare i cambiamenti sociali in atto tra le famiglie. “Parlando della genesi del nostro piano di accumulo capitale, va detto che la famiglia e il suo ciclo di vita ci pongono di fronte alla responsabilità di fornire risposte concrete alle diverse esigenze che si possono manifestare, come separazione o divorzi. Le polizze assicurative possono essere un valido strumento per la soluzione alle problematiche familiari e al welfare privato”.
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