Spese di Salvataggio
Gli articoli 1914 e 1915 del Codice Civile disciplinano l’obbligo dell’assicurato di adoperarsi per evitare il danno e per ridurne l’entità, prevedendo che le spese sostenute dal cliente in tal senso restino interamente a carico dell’assicuratore. Una questione non di poco conto che incide sulla risarcibilità del danno e sull’economia generale di un sinistro
09/06/2022
Si tratta di una voce tipica in ambito assicurativo, che riguarda le spese eventualmente sostenute dall’assicurato, dopo il verificarsi del sinistro, per evitare o ridurre i danni subìti da persone o dai beni oggetto della garanzia.
Il Codice civile prevede alcune norme che consentono alle compagnie di assicurazione di avere un miglior controllo dei rischi assicurati, evitando di dover coprire comportamenti eccessivamente disattenti – rispetto alle regole più essenziali di una corretta gestione del rischio – da parte degli assicurati.
Sono norme in buona parte non derogabili, ai sensi dell’articolo 1932 del Codice stesso, e che disciplinano l’obbligo dell’assicurato di adoperarsi per evitare che il danno si verifichi o – se lo stesso fosse già occorso – per ridurne l’entità.
Intervenire per contenere il danno è un obbligo
In tale contesto, l’articolo 1914 del Codice civile, intitolato “Obbligo di salvataggio”, prevede espressamente che l’assicurato debba fare il possibile per evitare o diminuire il danno. In tal caso, le spese da lui sostenute resteranno a carico dell’assicuratore, in proporzione al valore assicurato al momento del sinistro, anche se l’aggiunta del loro ammontare causasse il superamento della somma assicurata e anche se lo scopo di evitare che il danno si verifichi non venisse in effetti raggiunto.
Tutto ciò, ovviamente, purché tali spese non siano fatte in modo sconsiderato, come potrebbe accadere nel caso in cui, per recuperare un’autovettura rubata, l’assicurato spendesse cifre spropositate per spostarsi, conferire incarichi agli investigatori etc.
In base a tale norma, l’assicuratore risponderà quindi dei danni materiali direttamente derivati alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall’assicurato per evitare o diminuire il sinistro, intervenendo, se richiesto da quest’ultimo, per anticipare le spese da questi sostenute a tale fine o concorrere a esse, in proporzione al valore assicurato.
A ribadire la necessità di questo genere di intervento da parte dell’assicurato, il successivo articolo 1915 del Codice civile prevede che, se non volesse adempiere a tale obbligo, lo stesso perderà il proprio diritto all’indennizzo. Se tale svista fosse invece di carattere colposo e non doloso, l’assicuratore avrà il diritto di ridurre l’indennità, in ragione del pregiudizio sofferto.
Un riconoscimento per il ruolo attivo nel mitigare il rischio
È evidente come queste norme siano di vitale importanza nella gestione dei rapporti intercorrenti tra assicurato e compagnia di assicurazione, ed è interessante notare come non sia tanto il risultato dell’azione di salvataggio a contare: l’assicuratore dovrà infatti risarcire le spese sostenute dall’assicurato, anche nel caso in cui lo scopo del salvataggio non fosse raggiunto.
In poche parole, è l’interesse generale, ovvero la necessità di limitare il più possibile le conseguenze del danno occorso, a determinare la ratio di queste norme di legge, unitamente alla volontà di evitare che il sinistro possa in qualche modo risolversi in un guadagno per l’assicurato.
In pratica, si tratta dell’adattamento della norma prevista all’articolo 1227 del Codice civile – intitolato “Concorso del fatto colposo del creditore” – al mondo delle assicurazioni.
Il creditore (e dunque l’assicurato), infatti, non ha diritto al risarcimento dei danni che avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza e – se lo stesso avesse contribuito colposamente a cagionare il danno – l’ammontare del risarcimento dovuto dal debitore (ovvero, dall’assicuratore) verrà ridotto in misura corrispondente alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate.
La questione non è certo di poco conto, non solo perché ne va della risarcibilità del danno, ma perché l’impatto delle spese di salvataggio sull’economia generale di un sinistro può essere determinante. Pensiamo, ad esempio, ai costi per l’abbattimento di una parte di un edificio, allo scopo di creare una via di accesso per trarre in salvo il contenuto o parte di esso. E poiché tali spese devono essere sostenute dall’assicuratore, con norma inderogabile, è importante che l’assicurato abbia ben chiaro quali tipi di azione siano effettivamente classificabili come spese di salvataggio.
Una linea chiara della giurisprudenza
Le condizioni generali di assicurazione e le definizioni contenute nella polizza possono venire in aiuto ed è necessario controllarle attentamente, ma nell’ambito dell’assicurazione della responsabilità civile, la questione può risultare piuttosto complessa.
La giurisprudenza, infatti, non è concorde sul fatto che, oltre all’obbligo di resistere alle pretese del terzo danneggiato, l’assicurato non abbia anche quello di cercare di diminuire le conseguenze dell’illecito commesso.
Per fare chiarezza in questo senso, è intervenuta a più riprese la Cassazione Civile e vale qui la pena di citare come esempio la sentenza n. 83 dell’8/1/2004, sul caso di un imprenditore edile che aveva cagionato una frana nel corso dei lavori di costruzione di un fabbricato, danneggiando un immobile confinante.
L’assicuratore, che aveva liquidato il danno cagionato ai vicini, aveva infatti rifiutato di rifondere le spese di consolidamento del fabbricato in costruzione che l’imprenditore aveva sostenuto, pretendendo poi che le stesse fossero risarcite come spese di salvataggio.
In questo caso, infatti, Tribunale, Corte d’Appello e Cassazione furono concordi nel rigettare la domanda dell’assicurato, poiché, “qualora nel corso della costruzione di un fabbricato il costruttore tralasci di compiere le opere necessarie per evitare il sinistro e le compia solo dopo che il sinistro si è verificato, le spese relative rimarranno a suo carico e non potranno essere trasferite all’assicuratore della responsabilità civile connessa alla costruzione del fabbricato stesso”.
Non è dunque possibile comprendere nel rischio assicurato, come spese di salvataggio, opere che costituiscono ab origine un costo necessario per l’impresa. Se tali opere fossero state compiute al tempo dovuto, infatti, si sarebbe evitato il sinistro e nessuna altra opera si sarebbe resa necessaria per evitare o ridurre il danno.
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