Inflazione
Il comparto assicurativo è colpito dal contesto inflazionistico sia per il calo della domanda, causato dalla perdita di potere d’acquisto di famiglie e imprese, sia per i rischi di sottoscrizione, derivanti da tariffe e riserve inadeguate. La riduzione del potere d’acquisto rappresenta una minaccia per il settore, ioperando a livelli potenzialmente letali
18/04/2024
L’inflazione è la riduzione del potere d’acquisto di una valuta, all’interno di una data economia. Il suo effetto consiste nell’aumento del costo di beni e servizi, il che vuol dire che una moneta vale meno di quanto non valesse in passato: in pratica, la valuta utilizzata si indebolisce perché, con la medesima quantità di denaro, si può acquistare di meno.
In genere, l’inflazione, o più correttamente l’inflazione complessiva, si misura all’interno di un paese, per indicare la forza della sua economia. I due acronimi più largamente utilizzati a questo proposito sono Ipc (indice dei prezzi al consumo) e Ipd (indice dei prezzi al dettaglio).
L’Ipc si riferisce al prezzo corrente dei beni di consumo, mentre l’Ipd comprende anche il costo delle proprietà immobiliari, dei tassi di interesse sui mutui ecc.
Insomma, dal momento che parliamo di deprezzamento del valore del denaro, l’inflazione implica l’erosione del valore reale di ogni bene acquistato: a parità di spesa, il valore di ciò che compriamo si riduce progressivamente.
Riassumendo, questo fenomeno è costituito da un aumento generalizzato del prezzo di beni (come cibo, energia elettrica, carburanti, ecc.) e dei servizi (come ad esempio quelli di trasporto). All’aumento dei prezzi corrisponde una diminuzione della quantità di ciò che possiamo acquistare con i nostri soldi e per tale motivo si dice che l’inflazione riduce il valore della valuta nel tempo. Se un chilo di pane costasse 4 euro, con una banconota di 100 euro potremo acquistarne 25 chili. Ma se, a causa dell’inflazione, il prezzo del pane dovesse salire a 5 euro al chilo, con la medesima banconota da 100 euro potremo comprare solo 20 chili di pane. In pratica, la stessa banconota varrà adesso solo 20 chili di pane, mentre prima dell’aumento del prezzo il suo valore equivaleva a 25 chili.
I 100 euro della banconota rappresentano il suo valore nominale mentre la quantità di beni e servizi che possono essere acquistati rappresenta il suo valore reale. Nel nostro esempio, il valore nominale della banconota sarà rimasto a 100 euro, ma a causa dell’inflazione il suo valore reale è sceso da 25 a 20 chili di pane: i 100 euro valgono dunque di meno perché hanno perso potere di acquisto, a causa dell’aumento dei prezzi.
GLI EFFETTI SUGLI INVESTIMENTI
Dal punto di vista economico, queste perdite si riflettono sugli investimenti.
Se acquistassimo un’obbligazione con un tasso del 3% (che rappresenta il valore nominale), di fronte a un tasso di inflazione del 2%, il nostro potere d’acquisto aumenterà solo dell’1%. Il ritorno sull’investimento effettivo (cioè, il guadagno vero e proprio) viene calcolato come segue:
Valore nominale (3%) – inflazione (2%) = Ritorno sull’investimento effettivo (1%)
Pertanto, se il tasso d’inflazione dovesse superare il 2%, ciò intaccherà sempre di più il valore delle obbligazioni acquistate, fino a determinare delle perdite.
A parità di valore nominale (3%), ma con un tasso di inflazione del 5%, avremmo:
Valore nominale (3%) – inflazione (5%) = Ritorno sugli investimenti effettivo (-2%)
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INFLAZIONE E COSTO DEL DENARO
A un aumento del tasso di inflazione segue in genere un aumento dei tassi d’interesse bancari. Le banche centrali come la Banca Centrale Europea o la Federal Reserve tendono ad aumentare il costo del denaro, per evitare che i prestiti eventualmente richiesti dai loro clienti diventino troppo onerosi da sostenere e che gli stessi, a parità di interessi, compiano spese eccessive, imprimendo una spinta incontrollata all’inflazione stessa. Per questa ragione, i prezzi delle obbligazioni e i tassi d’interesse sono inversamente proporzionali: quando i tassi d’interesse aumentano, i prezzi delle obbligazioni scendono e viceversa.
Il contrario dell’inflazione, cioè la diminuzione generalizzata dei prezzi, viene definito deflazione: elevati livelli di inflazione o deflazione risultano egualmente rischiosi per l’economia. La stabilità dei prezzi, cioè un’inflazione bassa, stabile e prevedibile, è quindi il principale indicatore di un’economia sana.
CRITERIO DI MISURAZIONE: IL PANIERE
Come abbiamo accennato, l’inflazione si misura attraverso l’Ipc, o indice dei prezzi al consumo. Nella pratica, viene costituito un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, che rappresenta il cestino della spesa di una data popolazione.
La variazione di questo indice misura la variazione generalizzata dei prezzi, cioè l’inflazione (in caso di aumento) o la deflazione (in caso di diminuzione).
Quando ci viene detto che a novembre del 2023 l’inflazione in Italia è stata pari all’11,5% su base annua, ciò vuol dire che tra novembre 2022 e novembre 2023 i prezzi dei beni e servizi contenuti nel paniere sono aumentati in media dell’11,5%.
Il paniere viene regolarmente aggiornato, per essere rappresentativo delle reali abitudini di consumo di un popolo. In Italia, esso è nato nel 1928 ed era inizialmente formato da 59 prodotti, soprattutto beni alimentari, ma anche legna secca per il riscaldamento e per la cottura dei cibi.
In seguito sono stati introdotti altri beni, come la carta da lettere, e successivamente prodotti e servizi, come i telefoni cellulari, l’abbonamento a internet e i servizi di telefonia pubblica.
A partire dal 1999 il paniere è stato aggiornato ogni anno e conta 1.772 diversi beni e servizi, divisi in 12 gruppi. Per fare alcuni esempi, nel 2022 vi sono entrati la sedia da Pc, la friggitrice ad aria, i tamponi per il Covid 19 e la psicoterapia individuale, mentre sono usciti i compact disk.
TRE DIVERSI INDICI
In Italia, è l’Istat ad avere il compito di aggiornare il paniere, produrre una stima dei prezzi e calcolare mensilmente il tasso di inflazione. Vengono prodotti tre diversi indici dei prezzi al consumo: l’indice nazionale per l’intera collettività (Nic), l’indice per le famiglie di operai e impiegati (Foi) e l’indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo (Ipca). L’esigenza di avere tre diversi indici è mutuata dal fatto che l’inflazione non risulta uguale per tutti, dal momento che dipende dalle abitudini di consumo delle persone. L’indice armonizzato è invece calcolato per aggregare e confrontare il tasso di inflazione italiano con quello degli altri paesi dell’Ue.
Esistono anche indici dei prezzi al consumo che escludono dal paniere alcuni beni e servizi che presentano oscillazioni dei prezzi molto ampie, come accade per quei prodotti sui cui prezzi influiscono le condizioni climatiche, oppure per beni come benzina o gasolio. L’inflazione che viene misurata dopo aver depurato gli indici da questo tipo di prodotti viene definita inflazione di fondo, o core inflation.
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GLI EFFETTI PER IL COMPARTO ASSICURATIVO
Nel settore assicurativo, l’aumento dei costi è direttamente collegato a quello delle perdite cioè all’ammontare dei sinistri e a quello dei risarcimenti legati alla sicurezza sociale. In un contesto di rapidi cambiamenti tecnologici e volatilità economica, gli assicuratori sono costretti ad adattarsi a un insieme di circostanze intricato e mutevole, confrontandosi con la minaccia rappresentata dall’evoluzione dei rischi assicurati e con la sfida costituita dalle complessità normative, che operano in modi sempre diversi, sul piano globale. È necessario fare i conti con i costi di gestione, perché da ciò può dipendere il mantenimento di risultati tecnici accettabili e questo implica la necessità di ottimizzare il capitale, differenziando i portafogli e costruendo relazioni più stabili e meno soggette a volatilità con i riassicuratori, identificando i rischi più rilevanti e adottando un approccio olistico per affrontarli.
I processi inflattivi, insomma, restano uno dei problemi più cogenti, perché solo una politica di controllo e contenimento dei costi può consentire ad assicuratori e risk manager l’elaborazione di solide strategie di mitigazione dei rischi.
Le sfide che il comparto assicurativo si trova ad affrontare sono dunque molteplici e vanno dall’adeguatezza delle tariffe, per garantire la sopravvivenza di ogni compagnia, alla correttezza delle riserve, perché da una riservazione adeguata dipende il fatto che il regulator consenta alla compagnia stessa di continuare ad operare. Una drammatica oscillazione nei costi di beni e servizi, inoltre, può non solo determinare un aumento delle perdite, ma orizzonti temporali più lunghi per il loro recupero.
LA DETERMINAZIONE DEL VALORE ASSICURATO
E poi c’è la questione legata alla determinazione del valore assicurato, di fronte al continuo aumento del costo dei materiali e della manodopera. Gli assicurati si trovano infatti in grave difficoltà, a causa dell’applicazione della regola proporzionale, che è sempre alla base dell’intera attività liquidativa. Molti non comprendono l’impatto dell’aumento dei costi sulla ricostruzione di una proprietà distrutta, né si rendono conto delle modalità per il calcolo degli eventuali limiti di copertura e finiscono per sotto-assicurarsi.
Riassumendo, il comparto assicurativo è colpito dal contesto inflazionistico, sia per il calo della domanda, causato dalla perdita di potere d’acquisto di famiglie e imprese, sia per i rischi di sottoscrizione, derivanti da tariffe e riserve inadeguate.
L’inflazione rappresenta dunque una minaccia continua, in grado di operare a livelli potenzialmente letali, anche perché la necessità di garantire che il sistema rimanga stabile e sicuro impone continue sfide agli assicuratori, soprattutto ove l’economia si indebolisse e fosse spinta verso la recessione.
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