Assoprevidenza, necessario un sistema di assistenza complementare
La sanità pubblica non riesce più a far fronte all’aumento della domanda, serve un nuovo modello di welfare integrato
05/12/2012
Procedere all'integrazione della sanità pubblica con un efficiente sistema di assistenza complementare è una priorità, non si può più aspettare. È questo il monito lanciato dal presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello in continuità con quanto recentemente affermato dal premier Mario Monti che ha parlato di rischio sostenibilità" per il futuro del Sistema Sanitario Nazionale. Corbello ha sottolineato l'imprescindibilità di avviare rapidamente "un nuovo modello di welfare integrato, con la convergenza nell'ambito di un unico soggetto giuridico di prestazioni pensionistiche complementari, integrative sanitarie e coperture dei rischi legati all'inabilità, spesso dipendente dalla senescenza, attraverso un'offerta diffusa di coperture di Long term care".
La crisi economica, con la conseguente deriva recessiva che interessa il nostro paese, unita ai dettami dell'Europa sulla riduzione del debito, rendono impensabile per il nostro paese un incremento dell'incidenza della spesa sociale che attualmente impegna circa il 30% del Pil italiano. Ciononostante, dato il progressivo aumento della longevità della popolazione, la domanda di risorse per finanziare sanità e assistenza continua a crescere.
L'ammontare complessivo della spesa sanitaria privata in Italia è più rilevante di quanto si pensi, si parla di oltre 30 miliardi di euro (pari a circa il 23% del totale) ed è sostenuta in massima parte direttamente dai cittadini (82%), mentre il 13,9% è veicolato dai fondi sanitari integrativi e solo il 3,7% dalle assicurazioni private. Inoltre, nell'ultimo anno, secondo il Censis, oltre 2,4 milioni di persone non hanno potuto accedere a prestazioni sanitarie per "ragioni economiche".
Questi dati mostrano come l'attuale situazione crei inevitabili "disparità tra chi ha disponibilità economiche sufficienti alle cure e chi no" sottolinea Corbello che aggiunge: "per mantenere l'universalità del sistema se non sarà possibile diminuire la percentuale di spesa privata sarà necessario riqualificarla passando dal concetto di spesa individuale a quello di spesa collettiva con quote di mutualità e solidarietà". Un primo passo in questa direzione lo ha compiuto il legislatore vincolando i fondi sanitari ad inserire una quota minima di risorse destinate a prestazioni esclusivamente integrative al Ssn (socio-sanitarie e/o odontoiatriche) nella misura di almeno il 20% del totale.
La crisi economica, con la conseguente deriva recessiva che interessa il nostro paese, unita ai dettami dell'Europa sulla riduzione del debito, rendono impensabile per il nostro paese un incremento dell'incidenza della spesa sociale che attualmente impegna circa il 30% del Pil italiano. Ciononostante, dato il progressivo aumento della longevità della popolazione, la domanda di risorse per finanziare sanità e assistenza continua a crescere.
L'ammontare complessivo della spesa sanitaria privata in Italia è più rilevante di quanto si pensi, si parla di oltre 30 miliardi di euro (pari a circa il 23% del totale) ed è sostenuta in massima parte direttamente dai cittadini (82%), mentre il 13,9% è veicolato dai fondi sanitari integrativi e solo il 3,7% dalle assicurazioni private. Inoltre, nell'ultimo anno, secondo il Censis, oltre 2,4 milioni di persone non hanno potuto accedere a prestazioni sanitarie per "ragioni economiche".
Questi dati mostrano come l'attuale situazione crei inevitabili "disparità tra chi ha disponibilità economiche sufficienti alle cure e chi no" sottolinea Corbello che aggiunge: "per mantenere l'universalità del sistema se non sarà possibile diminuire la percentuale di spesa privata sarà necessario riqualificarla passando dal concetto di spesa individuale a quello di spesa collettiva con quote di mutualità e solidarietà". Un primo passo in questa direzione lo ha compiuto il legislatore vincolando i fondi sanitari ad inserire una quota minima di risorse destinate a prestazioni esclusivamente integrative al Ssn (socio-sanitarie e/o odontoiatriche) nella misura di almeno il 20% del totale.
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