Fonsai, Salvatore Ligresti condannato a cinque anni di carcere
Questo il principale verdetto del processo per aggiotaggio sui titoli Premafin. I giudici di Milano hanno inflitto condanne anche a Giancarlo de Filippo e Niccolò Lucchini
27/11/2017
Lunedì 27 novembre, dopo due ore di camera di consiglio, il Tribunale di Milano ha emesso il verdetto per il processo Premafin. L’ex patron della galassia Fondiaria Sai, Salvatore Ligresti, è stato condannato a cinque anni di carcere e 100 mila euro di multa. Assieme all’ingegnere di Paternò i giudici del capoluogo lombardo hanno condannato anche l’ex immobiliarista Giancarlo de Filippo alla pena di quattro anni e 80 mila euro di multa e il fiduciario Niccolò Lucchini: per lui quattro anni di carcere e 60 mila euro di multa. Le condanne inflitte riguardano il processo per la presunta manipolazione del mercato sui titoli Premafin. I giudici hanno anche disposto la confisca delle azioni UnipolSai già sequestrate, e 250 mila euro a titolo di risarcimento per la Consob.
I giudici di Milano hanno inoltre condannato i tre imputati a risarcire in solido 36 azionisti in sede civile. Disposte anche le misure accessorie di rito, tra cui l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Ligresti e l’interdizione per un anno e mezzo sia dall’esercizio della professione sia dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e l’incapacità di contrattare con le Pubbliche amministrazioni sempre per un anno e mezzo. Le motivazioni saranno depositate in 90 giorni. I giudici hanno accolto in pieno le richieste del pubblico ministero Giordano Baggio che ha ereditato il processo dall’ex pm (ora pg in Cassazione) Luigi Orsi, all’epoca titolare delle indagini.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, il costruttore ed ex patron di Fonsai, assieme all’imprenditore De Filippo e al fiduciario Lucchini, tra il 2 novembre 2009 e il 16 settembre 2010, avrebbe manipolato il valore di Borsa del titolo Premafin (poi confluita in UnipolSai) con compravendite, per circa 9 milioni, effettuate da due trust off-shore con sede alle Bahamas (Ever Green ed Heritage) a lui riconducibili e titolari del 20 per cento del capitale della società. Quota questa che venne sequestrata dalla Guardia di Finanza nell’aprile del 2012 e ora confiscate su conti svizzeri. Come ha evidenziato il pm Baggio durante la sua requisitoria, il "movente" delle operazioni al centro della vicenda, sarebbe stata la volontà di mantenere alto il prezzo delle azioni Premafin in quanto erano gli asset che le holding della famiglia, Imco e Sinergia, avevano dato come garanzia per i loro debiti. E questo fino ad arrivare a concludere che i beneficiari delle operazioni sotto accusa sarebbero stati i Ligresti e le due loro società poi fallite. Una ricostruzione respinta dalle difese che hanno sempre parlato di mancanza di “prove oggettive” e di un “vizio di fondo dell’impostazione accusatoria” che si sarebbe basato sono su una “catena di presunzioni”. Per questo la sentenza sarà impugnata.
I giudici di Milano hanno inoltre condannato i tre imputati a risarcire in solido 36 azionisti in sede civile. Disposte anche le misure accessorie di rito, tra cui l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Ligresti e l’interdizione per un anno e mezzo sia dall’esercizio della professione sia dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e l’incapacità di contrattare con le Pubbliche amministrazioni sempre per un anno e mezzo. Le motivazioni saranno depositate in 90 giorni. I giudici hanno accolto in pieno le richieste del pubblico ministero Giordano Baggio che ha ereditato il processo dall’ex pm (ora pg in Cassazione) Luigi Orsi, all’epoca titolare delle indagini.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, il costruttore ed ex patron di Fonsai, assieme all’imprenditore De Filippo e al fiduciario Lucchini, tra il 2 novembre 2009 e il 16 settembre 2010, avrebbe manipolato il valore di Borsa del titolo Premafin (poi confluita in UnipolSai) con compravendite, per circa 9 milioni, effettuate da due trust off-shore con sede alle Bahamas (Ever Green ed Heritage) a lui riconducibili e titolari del 20 per cento del capitale della società. Quota questa che venne sequestrata dalla Guardia di Finanza nell’aprile del 2012 e ora confiscate su conti svizzeri. Come ha evidenziato il pm Baggio durante la sua requisitoria, il "movente" delle operazioni al centro della vicenda, sarebbe stata la volontà di mantenere alto il prezzo delle azioni Premafin in quanto erano gli asset che le holding della famiglia, Imco e Sinergia, avevano dato come garanzia per i loro debiti. E questo fino ad arrivare a concludere che i beneficiari delle operazioni sotto accusa sarebbero stati i Ligresti e le due loro società poi fallite. Una ricostruzione respinta dalle difese che hanno sempre parlato di mancanza di “prove oggettive” e di un “vizio di fondo dell’impostazione accusatoria” che si sarebbe basato sono su una “catena di presunzioni”. Per questo la sentenza sarà impugnata.
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