L'Ivass risveglia le polizze dormienti
Un fenomeno esteso quello della dormienza dei prodotti vita nel nostro Paese, come è emerso in un’indagine presentata dall’Autorità di vigilanza
07/11/2018
Oltre 187mila polizze risvegliate, per un totale di 3,5 miliardi di euro pagati (o in corso di pagamento) ai beneficiari. Di queste, il 62% relative a prodotti di risparmio già scaduti, ma non riscossi e il 38% riguardanti assicurati deceduti, per un totale di 2 miliardi di euro mai reclamati dai beneficiari. Cifre significative emerse da un’indagine, presentata lunedì 5 novembre a Roma dall’Ivass, che ha consentito con il lavoro sinergico tra soggetti pubblico-privati (Agenzia delle entrate, Ivass, Ania e consumatori), di raggiungere risultati importanti nell'individuazione delle polizze dormienti.
Per arginare questo fenomeno, l’Ivass aveva avviato un’indagine, nel febbraio 2017, incontrando da subito la disponibilità dell’Ania nel fornire numeri e processi relativi a 52 compagnie vita italiane in merito a due tipologie di prodotti: quelli scaduti negli ultimi cinque anni (caso morte e risparmio) e quelli a vita intera (che non hanno scadenza contrattuale). Con l’obiettivo di individuare segnali di dormienza, come l’età molto avanzata degli assicurati (da ottantenni a ultracentenari) o l’esistenza di polizze stipulate da oltre 10 anni in cui era necessario verificare l’esistenza in vita del contraente. In mancanza di un database nazionale sui decessi si è proceduto alla stipula di una convenzione con l’Agenzia delle entrate, per incrociare i codici fiscali di sette milioni di assicurati con i dati sui decessi presenti nell’Anagrafe tributaria. Il risultato è stato il risveglio di circa 190mila polizze, mentre 900mila sono ancora da indagare.
“I numeri emersi – ha raccontato Elena Bellizzi, capo del servizio tutela del consumatore di Ivass – ci hanno lasciato sbalorditi: nei contratti scaduti sono risultati quattro milioni di polizze potenzialmente dormienti e, nelle polizze a vita intera, sono emersi 2.500 contratti intestati a ultracentenari”. Tra le risvegliate, 100mila erano polizze da pagare in caso di vita, ma mai riscattate dai beneficiari. In ottica di miglioramento l’Ivass ha chiesto alle compagnie dei piani di azione per potenziare l’invio di comunicazioni periodiche all’assicurato a cui ricordare l’esistenza della polizza. Altra iniziativa è l’estensione dell’indagine alle compagnie estere (che rappresentano il 15% dei premi vita) le quali dovranno fornire le informazioni entro febbraio 2019, mentre è già in preparazione un nuovo incrocio di dati su tre milioni di codici fiscali per individuare eventuali polizze dormienti riferite al periodo 2001-2006, arrivando così a coprire un lasso temporale di 16 anni.
L’indagine è stata accolta con favore da Adiconsum, Altroconsumo e Lega dei consumatori, che hanno elogiato lo sforzo congiunto di regolatore e compagnie per dare un servizio utile al cittadino e tutelare gli assicurati. Tuttavia sono ancora molte le cose da fare. Tra le proposte avanzate, quella di Altroconsumo di destinare il Fondo, dove vengono reclutate le polizze dormienti, all’attivazione di una banca dati o all’incremento di un progetto di comunicazione e sensibilizzazione degli assicurati; e ancora la formulazione di un decreto legge che renda obbligatoria la consultazione, da parte delle compagnie, dell’anagrafe nazionale della popolazione, almeno una volta l’anno, per individuare eventuali decessi. Un intervento normativo richiesto a gran voce anche da Ania e Ivass, e che ha consentito in Francia di recuperare 5,4 miliardi di euro di polizze dormienti. Concorda la Lega dei consumatori che avanza altre due proposte: definire il tempo entro cui la compagnia deve fornire risposta all’istanza di ricerca della polizza; garantire un’uniformità e univocità di informazioni tra i siti delle associazioni dei consumatori, del regolatore e delle compagnie attuando un progetto complessivo in sinergia con l’Ivass e le imprese assicurative.
Parlando di soluzioni, l’associazione degli assicuratori già da tempo ha messo a disposizione un servizio gratuito di ricerca polizze vita che fornisce informazioni sull’esistenza di contratti relativi a persone decedute, i cui beneficiari possano essere i richiedenti, ad esempio in qualità di eredi, parenti o coniugi. A ottobre 2018, le richieste inviate sono state quasi 2500, più di 2,5 volte quelle ricevute nello stesso periodo del 2017.
Un altro strumento potrebbe essere la creazione di un registro delle polizze, un obiettivo complesso che però, spiega Luigi Di Falco, responsabile protezione, vita e welfare Ania, “non risolve il problema dell’evento ignoto alla compagnia”. Sulle soluzioni avanzate dal regolatore, quali la designazione del beneficiario nominativo, gli assicuratori sottolineano che questa richiede una maggiore documentazione rispetto alla designazione generica, che risulta più funzionale in caso di modifiche dell’assetto ereditario. Dubbi sono espressi anche sulla figura del referente terzo, da aggiungere ai beneficiari, che può rappresentare un inutile aggravio di oneri, così come l’invio annuale dell’estratto conto nelle prestazioni caso morte e l’incrocio dei dati con l’intermediario, un processo che le compagnie non sono in grado di attuare in modo automatico e rapido.
Tra gli esempi a cui ispirarsi spicca il già citato modello francese, che consente alle compagnie di accedere ai database anagrafici, prevede un’informativa ai contraenti rafforzata e definisce i tempi di risposta in 15 giorni. Ma soprattutto, questo modello stabilisce che, dopo dieci anni dalla scadenza o dal decesso dell’assicurato, il valore della polizza venga versato in un fondo pubblico da cui però può essere risvegliato entro i successivi 20 anni (solo dopo 30 anni, le somme vengono acquisite dallo Stato). In Francia si è riusciti a recuperare 5,4 miliardi, mentre in Regno Unito si parla di 2 miliardi di sterline.
Anche in Italia, dunque, il framework ideale è quello in cui lo Stato crei le condizioni affinché operatori e risparmiatori possano superare la gestione straordinaria e individuare soluzioni che siano strutturali e tengano conto dei costi. Non siamo lontani, secondo Di Falco, da best practice di altri Paesi, dove sono attivi strumenti analoghi a quelli già in uso da noi, a cui però vanno associate modifiche normative, quali la possibilità di risvegliare polizze devolute al fondo, l’accesso alla banca dati della popolazione, a quella dell’Anagrafe tributaria o al Registro dei testamenti (in caso di polizza inserita nel testamento). “Ci chiediamo – ha concluso il responsabile Ania – perché questi strumenti non si introducano presto”.
Per arginare questo fenomeno, l’Ivass aveva avviato un’indagine, nel febbraio 2017, incontrando da subito la disponibilità dell’Ania nel fornire numeri e processi relativi a 52 compagnie vita italiane in merito a due tipologie di prodotti: quelli scaduti negli ultimi cinque anni (caso morte e risparmio) e quelli a vita intera (che non hanno scadenza contrattuale). Con l’obiettivo di individuare segnali di dormienza, come l’età molto avanzata degli assicurati (da ottantenni a ultracentenari) o l’esistenza di polizze stipulate da oltre 10 anni in cui era necessario verificare l’esistenza in vita del contraente. In mancanza di un database nazionale sui decessi si è proceduto alla stipula di una convenzione con l’Agenzia delle entrate, per incrociare i codici fiscali di sette milioni di assicurati con i dati sui decessi presenti nell’Anagrafe tributaria. Il risultato è stato il risveglio di circa 190mila polizze, mentre 900mila sono ancora da indagare.
Cifre allarmanti
Le proposte dei consumatori
Il contributo dell’Ania
Un altro strumento potrebbe essere la creazione di un registro delle polizze, un obiettivo complesso che però, spiega Luigi Di Falco, responsabile protezione, vita e welfare Ania, “non risolve il problema dell’evento ignoto alla compagnia”. Sulle soluzioni avanzate dal regolatore, quali la designazione del beneficiario nominativo, gli assicuratori sottolineano che questa richiede una maggiore documentazione rispetto alla designazione generica, che risulta più funzionale in caso di modifiche dell’assetto ereditario. Dubbi sono espressi anche sulla figura del referente terzo, da aggiungere ai beneficiari, che può rappresentare un inutile aggravio di oneri, così come l’invio annuale dell’estratto conto nelle prestazioni caso morte e l’incrocio dei dati con l’intermediario, un processo che le compagnie non sono in grado di attuare in modo automatico e rapido.
L’esempio francese
Interventi strutturali
© RIPRODUZIONE RISERVATA