Timori per l’export post Brexit
In una nota Anra invita le imprese a non farsi trovare impreparate se entro il 29 marzo non sarà trovato un accordo per l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Nuovi costi diretti e indiretti andranno a pesare sulle esportazioni
20/02/2019
In caso di hard Brexit cambieranno subito le regole dell’export con il Regno Unito e le imprese italiane dovrebbero già da oggi fare i conti con questa probabilità. Per il Made in Italy il rischio non è solo quello di vedere aumentare notevolmente i dazi doganali, ma anche di dover fare i conti con una nuova realtà commerciale in cui sarà maggiore il peso economico e organizzativo della logistica, delle procedure doganali, delle normative, della necessità di autorizzazioni e certificazioni. Per Anra è necessario non attendere oltre ed effettuare una seria valutazione del rischio specifico e del suo impatto sull’attività aziendale.
L’export italiano verso la Gran Bretagna vale oggi oltre 23 miliardi di euro, ma combinando il valore dei singoli settori con i dazi medi applicabili a ciascuno di essi (in base alle tariffe Mfn che entrerebbero subito in vigore), i costi esclusivamente tariffari sarebbero vicini a 1,3 miliardi di euro, che potrebbero tradursi in una riduzione di pari ammontare del valore complessivo. Secondo uno studio elaborato da Duff & Phelps su dati Istat e Banca d’Italia, tra i settori più colpiti dalle nuove tariffe ci sono alcune voci importanti nelle esportazioni italiane: l’alimentare (8,7% dell’export totale in Uk) sarebbe gravato di un dazio medio del 13%, l'abbigliamento (6,7% dell’export) di un dazio medio dell’11%, gli autoveicoli (11,3%) avrebbero un dazio medio dell’8,8%. Al contrario, macchinari e apparecchiature che sono la principale voce di esportazione (13,4%) potrebbero essere colpiti da dazi medi più contenuti (pari al 2,1%). Secondo il German Economic Institute di Colonia, unendo i costi delle barriere tariffarie e non, l’Hard Brexit potrebbe costare alle imprese del nostro paese fino ad un ammontare compreso tra 7,5 e 11 miliardi di euro l’anno.
L’export italiano verso la Gran Bretagna vale oggi oltre 23 miliardi di euro, ma combinando il valore dei singoli settori con i dazi medi applicabili a ciascuno di essi (in base alle tariffe Mfn che entrerebbero subito in vigore), i costi esclusivamente tariffari sarebbero vicini a 1,3 miliardi di euro, che potrebbero tradursi in una riduzione di pari ammontare del valore complessivo. Secondo uno studio elaborato da Duff & Phelps su dati Istat e Banca d’Italia, tra i settori più colpiti dalle nuove tariffe ci sono alcune voci importanti nelle esportazioni italiane: l’alimentare (8,7% dell’export totale in Uk) sarebbe gravato di un dazio medio del 13%, l'abbigliamento (6,7% dell’export) di un dazio medio dell’11%, gli autoveicoli (11,3%) avrebbero un dazio medio dell’8,8%. Al contrario, macchinari e apparecchiature che sono la principale voce di esportazione (13,4%) potrebbero essere colpiti da dazi medi più contenuti (pari al 2,1%). Secondo il German Economic Institute di Colonia, unendo i costi delle barriere tariffarie e non, l’Hard Brexit potrebbe costare alle imprese del nostro paese fino ad un ammontare compreso tra 7,5 e 11 miliardi di euro l’anno.
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