Un punto su spese di resistenza e copertura assicurativa
Recentemente la Cassazione è intervenuta su questioni centrali per gli assicuratori della responsabilità civile, compresa l’operatività di polizze che contengono la clausola di gestione della lite
16/11/2020
SECONDA PARTE
Come anticipato, l’obbligo della compagnia di corrispondere le spese di resistenza viene tradizionalmente ritenuto applicazione dell’articolo 1914 del Codice Civile, che recita: “L’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno. Le spese fatte a questo scopo dall’assicurato sono a carico dell’assicuratore (...) salvo che l’assicuratore provi che le spese sono state fatte inconsideratamente”.
Da tale premessa derivano alcune rilevanti conseguenze.
In primo luogo, l’assicurato non ha diritto sempre e comunque alla rifusione da parte dell’assicuratore delle spese sostenute per resistere all’azione del terzo danneggiato ai sensi dell’articolo 1917, comma 3, c.c..
Al contrario, tale diritto deve escludersi quando sia dimostrabile che le spese sostenute potevano ragionevolmente essere evitate o quantomeno ridotte.
Ragionevolezza nei costi di difesa
Non solo, la Cassazione ha chiarito che anche il contratto di assicurazione, come tutti i contratti, deve essere eseguito con correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.), e tali doveri impongono al creditore di non aggravare inutilmente, e senza propria necessità, la posizione del debitore.
Sulla scorta di tale impostazione è dunque possibile eccepire all’assicurato il mancato rispetto del principio della ragionevolezza dei costi di difesa (e la conseguente legittimazione dell’assicuratore a rifiutare il rimborso integrale degli importi), e che in particolare si possa senz’altro opporre all’assicurato di aver operato in modo incauto e del tutto noncurante della dilatazione delle spese.
In particolare, si potrà chiedere:
i. conferma del fatto che sono stati richiesti preventivi a più professionisti in modo da operare una comparazione;
ii. che siano stati chiesti e ricevuti prospetti analitici dell’assistenza prestata dagli studi coinvolti;
iii. che si sia chiesto conto dell’incremento delle spese e si sia vigilato sul rispetto delle tariffe professionali.
Il rischio di condanna penale
Va poi aggiunto che, inquadrando le spese di resistenza come esborsi sostenuti per mitigare o ridurre l’esposizione della compagnia, si profila una situazione particolare per le spese del procedimento penale, nel quale ciò che è in gioco non è tanto o solo l’obbligo risarcitorio dell’assicurato che si riverbera sull’assicuratore, bensì il rischio di condanna dell’assicurato.
In relazione a un procedimento penale, le spese di resistenza in senso stretto sarebbero dunque a rigore solo quelle per resistere alla richiesta di risarcimento a opera del danneggiato che si è costituito parte civile, non quelle relative alle difese per contrastare l’applicazione della sanzione penale.
Su tali profili è intervenuta di recente Cassazione Sez. III Sent., 18 gennaio 2016, 667 Chubb Insurance Company contro Edipower Spa, affermando che l’obbligazione dell’assicuratore della responsabilità civile di tenere indenne l’assicurato delle spese erogate per resistere all’azione del danneggiato, ai sensi dell’art. 1917, comma 3, c.c., ha natura accessoria rispetto all’obbligazione principale e trova limite nel perseguimento di un risultato utile per entrambe le parti, interessate nel respingere la detta azione.
Ne consegue che l’assicuratore è obbligato al rimborso delle spese del procedimento penale promosso nei confronti dell’assicurato solo quando intrapreso a seguito di denuncia o querela del terzo danneggiato o nel quale questi si sia costituito parte civile.
In applicazione di tale principio la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto rimborsabili le spese sostenute dalla società assicurata per le difese dei propri amministratori e sindaci, indagati in un procedimento penale non attivato su istanza di parte e conclusosi con archiviazione).
Le questioni relative alla prescrizione
Come noto, i diritti derivanti dal contratto di assicurazione si prescrivono nel termine di due anni ex art. 2952, comma 2, c.c.. Non dovrebbe esserci dubbio che il termine si applichi anche al diritto all’indennizzo delle spese di resistenza.
Con riguardo al dies a quo, ossia il momento a partire del quale il termine biennale decorre e la prescrizione va interrotta, una significativa recente sentenza della Cassazione (Cass. Civ., Sez. III, 29 febbraio 2016, n. 3899) si è pronunciata specificamente sul punto.
La Corte ha evidenziato che la garanzia relativa all’indennizzo delle spese di resistenza ha ad oggetto il rimborso di una perdita pecuniaria; pertanto, è inquadrabile come assicurazione contro le perdite pecuniarie, non come assicurazione di responsabilità. La conseguenza è che il diritto alla rifusione delle spese di resistenza può essere fatto valere dall’assicurato nel momento stesso in cui sorge il debito del pagamento dell’onorario al suo legale.
Da quando vale il diritto al risarcimento
Precisamente, ad avviso della Suprema Corte, al contrario di quanto previsto per la fattispecie di cui al comma 1, che necessita di richiesta risarcitoria da parte del terzo oltre a essere sottoposta all’effetto sospensivo ex art. 2952, comma 4 c.c., per esercitare il diritto alla rifusione delle spese di resistenza “l’assicurato non ha ovviamente necessità di attendere alcuna richiesta da parte di terzi; il suo diritto può essere fatto valere nel momento stesso in cui sorge il debito dell’assicurato di pagamento dell’onorario al legale, e quindi al più tardi al momento di ultimazione della prestazione professionale; infine, per definizione il debito dell’assicurato verso il legale è di pronta liquidazione, essendo regolato dalla tariffa forense. Ne consegue che, essendo il debito dell’assicurato verso i legali che l’hanno assistito liquido ed esigibile a partire dal momento di esecuzione dell’incarico professionale, è da tale momento che l’assicurato può far valere il suo diritto alla rifusione delle spese di resistenza”.
Nella parte introduttiva delle motivazioni della sentenza in esame, la Cassazione ha poi ribadito che “l’interruzione della prescrizione è atto che richiede la forma scritta e il contenuto d’una costituzione in mora”, ritenendo che nel caso di specie non vi fosse alcuna prova di tali elementi, e che in particolare non potessero ricavarsi dalla condotta delle parti (una presunta acquiescenza/ricognizione di debito ad opera della compagnia).
Una clausola valida e ammissibile
La rassegna della giurisprudenza esistente permette di individuare alcuni punti che posso ritenersi oggi consolidati. La giurisprudenza ha precisato in modo ormai piuttosto netto che la clausola in virtù della quale l’assicuratore subordina il pagamento delle spese legali di resistenza alla circostanza che venga individuato un fiduciario della compagnia, o quantomeno la scelga avvenga di concerto con la compagnia, è valida e ammissibile in quanto non confligge con il divieto posto dall’articolo 1932 c.c..
Il principio è invero ragionevole, poiché sembra legittimo ritenere che l’assicurato che preferisce avvalersi di propri legali, in presenza di una chiara pattuizione di polizza che per tale eventualità preclude il rimborso delle spese di resistenza, di fatto rinuncia preventivamente al recupero di tali spese.
L’assicurato in effetti non viene privato del diritto di difendersi, poiché la compagnia potrebbe porre a disposizione dello stesso propri fiduciari in grado di assisterlo, ma consapevolmente opta per il ricorso a legali diversi, dei cui costi finisce dunque per farsi carico.
Ogni caso fa storia a sé
Nella valutazione delle conseguenze legate alla scelta del legale da parte dell’assicurato non si potrà in ogni caso prescindere dalle specificità del singolo caso. Assumerà dunque di regola rilievo la circostanza che la nomina del legale sia stata preceduta da accordi tra assicurato e assicuratore o abbia in qualche modo fatto oggetto di concertazione.
Potrà assumere rilievo anche la circostanza (che frequentemente ricorre nella pratica) che il quantum oggetto del contenzioso ecceda in modo più o meno significativo il massimale di polizza, oppure l’eventualità (anch’essa piuttosto ricorrente) che l’assicurato che si difende in giudizio formuli una domanda riconvenzionale per fatti che esorbitano dalla copertura assicurativa.
Profili delicati possono infine ricorrere allorquando il tema delle spese di resistenza si pone con riguardo a procedimenti in sede penale, tenuto anche conto del fatto che spesso la gestione dell’attività difensiva in tale sede è ispirata anche all’obiettivo di determinare una possibile prescrizione del reato, evitando di optare per patteggiamenti o riti alternativi.
(Potete leggere la prima parte dell’articolo a questo link: https://www.insurancetrade.it/insurance/contenuti/osservatori/10954/un-punto-su-spese-di-resistenza-e-copertura-assicurativa)
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