Unit linked confermate come polizze vita
Una sentenza della Commissione Tributaria Regionale Lombardia ribalta l’opinione della Cassazione e conferma, in base alla disciplina di settore ed europea, la natura di assicurazione sulla vita del prodotto finanziario
10/09/2021
Lo scorso 17 maggio la Commissione Tributaria Regionale Lombardia ha emanato due sentenze gemelle (la n. 1864 e la n. 1865) con le quali ha dichiarato la natura di polizze di assicurazioni sulla vita delle polizze unit linked.
In entrambi i casi, la questione nasceva da un accertamento avviato dall’ufficio tributario competente su una dichiarazione dei redditi presentata da una contribuente per l’anno 2012, nella quale non risultavano dichiarate asserite attività finanziarie detenute in Lussemburgo sotto forma di polizza unit linked. L’ufficio qualificava tali attività come di natura finanziaria e pertanto contestava la mancata dichiarazione delle stesse nel quadro RW della dichiarazione dei redditi della contribuente.
A sostegno della propria tesi, l’ufficio tributario competente indicava quali elementi caratteristici di una polizza di assicurazione sulla vita rispetto a uno strumento finanziario i seguenti: la garanzia della restituzione di un capitale garantito alla scadenza, l’assunzione del rischio demografico da parte dell’assicuratore, l’indipendenza del capitale restituito da eventi attinenti la performance di titoli e/o strumenti finanziari, la previsione del versamento di premi rateali al posto di un premio unico da parte del contraente. Inoltre, sempre a sostegno delle proprie posizioni, l’ufficio richiamava i principi indicati dalla Cassazione con sentenza del 5 marzo 2019 n. 6319, con la quale la Suprema Corte aveva escluso la fattispecie del contratto di assicurazione sulla vita per le polizze unit linked quando l’assicuratore non assume alcun rischio demografico o finanziario, oppure lo assume in misura modesta.
LA NORMATIVA CHE GIUSTIFICA LA SENTENZA
Dal canto suo, la contraente, a sostegno della natura di polizza di assicurazione sulla vita del contratto unit linked sottoscritto, richiamava, in aggiunta all’articolo 2 del D. Lgs. 209 del 7 settembre 2005 (ossia il codice delle assicurazioni private) che qualifica tali contratti nel ramo III dei contratti di assicurazione sulla vita, la Direttiva 2016/97/UE sulla distribuzione assicurativa (la cosiddetta Insurance distribution directive o Idd), che qualifica i contratti unit linked come polizze di assicurazione sulla vita, indipendentemente dall’esistenza o meno di una garanzia di restituzione del capitale versato sotto forma di premio; la Direttiva 2009/138/CE (la direttiva Solvency II), che qualifica tali contratti come contratti di assicurazione sulla vita; il Regolamento (EU) N. 1286/2014 (il regolamento Priips), che non si discosta, quanto alla qualificazione di tali polizze da quanto già indicato nelle fonti sopra indicate.
In aggiunta a quanto sopra, la contribuente rinviava alla sentenza n. C-166/11 della Corte di Giustizia europea, con la quale il giudice comunitario, in tema di qualificazione delle polizze unit linked, ne aveva riconosciuto la natura di contratti di assicurazione sulla vita, indipendentemente dal fatto che il rischio finanziario di tali investimenti gravi unicamente sul contraente, sottoscrittore di polizza, e anche laddove non vi sia alcuna garanzia di restituzione o rendimento minimo del capitale.
Richiamava inoltre la successiva sentenza del giudice comunitario C-542/2016 del 31 maggio 2018, con la quale la Corte di Giustizia era ritornata sull’argomento delineando i tratti essenziali del contratto di assicurazione sulla vita e identificandoli nel pagamento di un premio da parte del contraente verso la fornitura di una prestazione da parte dell’assicuratore in caso di decesso dell’assicurato, indipendentemente dall’esistenza di un rischio demografico, di una restituzione del capitale e dalla traslazione del rischio finanziario in capo al contraente.
La contribuente sottolineava che, nel caso di specie, la polizza oggetto di accertamento non si discostava da alcuno degli elementi sopra ricordati, trattandosi di una polizza unit linked emessa da una compagnia di assicurazione vita comunitaria operante in Italia in regime di libera prestazione di servizi e avente tutti i tratti caratteristici indicati dalla legislazione italiana, da quella comunitaria e dalle sentenze della Corte di Giustizia europea.
Inoltre rimandava a due circolari dell’Agenzia delle Entrate, con le quali l’amministrazione finanziaria aveva riconosciuto la natura di contratti di assicurazione sulla vita delle polizze unit linked: (i) la Circolare n. 14/E del 27 aprile 2016, sulla tassazione dei capitali erogati in caso morte in esecuzione di contratti di assicuratone vita, nella quale l’Agenzia definisce le polizze unit-linked “polizze sulla vita”; e (ii) la circolare n. 11/E del 28 marzo 2012 che qualifica le polizze unit linked, ai sensi del codice delle assicurazioni private, “[…] assicurazioni sulla durata della vita umana le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di OICR o di fondi interni ovvero a indici o altri valori di riferimento”.
L’AUSPICIO DI ARGOMENTAZIONI CONDIVISE
La Commissione Tributaria Regionale Lombardia, accogliendo le tesi della contribuente, ha dichiarato che la polizza unit linked sulla quale verteva l’accertamento è una polizza di assicurazioni sulla vita, indipendentemente dal fatto che non vi sia certezza sul capitale rimborsabile da parte della compagnia di assicurazioni, che non vi siano premi ricorrenti pagati dal contraente e non vi sia assunzione da parte dell’assicuratore del c.d. rischio demografico.
L’assenza di tali caratteristiche, secondo la Commissione Tributaria Regionale Lombardia, non è considerata ostativa a qualificare tali polizze come contratti di assicurazione sulla vita, considerata la natura di polizze di assicurazione sulla vita attribuita a tali polizze dal diritto comunitario come da quello nazionale, con la conseguenza di non doversi vedere applicato il regime tributario che era stato indicato, in sede di accertamento, dall’ufficio tributario competente.
È auspicabile che le argomentazioni svolte dalla Commissione Tributaria Regionale Lombardia siano presto condivise non solo dai giudici tributari ma anche da quelli civili.
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