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Un po’ d’ordine sulla prescrizione delle polizze vita

Una sentenza del 29 febbraio scorso ha definito incostituzionale il termine breve dei due anni di prescrizione per le polizze vita, risolvendo così le posizioni dei contratti sottoscritti tra 2008 e 2012 che ora sono assimilati ai successivi sul periodo di 10 anni entro cui è possibile far valere il proprio diritto

Un po’ d’ordine sulla prescrizione delle polizze vita hp_vert_img
Dopo anni di dibattiti (e di contenziosi) la Corte costituzionale, con sentenza n. 32 del 29 febbraio 2024, ha dichiarato, con una pronuncia ablativa, l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2952, comma 2, Codice civile (nel testo introdotto dall’art. 3, co. 2-ter, del dl 134/2008, come convertito, e antecedente a quello sostituito con l’art. 22, co. 14, del dl 179/2012, come convertito), nella parte in cui non prevede l’esclusione, dal termine biennale di prescrizione, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita.
Ricordiamo che l’art. 2952, co. 2, Cod. civ., nella formulazione vigente tra il 2008 e il 2012, prevedeva che “gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda”, senza prevedere alcuna distinzione per i diritti derivati dalle polizze vita, come invece prevede la formulazione vigente, introdotta dall’art. 22, co. 14, dl 179/2012, che fissa, eccezionalmente, in 10 anni la prescrizione dei diritti derivanti dalle polizze vita.


UNA LIMITAZIONE CHE INTACCAVA IL DIRITTO ALLA TUTELA PREVIDENZIALE
La disciplina sulla prescrizione, dunque, si distingueva enormemente a seconda del giorno in cui si fosse verificato il fatto su cui il diritto alla pretesa nascesse. Se il fatto fosse accaduto dopo il 2012, si sarebbe applicata la nuova norma (e dunque la prescrizione decennale), mentre se il fatto fosse accaduto tra il 2008 e il 2012 allora si sarebbe applicato il ben più stringente termine di due anni. Da ciò è nato un gran numero di contenziosi, che a tutt’oggi pendono innanzi alle corti italiane.
Ebbene, la Consulta, eliminando questo iato venutosi a creare a seguito degli interventi del legislatore, ha ricondotto a unità la disciplina della prescrizione che interessa le polizze vita, tale per cui, d’ora in avanti, tutti i beneficiari di una polizza vita potranno far valere i propri diritti entro il termine più lungo di 10 anni.
La Corte ha dichiarato incostituzionale la norma censurata non solo in quanto lesiva del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., ma anche limitativa dell’effettiva possibilità di esercizio dei “diritti che derivano dal risparmio previdenziale, tutelato dall’art. 47 Cost.”.
La Corte precisa che il termine di due anni “presenta, nel contesto delle polizze vita, profili di manifesta irragionevolezza” sia perché “non si riscontra, rispetto ai diritti che derivano dall’assicurazione sulla vita, quella esigenza di un pronto accertamento del diritto che può giustificare una prescrizione breve” e sia perché “l’assicurazione sulla vita abbraccia fattispecie nelle quali il titolare del diritto al pagamento delle somme dovute dall’assicuratore è di frequente un terzo beneficiario, il quale ben potrebbe ignorare di essere titolare del diritto e, dunque, potrebbe risultare particolarmente pregiudicato da un termine di prescrizione breve”.

LA LACUNA DEL DOVERE INFORMATIVO
Il Giudice delle leggi si è soffermato sulla natura e sulla funzione delle polizze de qua, evidenziando che queste non hanno una funzione indennitaria rispetto al verificarsi del sinistro, ma hanno una prevalente funzione di risparmio previdenziale, correlata all’alea della durata della vita.
La sentenza altresì evidenzia l’assenza di alcuna previsione di legge, nella vigenza della norma censurata, che oneri la compagnia di informare il beneficiario della designazione. Solo con l’art. 20-quinques, co. 1, dl 119/2018, è stato disposto l’obbligo in capo alle compagnie di assicurazione di verificare (entro il 31 dicembre di ogni anno) l’esistenza in vita degli assicurati e, nel caso di decesso, corrispondere la somma assicurata al beneficiario.
C’è di più. La Corte, altresì, mette in evidenza che, in caso di violazione del dovere informativo posto in capo alla compagnia, il beneficiario avrebbe diritto “al più una tutela risarcitoria, sicché opportunamente la previsione dell’obbligo di informazione è stata aggiunta alla nuova disciplina, che ha introdotto nel 2012 il termine di prescrizione decennale, rendendo così possibile e non eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti, di cui all’art. 2952, secondo comma, Cod. civ., derivanti dall’assicurazione sulla vita”.

ASSECONDARE IL RUOLO SOCIALE DELL’ASSICURAZIONE
Infine, la Corte, sottolineando il contrasto della disciplina oggetto di censura con l’art. 47 Cost., che “tutela il risparmio in tutte le sue forme”, si sofferma sulla funzione socio-economica che è chiamata ad assolvere il contratto di assicurazione sulla vita, rinvenendo, in concreto, nei contratti in cui l’assicuratore si obbliga, dietro pagamento di un premio, “a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”, una funzione preservante del risparmio in funzione previdenziale e “di operare una capitalizzazione correlata al cosiddetto rischio demografico”.
In chiusura, sebbene la portata della sentenza in commento non può che essere storica, a ben vedere, il tenore della pronuncia era stato anticipato dalla prassi seguita dalle compagnie che prima della novella del 2008 (quando la prescrizione per i diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita era, addirittura, di un anno) non sollevavano l’eccezione di prescrizione ed eseguivano la prestazione a favore dei beneficiari, purché la richiesta di liquidazione pervenisse entro i 10 anni della morte dell’assicurato o dalla scadenza del contratto.
Questa prassi, suggerita a dir vero dall’Ivass (già Isvap, con la circolare 403/D del 16 marzo 2000), non poté più essere seguita dalle compagnie, poiché il legislatore, contestualmente all’innalzamento del termine di prescrizione da uno a due anni, impose alle medesime di devolvere gli importi non reclamati al fondo dei rapporti dormienti presso il Mef. Con conseguente impossibilità per le compagnie di poter seguire quella prassi contrattuale (di evidente favor per i beneficiari).
Oggi, grazie all’intervento della Corte Costituzionale, il sistema è stato ricondotto a unità, tale per cui i beneficiari delle polizze vita avranno a disposizione ben 10 anni per far valere i propri diritti.

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