Insurance Trade

Danno parentale, una sentenza in risposta alla Cassazione

Con un pronunciamento assai rapido del 7 luglio scorso, il tribunale di Milano risponde alle obiezioni della Suprema Corte che aveva criticato il metodo milanese, peraltro diffuso a livello nazionale, con cui si è soliti liquidare la perdita del rapporto familiare

Danno parentale, una sentenza in risposta alla Cassazione hp_vert_img
Mostrando buona prontezza di riflessi, il tribunale di Milano ha risposto (con la sentenza a firma del presidente Damiano Spera n. 5947 del 7 luglio scorso) alle critiche che la Corte di Cassazione aveva rivolto alle modalità di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale elaborate dall’Osservatorio milanese (Cass. 10579 del 21 aprile 2021). In quella sentenza, la Suprema Corte aveva predicato la necessità di adottare un metodo di valutazione fondato su una tabella a punti che fosse in grado di garantire una miglior prevedibilità della decisione e, soprattutto, una più schematica valorizzazione delle circostanze che normalmente incidono sulla maggiore o minor gravità del danno sofferto dai congiunti per la perdita di un loro caro (quali ad esempio la coabitazione, la sopravvivenza o meno di altri congiunti, l’età del de cuius e quella del congiunto superstite). 

Una forbice troppo ampia
Sulla base di tale idea, che vuol associare a ciascuna di tali circostanze un coefficiente moltiplicativo di un dato valore puntuale, la Cassazione ha ritenuto di non poter più condividere il diverso metodo milanese, che non liquida il danno parentale attraverso una tabella a punti e che invece si limita a individuare alcune ampie forchette di valore all’interno delle quali il giudice può di volta in volta spaziare per individuare il risarcimento ritenuto più equo. 
Così, ad esempio, per il danno da perdita di un figlio, la tabella milanese propone un range di risarcimento oscillante tra un minimo di 168.250 euro e un massimo di 336.500 euro, lasciando al giudice il compito di stabilire la liquidazione del singolo caso concreto. Troppo lasca, secondo la Cassazione, quella forbice e potenzialmente troppo mobili i riferimenti attorno ai quali il giudice dovrebbe fondare la propria decisione. Per questo la Suprema Corte, pur consapevole del fatto che i valori espressi dalla tabella milanese hanno sino a oggi costituito la base di calcolo utilizzata nella maggior parte dei tribunali, ha dichiarato, con forza, di voler cambiare passo e di innovare la materia attraverso l’adozione di un metodo tabellare a punti.

In attesa della nuova tabella
Di fronte ad una tale presa di posizione, davvero muscolare, l’Osservatorio del tribunale di Milano non poteva che prendere atto della necessità di imprimere a sua volta un cambiamento e di mettersi al lavoro per adeguare le proprie tabelle alla nuova impostazione di metodo seguita dalla Cassazione. È quanto si legge nella sentenza del 7 luglio, nella quale viene detto a chiare lettere che ”sono già stati avviati i lavori di predisposizione di una tabella che risponda ai parametri” innovativi individuati nella sentenza 10579 del 2021. Ma nel frattempo, in attesa che tale tabella veda la luce, come si liquida il danno parentale?
La questione è delicata e di grande impatto pratico per tutti gli operatori del diritto. Si dà il caso che l’unica tabella a punti oggi disponibile (per la liquidazione del danno parentale) sia quella adottata dal tribunale di Roma, che da più di qualche tempo si muove per provare ad affermare la prevalenza del proprio metodo su quello milanese. 

Vince Roma? Sembra di no
È dunque ai criteri capitolini che occorre oggi riferirsi? La risposta sembra potersi dare in termini negativi, e in questa direzione si pone la sentenza in commento. Che non manca, correttamente, di ricordare come sia la stessa Cassazione ad aver, ormai da più di dieci anni (Cass. 12408/2011, cosiddetta sentenza Amatucci), attribuito valore di riferimento assoluto proprio (e solo) alla tabella milanese, in quanto ritenuta capace di fornire parametri liquidativi uniformi in funzione della sua larga diffusione sull’intero territorio nazionale. E, si badi, anche in relazione al danno da perdita del rapporto parentale. 
Per questa ragione discostarsi dai valori espressi dalle forchette in uso a Milano (invocando l’uso di diverse tabelle a punti, quali che esse siano) rischierebbe di introdurre una pericolosa discontinuità, e disparità di trattamento, rispetto al passato. 

Ecco la via da seguire
Ed è proprio sulla base di tali ragionamenti, e nel segno di una esigenza di omogeneità e continuità decisionale, che la recente sentenza del tribunale di Milano indica la via da seguire anche nella fase transitoria e nell’attesa dell’annunciata riclassificazione a punti dei valori espressi nei range attualmente in uso, che devono continuare a esser presi a riferimento. Del resto la futura tabella a punti, per esser allineata allo stato dell’arte, dovrà anzitutto estrarre il valore economico di base (il punto) non in modo casuale ma tenendo conto del valore delle liquidazioni giudiziali in uso nella prassi e, dunque, ancora una volta, quelli espressi dalle tabelle Milanesi: 500 sentenze monitorate in Italia confermano l’attualità e la prevalente applicazione della tabella meneghina. 
È dunque proprio a quei valori che il tribunale di Milano vuole (e deve) continuare a guardare, nell’attesa della sua nuova tabella a punti. Nel frattempo, l’esigenza di ridurre il rischio di un’incontrollata discrezionalità, che, ci sia concesso dire, non risulta così diffusa, nell’esperienza dei casi concreti, potrà esser soddisfatta attraverso una quanto più chiara indicazione, in sentenza, del percorso motivazionale seguito dal giudice nella quantificazione del danno di volta in volta liquidato. 

Milano fedele a se stessa
Ciò che diventa oggi davvero imprescindibile è dunque che, in assenza di un metodo puntuale, il giudice non si limiti a indicare un valore all’interno della cornice edittale proposta nella milanese, ma sostenga la propria decisione con una motivazione precisa e granulare, individuando il quantum risarcitorio dovuto in conformità a parametri della cui applicazione e comparazione dovrà darsi adeguatamente e analiticamente conto. Alla resa dei conti, dunque, l’Osservatorio milanese s’impegna a rimodellare la propria tabella, seguendo le indicazioni della Cassazione, ma rimane fedele a se stesso, quanto ai valori economici di fondo che, oggi recepiti dalla maggior parte dei tribunali di merito, continueranno a rappresentare la cornice convenzionale di riferimento (nazionale) entro la quale liquidare il danno parentale. In questo senso la sentenza del presidente Spera funge da battistrada e, dopo aver capillarmente esaminato la situazione, personale e familiare, dei congiunti che hanno agito in giudizio per il ristoro del loro (grave) danno, lo liquida in modo tra loro differenziato, con valutazioni prossime ai massimi della tabella, dando atto delle specifiche ragioni che sostengono ogni singola posta risarcitoria. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Articoli correlati

I più visti