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La massima diligenza deve essere la prima guida

Un caso trattato dalla Corte di Cassazione è l’occasione per esplicitare che per il proprio ruolo di “debitore qualificato dalla veste professionale” l’assicuratore è tenuto ad adempiere ai propri obblighi anche di fronte a una situazione che presenta aspetti da chiarire

La massima diligenza deve essere la prima guida hp_vert_img
L’assicuratore della Rca non è un debitore qualsiasi: è un debitore qualificato dalla veste professionale. Egli dunque deve adempiere le proprie obbligazioni non già con la diligenza esigibile da qualunque persona di media avvedutezza, ma con la exacta diligentia esigibile da chiunque eserciti professionalmente un’attività economica, ai sensi dell’articolo 1176, comma 2, Codice civile.
È quanto stabilito dall’ordinanza 4668 del 14 febbraio 2022 depositata dalla sesta sezione della Suprema Corte di Cassazione in materia di mala gestio dell’assicuratore di Rc auto.
La vicenda presa in esame dagli ermellini concerne le pretese avanzate da un soggetto danneggiato in un sinistro stradale per il quale l’assicuratore del responsabile civile eccepì l’incapienza del massimale, in considerazione del fatto che in conseguenza del sinistro erano rimaste ferite altre tre persone, trasportate a bordo del veicolo del proprio assicurato e che tra i creditori andava annoverato anche l’Inps, che aveva manifestato la volontà di surrogarsi.
L’assicurazione, condannata in primo grado ultra massimale per avere ritardato colpevolmente l’adempimento delle proprie obbligazioni, ricorre in appello e vede sovvertire la decisione del primo giudice sul presupposto della propria condotta ritenuta invece “prudenziale” in quanto: (a) i postumi permanenti patiti dal danneggiato si stabilizzarono soltanto due anni dopo il sinistro; (b) la prima richiesta analitica di risarcimento inviata dal danneggiato non era conforme alle prescrizioni dell’articolo 148 del Codice delle assicurazioni; (c) “in ogni caso”, anche a voler ritenere produttiva di effetti la suddetta costituzione in mora, il termine legale di 90 giorni, entro il quale l’assicuratore avrebbe dovuto formulare la propria offerta alla vittima, venne a scadere il 13 giugno 2011 e l’assicuratore pagò un primo acconto di 60 mila euro il 22 dicembre 2011. A questo si aggiunga che (d) al momento dell’introduzione della lite la dinamica del sinistro non era affatto chiara e legittimava il sospetto di un concorso di colpa della vittima; (e) la sentenza penale di condanna della persona assicurata dalla compagnia nella parte in cui aveva ravvisato un concorso di colpa della vittima, era priva di efficacia vincolante in sede civile, e anch’essa giustificava di conseguenza il ritardo dell’assicuratore nell’adempimento della propria obbligazione; e infine (f) la liquidazione di alcune delle voci di danno lamentate richiedeva un accertamento giudiziale (la durata del danno biologico temporaneo); per altre voci di danno, invece, il ritardo dell’assicuratore era giustificato dalla carenza degli elementi probatori. 

ESSERE DEBITORE DI UN RISARCIMENTO IMPONE IL RISPETTO DEI TERMINI DI LEGGE
Il danneggiato ricorreva dunque in Cassazione con quattro motivi di censura ritenuti tutti fondati.
La Corte richiama prima i principi posti alla base della mora debendi dell’assicuratore, concludendo che la sentenza impugnata ha falsamente applicato gli articoli 1176, 1218 e 1224 cc, per avere accertato in facto una condotta della società assicuratrice deviante dalle norme giuridiche cui l’assicuratore diligente dovrebbe informare la propria condotta e avere nondimeno ritenuto incolpevole l’inadempimento della società. 
L’assicuratore della Rca è un debitore in via diretta d’una obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato (art. 144 Cap) e questa obbligazione va adempiuta nel termine stabilito dalla legge, che nel caso di morte o lesioni personali causate da persona assicurata da una impresa assicuratrice in bonis è di 90 giorni decorrenti da quello in cui la vittima ha richiesto per iscritto il risarcimento (art. 148 Cap). E se quel termine viene superato, diventa onere dell’assicuratore vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 1218 cc.
Ma l’assicuratore della Rca non è un debitore qualsiasi: è un debitore qualificato dalla veste professionale. Egli dunque deve adempiere le proprie obbligazioni non già con la diligenza esigibile da qualunque persona di media avvedutezza, ma con la acuta diligenza esigibile da chiunque eserciti professionalmente un’attività economica, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cc.
Detta norma impone pertanto di considerare “negligente” l’assicuratore della Rca che: ignori o trascuri di rispettare le norme di legge in base alle quali accertare la responsabilità del proprio assicurato; ignori o trascuri di rispettare le norme giuridiche in base alle quali individuare i danneggiati; ignori o trascuri di rispettare le norme giuridiche in base alle quali accertare e stimare il danno causato dal proprio assicurato.

NON SONO VALIDE LE CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA MORA SOLLEVATE
Nello specifico, pertanto, è censurabile e non conforme a diritto la sentenza della Corte d’appello in merito ai punti di cui sopra in quanto:
1. la Corte d’appello accertò in fatto un adempimento tardivo e parziale successivo alla stabilizzazione dei postumi ed escluse allo stesso tempo gli effetti della mora: di qui la violazione degli artt. 1218 cc e 145 Cap (il giudice di merito accertò in punto di fatto che il primo pagamento da parte della compagnia avvenne nove mesi dopo la stabilizzazione dei postumi (22 dicembre 2011), e per di più solo perché la compagnia fu condannata in sede penale al pagamento d’una provvisionale);
2. l’art. 148, comma 5, Cap, impone all’assicuratore, il quale abbia ricevuto una richiesta di risarcimento incompleta, l’onere (e non la facoltà) di richiedere al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento le necessarie integrazioni;
3. una volta scaduto il termine di 90 giorni di cui all’art. 148, comma 2, Cap, l’assicuratore della Rca è costituito in mora, e non è più dato discorrere se abbia adempiuto la propria obbligazione molto tempo o poco tempo dopo quella scadenza;
4. l’incertezza sulla dinamica del sinistro deve indurre qualsiasi assicuratore diligente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cc, a offrire quanto meno la metà del presumibile risarcimento, posto che l’art. 2054, comma 2, postula una presunzione di pari responsabilità dei conducenti;
5. la circostanza che l’assicurato sia stato condannato in sede penale, aggrava, invece di escludere, la mora colpevole dell’assicuratore, non esclusa solo perché sussistano incertezze sull’apporto causale della vittima alla verificazione del sinistro;
6. il rifiuto di risarcire un danno che la vittima abbia allegato, ma non dimostrato, potrà dirsi legittimo solo a posteriori, dopo avere esaminato se e quali accertamenti l’assicuratore abbia svolto, per accertare la fondatezza della pretesa di controparte.
In conclusione il ricorso è stato accolto sulla scorta del seguente principio di diritto:
“L’assicuratore della Rca, quando sia scaduto lo spatium deliberandi di cui all’art. 148 Cap, può evitare gli effetti della mora o attraverso l’offerta reale o secondo gli usi; o attraverso il deposito liberatorio di cui all’art. 140 Cap; oppure dimostrando che l’inadempimento è dipeso da causa non imputabile. Né la difficoltosa ricostruzione della dinamica del sinistro, né l’intervento di assicuratori sociali, né la mancanza di prova di alcune delle voci di danno richieste dalla vittima costituiscono, di per sé cause di esclusione della mora dell’assicuratore”.

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