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Protezione dell’ambiente: un diritto costituzionale

Con la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione, la tutela degli habitat naturali diventa un diritto sancito. L’auspicio è che questa importante novità possa di riflesso aumentare l’attenzione anche sui rischi di inquinamento delle imprese

Protezione dell’ambiente: un diritto costituzionale hp_vert_img
PRIMA PARTE

L’8 febbraio scorso la Camera dei Deputati ha dato il via definitivo alla modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione, inserendovi di fatto la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. D’ora in avanti, quindi, la tutela dell’ambiente diventa un diritto costituzionale per tutti i cittadini. 
Si tratta di un’operazione che è stata da più parti definita storica, ma in pratica, in che cosa si traduce tutto questo?
Innanzitutto, vediamo i due nuovi testi relativi agli articoli indicati, con le variazioni apportate in grassetto:
Articolo 9: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali. 
Articolo 41: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.
Intendiamo dunque tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, non semplicemente e banalmente per il bene di tutti i cittadini, ma anche e soprattutto nell’interesse delle future generazioni, scegliendo espressamente per loro la via della sostenibilità e salvaguardandola. 
Viene inoltre stabilito che, sul piano economico, l’iniziativa privata non potrà più svolgersi in modo da recare danno alla salute e all’ambiente stesso.

Una novità che va trasferita nella cultura aziendale
Secondo molti osservatori, questi pochi enunciati renderebbero la nostra Carta costituzionale una delle più innovative per quanto attiene il rispetto dell’ambiente: quest’ultimo non viene più inteso come semplice habitat da proteggere, ma come bene autonomo da salvaguardare, in quanto diritto costituzionale di tutti i cittadini e lascito per le generazioni future.
Altri, pur ammettendo che il fatto assuma un’importanza in qualche modo epocale, ritengono che sia comunque improbabile che esso trovi riscontro nella realtà. 
L’inserimento delle tematiche ambientali tra i principi fondamentali della nostra Repubblica potrebbe essere benissimo disatteso, dal momento che il nostro paese detiene il record di procedure d’infrazione e di violazione delle direttive europee sull’ambiente e sul clima. 
Difficile, quindi, credere che questa aggiunta alla Costituzione possa determinare un cambio di rotta significativo.
Insomma, secondo molti, ci saremmo limitati a seguire una tendenza osservata in molte altre nazioni (arrivando per altro in ritardo rispetto ad esse), spinti dalle polemiche e dalle preoccupazioni che le conseguenze dei cambiamenti climatici hanno destato in tutta la popolazione. 
Anche la modifica dell’articolo 41, per cui le politiche economiche delle aziende private dovranno essere subordinate alla salvaguardia dell’ambiente, sembrerebbe comunque di difficile attuazione pratica, almeno con i presupposti attuali. 

Affrontare con un’attenzione diversa le situazioni critiche
Per quanto i membri dell’esecutivo abbiano accolto con grande entusiasmo la nuova Costituzione “verde”, infatti, non pare che si siano fatti grandi passi avanti, ad esempio, sulle tante questioni ancora aperte in merito alle nuove concessioni petrolifere, all’estrazione di gas, alle vicende legate all’Ilva etc.
In ogni caso, la consultazione è passata con 468 voti a favore, 1 contrario e 6 astenuti: una sorta di plebiscito, che ha consentito di evitare la necessità di sottoporre la legge di riforma ad un referendum consultivo. Secondo l’articolo 138 della Costituzione, infatti, le leggi di revisione devono essere approvate da ciascuna Camera, con due successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi.
La prima approvazione è stata trasmessa dal Senato alla Camera il 9 giugno 2021, il che vuol dire che, in piena pandemia, questa legge di riforma costituzionale ha concluso il suo iter in circa otto mesi: un vero record. 


(La seconda parte dell’articolo sarà pubblicata su Insurance Daily di martedì 15 marzo)

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