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Pnrr e digitalizzazione del Ssn: un’occasione per attuare la legge Gelli

La digitalizzazione del Ssn potrà contribuire a una migliore gestione del rischio clinico e, dunque, a realizzare la sicurezza delle cure così come perseguita dall’articolo 1 del provvedimento. Nondimeno, il passaggio al digitale non può risolversi nel mero acquisto di tecnologie applicative, ma richiede la definizione di nuovi processi organizzativi che semplifichino l’impiego di tali nuovi dispositivi e non rallentino l’operatività dei sanitari

Pnrr e digitalizzazione del Ssn: un’occasione per attuare la legge Gelli hp_vert_img
La sicurezza delle cure è “parte costitutiva del diritto alla salute” e “dev’essere realizzata mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative”: così dispone l’articolo 1 della legge Gelli, per poi prevedere, all’articolo 18, che l’attuazione della novella non avrebbe potuto determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (così riducendo quell’esordio a una mera petizione di principio).
A distanza di cinque anni, tuttavia, le risorse sono state rinvenute: 16 miliardi per la Missione Salute del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la cui metà viene stanziata per la digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale. Nel passaggio al digitale, nondimeno, si annidano alcune criticità di cui bisogna essere consapevoli.

LA DIGITALIZZAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE SANITARIA E DELLA SUA PRODUZIONE
In primo luogo, occorre intanto sgombrare il campo da un equivoco: per digitalizzazione deve intendersi non solo la dematerializzazione ai fini della conservazione, ma, prima ancora, la produzione stessa della documentazione sanitaria mediante il ricorso a dispositivi digitali. 
Ebbene, proprio in tal senso si consideri come la cartella clinica (e cioè il documento sanitario più rilevante) assolva a una duplice funzione: non solo quella di ricostruire il trattamento sanitario ex post, ma anche, se non soprattutto, quella di orientare l’operato dei medici che intervengono nel corso della degenza e, dunque, restituire loro un quadro clinico sempre aggiornato al fine di individuare le scelte terapeutiche più sicure ed efficaci. È per tale ragione che l’articolo 26 del Codice Deontologico impone al medico di registrare “il decorso clinico assistenziale nel suo contestuale manifestarsi”, tanto che eventuali modifiche successive all’evento o all’attività riportate nel documento integrano il reato di falsità materiale in atto pubblico e ciò anche nell’ipotesi in cui la modifica consista nella mera aggiunta di un’annotazione corrispondente al vero (Cass. pen. Sez. V, 22/10/2018, n. 55385).
In definitiva, la cartella clinica, per poter assolvere alla sua prevalente funzione di diario delle cure, dev’essere sempre completa, aggiornata e immodificabile ed è proprio in tale prospettiva che la digitalizzazione dei processi potrebbe contribuire a rendere maggiormente compliant la documentazione sanitaria rispetto agli stessi canoni enucleati dalla scienza medica e ai principi espressi dalla giurisprudenza sopra richiamata.

DALLA BUROCRAZIA CARTACEA ALLA BUROCRAZIA DIGITALE
Fatta la premessa di cui sopra (che pone la cartella clinica elettronica alla base di una sanità più efficiente, sostenibile e sicura, sia rispetto all’attività del medico sia rispetto ai diritti del paziente), veniamo alle possibili note dolenti, concentrandoci su una delle tematiche più spinose che riguardano le prospettive della digitalizzazione: ci riferiamo al paradosso della burocrazia digitale e cioè a quel fenomeno che si palesa quando una struttura sanitaria vuole sì digitalizzarsi, ma si concentra eccessivamente sull’acquisto di tecnologie applicative e sul ridisegno dei processi organizzativi, senza calcolare l’importanza di non esporre il personale clinico a un eccesso di regole e procedure informatiche, con l’intento di soddisfare alcuni requisiti normativi, che servono a dare valore probatorio ai documenti digitali prodotti proprio attraverso le procedure informatiche stesse.
Le norme sulla digitalizzazione, infatti, impongono che ogni sessione di scrittura e aggiornamento di una cartella clinica elettronica trovi corrispondenza in una firma digitale. Questo significa che il medico, a ogni interazione con il software, dovrebbe,  magari, inserire un lettore di smartcard al dispositivo che sta utilizzando, inserire un Pin, esponendosi a imprevisti tecnici, o alla semplice dimenticanza dei suoi codici di conferma, o dei dispositivi stessi che utilizza per apporre le firme.
Il medico, dunque, potrebbe essere gravemente rallentato dalla continua interazione con dispositivi non sempre collaborativi (come chiavette usb, smartcard ecc.), ritrovandosi costretto in alcuni casi, a dover addirittura sospendere la propria attività in attesa di ricevere assistenza dall’helpdesk informatico della struttura (nel frattempo subissato dalle richieste provenienti anche da altri operatori o reparti). 
Pertanto, passare dalla carta al digitale non significa solo cambiare processi, strumenti e quindi abitudini, ma vuol dire esporre l’organizzazione a nuovi insiemi di regole e normative, che in parte si aggiungono a quelle della dimensione cartacea, in parte le sostituiscono.

GESTIONE DEL RISCHIO E ASSICURAZIONE
Alla luce di quanto sopra, la digitalizzazione  potrà dunque contribuire nel lungo periodo a una migliore gestione del rischio clinico (così come richiamato dall’articolo 1 della Legge Gelli) e, a fronte di un’auspicabile riduzione della sinistrosità, consentire alle strutture di accedere a condizioni di assicurazione maggiormente sostenibili: in altri termini, l’investimento dedicato dal Pnrr alla Missione Salute ben potrebbe essere remunerato, in futuro, dal risparmio di costi (a oggi ingentissimi) che il Servizio Sanitario sopporta nel suo complesso, tra medici e strutture, per assicurare la propria responsabilità (peraltro, è proprio di questi giorni la notizia che il Consiglio di Stato ha rinviato, per ulteriori approfondimenti, l’adozione del parere sullo schema del regolamento attuativo dell’articolo 10 comma 6 Legge Gelli e che, tra i temi di maggiore interesse, vi è proprio l’adozione di meccanismi bonus-malus, che mal ci conciliano con la durata, tipicamente pluriennale, delle coperture delle strutture, ma che potrebbero premiare proprio le realtà più virtuose).
Nondimeno, affinché tali obiettivi possano essere effettivamente raggiunti, il passaggio al digitale non può risolversi nel mero acquisto di tecnologie applicative, ma richiede la definizione di nuovi processi che garantiscano un impiego agevole di tali nuovi dispositivi e non rallentino l’operatività dei sanitari chiamati a utilizzarli. 

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