Prime decisioni della giurisprudenza civile dopo la riforma Balduzzi
La decisione della Suprema Corte depenalizza la responsabilità medica in caso di colpa lieve, dove l’esercente l’attività sanitaria si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. Una posizione che evidenzia quanto la nuova legge non introduca cambiamenti significativi, richiedendo al più presto una reale soluzione al problema
04/09/2013
L'art. 3 ("Responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie"), primo comma, della legge 08.11.2012 n. 189, che ha convertito con modifiche il c.d. decreto Balduzzi (13.09.2012 n. 158), ha statuito che: "L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo".
I primi interpreti di tale norma si sono immediatamente chiesti se il Legislatore, con tale normativa, avesse voluto stravolgere o meno il sistema della responsabilità civile medica, negando ai pazienti danneggiati il diritto di agire, ex artt. 1218 e seguenti del c.c., per la responsabilità contrattuale di tutti gli "esercenti la professione sanitaria", e riportando di conseguenza la responsabilità civile medica (quantomeno dei medici pubblici dipendenti) al solo ambito della responsabilità extracontrattuale.
Le possibilità interpretative
La giurisprudenza di merito ha già avuto modo di pronunciarsi con orientamenti di diverso genere.
Secondo il Tribunale di Torino, in particolare, l'art. 3 della Legge n. 189/21012 cambierebbe il "diritto vivente operando una scelta di campo del tutto chiara (anche se opposta a quella del decreto legge) e congruente con la finalità di contenimento degli oneri risarcitori della sanità pubblica.
Se 'resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c.' in tutti i casi in cui il medico sia chiamato a rispondere del suo operato, che questo sia penalmente rilevante o meno, significa che la responsabilità del medico è extracontrattuale. Questo getta alle ortiche la utilizzabilità in concreto della teorica del contatto sociale, e porta la lite all'interno della responsabilità aquiliana, con conseguente spostamento dell'onere probatorio tutto a carico della parte attrice" (Trib. Torino, Sez. IV^ Civile, 26.02.2013 Est. Scovazzo).
Anche a parere del Tribunale di Varese, il Legislatore (con l'art. 3 della Legge n. 189/2012) avrebbe riproposto "il modello di responsabilità civile medica, come responsabilità ex art. 2043 c.c., così com'era, prima della svolta giudiziaria del 1999 in cui in assenza di contratto, il paziente poteva richiedere il danno iatrogeno, esercitando l'azione aquiliana" (Trib. Varese 26.11.2012 n. 1406 Est. Buffone).
Questa scelta interpretativa, tra l'altro, sarebbe costituzionalmente legittima, in quanto "nel vigore dell'orientamento pretorio che proponeva come modello di azione l'art. 2043 c.c., non si era dubitato della costituzionalità di una impostazione del genere".
La nuova legge, tuttavia, riguarderebbe "solo le ipotesi di responsabilità per c.d. contatto e cioè le ipotesi (al confine tra contratto e torto) in cui manchi un rapporto contrattuale diretto tra paziente danneggiato e sanitario oppure un rapporto contrattuale atipico di spedalità".
Il Tribunale di Arezzo, al contrario, ha affermato che: "l'art. 3 comma uno della Legge n. 189/2012 non impone alcun ripensamento dell'attuale inquadramento contrattuale della responsabilità sanitaria (che non sarebbe neppure funzionale a una politica di abbattimento dei risarcimenti giacché la responsabilità solidale della struttura nel cui ambito operano i sanitari che verrebbero riassoggettati al regime aquiliano conserverebbe comunque natura contrattuale, in virtù del contratto di spedalità o assistenza sanitaria che viene tacitamente concluso con l'accettazione del paziente), ma si limita (nel primo periodo) a determinare un'esimente in ambito penale (i cui contorni risultano ancora tutti da definire), a fare salvo (nel secondo periodo) l'obbligo risarcitorio e a sottolineare (nel terzo periodo) la rilevanze delle linee guida e delle buone pratiche nel concreto accertamento della responsabilità (con portata sostanzialmente ricognitiva degli attuali orientamenti giurisprudenziali)" (Trib. Arezzo 14.02.2013 Est. Sestini).
La Suprema Corte, infine, pare aver preso una posizione ben precisa circa l'impatto della riforma Balduzzi nel settore civilistico: "L'art. 3 comma uno del d.l. 13.09.2012 n. 158 conv. in l. 08.11.2012 n. 189 ha depenalizzato la responsabilità medica in caso di colpa lieve, dove l'esercente l'attività sanitaria si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. L'esimente penale non elide, però, l'illecito civile e resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c. che è clausola generale del neminen laedere, sia nel diritto positivo, sia con riguardo ai diritti umani inviolabili quale è la salute. La materia della responsabilità civile segue, tuttavia, le sue regole consolidate e non solo per la responsabilità aquiliana del medico ma anche per quella c.d. contrattuale del medico e della struttura sanitaria, da contatto sociale" (Cass. 19.02.2013 n. 4030).
In sintesi, pur essendo ancora oggetto di discussione, ci pare di poter dire che la riforma Balduzzi, perlomeno per quanto concerne il diritto civile, non abbia mutato la situazione per la classe medica che anche di recente, tramite il Consiglio Nazionale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), ha ribadito l'esigenza di chiarezza e di certezza (soprattutto di natura assicurativa).
Appare pertanto opportuno un intervento che riformi organicamente l'intero sistema della responsabilità civile sanitaria.
I primi interpreti di tale norma si sono immediatamente chiesti se il Legislatore, con tale normativa, avesse voluto stravolgere o meno il sistema della responsabilità civile medica, negando ai pazienti danneggiati il diritto di agire, ex artt. 1218 e seguenti del c.c., per la responsabilità contrattuale di tutti gli "esercenti la professione sanitaria", e riportando di conseguenza la responsabilità civile medica (quantomeno dei medici pubblici dipendenti) al solo ambito della responsabilità extracontrattuale.
Le possibilità interpretative
La giurisprudenza di merito ha già avuto modo di pronunciarsi con orientamenti di diverso genere.
Secondo il Tribunale di Torino, in particolare, l'art. 3 della Legge n. 189/21012 cambierebbe il "diritto vivente operando una scelta di campo del tutto chiara (anche se opposta a quella del decreto legge) e congruente con la finalità di contenimento degli oneri risarcitori della sanità pubblica.
Se 'resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c.' in tutti i casi in cui il medico sia chiamato a rispondere del suo operato, che questo sia penalmente rilevante o meno, significa che la responsabilità del medico è extracontrattuale. Questo getta alle ortiche la utilizzabilità in concreto della teorica del contatto sociale, e porta la lite all'interno della responsabilità aquiliana, con conseguente spostamento dell'onere probatorio tutto a carico della parte attrice" (Trib. Torino, Sez. IV^ Civile, 26.02.2013 Est. Scovazzo).
Anche a parere del Tribunale di Varese, il Legislatore (con l'art. 3 della Legge n. 189/2012) avrebbe riproposto "il modello di responsabilità civile medica, come responsabilità ex art. 2043 c.c., così com'era, prima della svolta giudiziaria del 1999 in cui in assenza di contratto, il paziente poteva richiedere il danno iatrogeno, esercitando l'azione aquiliana" (Trib. Varese 26.11.2012 n. 1406 Est. Buffone).
Questa scelta interpretativa, tra l'altro, sarebbe costituzionalmente legittima, in quanto "nel vigore dell'orientamento pretorio che proponeva come modello di azione l'art. 2043 c.c., non si era dubitato della costituzionalità di una impostazione del genere".
La nuova legge, tuttavia, riguarderebbe "solo le ipotesi di responsabilità per c.d. contatto e cioè le ipotesi (al confine tra contratto e torto) in cui manchi un rapporto contrattuale diretto tra paziente danneggiato e sanitario oppure un rapporto contrattuale atipico di spedalità".
Il Tribunale di Arezzo, al contrario, ha affermato che: "l'art. 3 comma uno della Legge n. 189/2012 non impone alcun ripensamento dell'attuale inquadramento contrattuale della responsabilità sanitaria (che non sarebbe neppure funzionale a una politica di abbattimento dei risarcimenti giacché la responsabilità solidale della struttura nel cui ambito operano i sanitari che verrebbero riassoggettati al regime aquiliano conserverebbe comunque natura contrattuale, in virtù del contratto di spedalità o assistenza sanitaria che viene tacitamente concluso con l'accettazione del paziente), ma si limita (nel primo periodo) a determinare un'esimente in ambito penale (i cui contorni risultano ancora tutti da definire), a fare salvo (nel secondo periodo) l'obbligo risarcitorio e a sottolineare (nel terzo periodo) la rilevanze delle linee guida e delle buone pratiche nel concreto accertamento della responsabilità (con portata sostanzialmente ricognitiva degli attuali orientamenti giurisprudenziali)" (Trib. Arezzo 14.02.2013 Est. Sestini).
La Suprema Corte, infine, pare aver preso una posizione ben precisa circa l'impatto della riforma Balduzzi nel settore civilistico: "L'art. 3 comma uno del d.l. 13.09.2012 n. 158 conv. in l. 08.11.2012 n. 189 ha depenalizzato la responsabilità medica in caso di colpa lieve, dove l'esercente l'attività sanitaria si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. L'esimente penale non elide, però, l'illecito civile e resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c. che è clausola generale del neminen laedere, sia nel diritto positivo, sia con riguardo ai diritti umani inviolabili quale è la salute. La materia della responsabilità civile segue, tuttavia, le sue regole consolidate e non solo per la responsabilità aquiliana del medico ma anche per quella c.d. contrattuale del medico e della struttura sanitaria, da contatto sociale" (Cass. 19.02.2013 n. 4030).
In sintesi, pur essendo ancora oggetto di discussione, ci pare di poter dire che la riforma Balduzzi, perlomeno per quanto concerne il diritto civile, non abbia mutato la situazione per la classe medica che anche di recente, tramite il Consiglio Nazionale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), ha ribadito l'esigenza di chiarezza e di certezza (soprattutto di natura assicurativa).
Appare pertanto opportuno un intervento che riformi organicamente l'intero sistema della responsabilità civile sanitaria.
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