L’omessa sorveglianza è a tutela della compagnia
Le clausole di esclusione dell’operatività della polizza in caso di furto vanno intese come definizione dell’oggetto del contratto e non come una sottrazione ai propri obblighi da parte dell’assicuratore
12/10/2017
Ancora una volta, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa in ordine al carattere vessatorio delle clausole limitative della responsabilità delle compagnie assicurative inserite all’interno dei contratti, offrendoci lo spunto per alcune riflessioni (Cass. Civ. Sez. III, Ordinanza n. 14280, 8 giugno 2017).
Nel caso specifico, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza del Tribunale di Pescara n. 1700/2013, con cui il giudice abruzzese aveva respinto la domanda attorea in merito a una richiesta di indennizzo inoltrata alla compagnia assicurativa a seguito della sottrazione del natante di proprietà attorea.
Circa le circostanze fattuali, la parte attrice riportava che, dopo aver ormeggiato il natante in una baia limitrofa al porto, con tutte le chiusure attivate, e nonostante lo avesse controllato a vista per tutto il tempo in cui lo stesso si era intrattenuto sull’antistante spiaggia, il natante gli era stato sottratto.
In particolare, la clausola relativa alla copertura in caso di furto prevedeva che “quando in caso di furto totale, l’unità da diporto e/o il battello di servizio si trovino in giacenza, anche temporanea, in acque marine, al di fuori di un porto, senza persone a bordo e senza essere sottoposte a sorveglianza ininterrotta - per sorveglianza si intende quella esercitata a vista nelle immediate vicinanze dell’unità da diporto o del battello”.
A fronte del diniego da parte dell’assicurazione di procedere alla liquidazione dell’indennizzo, il ricorrente lamentava che la clausola, mai approvata specificatamente per iscritto, avesse contenuto vessatorio e abusivo in quanto, determinando uno squilibrio irragionevole, escludeva completamente il rischio per il furto, trasformando quest’ultimo in rapina, e che traducendosi in esclusione o delimitazione della responsabilità doveva essere approvata per iscritto.
Una delimitazione per il rischio assicurato
L’assicurato fondava dunque l’unico motivo di ricorso sulla base di due argomentazioni: la prima in ordine alla mancata specifica approvazione della suddetta clausola, e la seconda circa il carattere vessatorio della stessa.
La Corte ha rigettato il ricorso in quanto “le clausole che subordinano l’operatività della garanzia assicurativa all’adozione, da parte dell’assicurato, di determinate misure di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi non realizzano una limitazione di responsabilità dell’assicuratore, ma individuano e delimitano l’oggetto stesso del contratto ed il rischio dell’assicuratore stesso (Corte di Cassazione, 10 febbraio 2015, n. 2469; Corte di Cassazione, 28 ottobre 2014, n. 22806; Corte di Cassazione, 28 aprile 2010, n. 10194), da cui consegue fra l’altro la non necessità della specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341, comma 2, Cod. Civile”.
Con tale pronuncia, gli ermellini hanno inteso quindi avallare la posizione assunta dal giudice di primo grado, andando così a consolidare un orientamento giurisprudenziale favorevole alle esigenze di tutela delle compagnie, a fronte di richieste risarcitorie spesso prive di fondamento o strumentali.
Dunque, i giudici della Cassazione hanno chiarito che tali clausole sono pienamente legittime, realizzando una delimitazione dell’oggetto e del rischio assicurato (sul punto vedasi anche La clausola di delimitazione del rischio, in Insurance Daily n. 739/2015) e giammai una limitazione della responsabilità dell’assicuratore (che invece avrebbe dovuto prevedere una specifica approvazione).
Pur salutando con favore la pronuncia in esame, non si può non ricordare come rimane, di fondamentale importanza, per le compagnie apprestare sempre maggiore attenzione nella formulazione delle clausole non solo in fase redazionale, ma (anche grazie agli intermediari) principalmente all’atto di sottoscrizione delle polizze.
Nel caso specifico, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza del Tribunale di Pescara n. 1700/2013, con cui il giudice abruzzese aveva respinto la domanda attorea in merito a una richiesta di indennizzo inoltrata alla compagnia assicurativa a seguito della sottrazione del natante di proprietà attorea.
Circa le circostanze fattuali, la parte attrice riportava che, dopo aver ormeggiato il natante in una baia limitrofa al porto, con tutte le chiusure attivate, e nonostante lo avesse controllato a vista per tutto il tempo in cui lo stesso si era intrattenuto sull’antistante spiaggia, il natante gli era stato sottratto.
In particolare, la clausola relativa alla copertura in caso di furto prevedeva che “quando in caso di furto totale, l’unità da diporto e/o il battello di servizio si trovino in giacenza, anche temporanea, in acque marine, al di fuori di un porto, senza persone a bordo e senza essere sottoposte a sorveglianza ininterrotta - per sorveglianza si intende quella esercitata a vista nelle immediate vicinanze dell’unità da diporto o del battello”.
A fronte del diniego da parte dell’assicurazione di procedere alla liquidazione dell’indennizzo, il ricorrente lamentava che la clausola, mai approvata specificatamente per iscritto, avesse contenuto vessatorio e abusivo in quanto, determinando uno squilibrio irragionevole, escludeva completamente il rischio per il furto, trasformando quest’ultimo in rapina, e che traducendosi in esclusione o delimitazione della responsabilità doveva essere approvata per iscritto.
Una delimitazione per il rischio assicurato
L’assicurato fondava dunque l’unico motivo di ricorso sulla base di due argomentazioni: la prima in ordine alla mancata specifica approvazione della suddetta clausola, e la seconda circa il carattere vessatorio della stessa.
La Corte ha rigettato il ricorso in quanto “le clausole che subordinano l’operatività della garanzia assicurativa all’adozione, da parte dell’assicurato, di determinate misure di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi non realizzano una limitazione di responsabilità dell’assicuratore, ma individuano e delimitano l’oggetto stesso del contratto ed il rischio dell’assicuratore stesso (Corte di Cassazione, 10 febbraio 2015, n. 2469; Corte di Cassazione, 28 ottobre 2014, n. 22806; Corte di Cassazione, 28 aprile 2010, n. 10194), da cui consegue fra l’altro la non necessità della specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341, comma 2, Cod. Civile”.
Con tale pronuncia, gli ermellini hanno inteso quindi avallare la posizione assunta dal giudice di primo grado, andando così a consolidare un orientamento giurisprudenziale favorevole alle esigenze di tutela delle compagnie, a fronte di richieste risarcitorie spesso prive di fondamento o strumentali.
Dunque, i giudici della Cassazione hanno chiarito che tali clausole sono pienamente legittime, realizzando una delimitazione dell’oggetto e del rischio assicurato (sul punto vedasi anche La clausola di delimitazione del rischio, in Insurance Daily n. 739/2015) e giammai una limitazione della responsabilità dell’assicuratore (che invece avrebbe dovuto prevedere una specifica approvazione).
Pur salutando con favore la pronuncia in esame, non si può non ricordare come rimane, di fondamentale importanza, per le compagnie apprestare sempre maggiore attenzione nella formulazione delle clausole non solo in fase redazionale, ma (anche grazie agli intermediari) principalmente all’atto di sottoscrizione delle polizze.
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