Sistema sanitario: si apre al recupero delle spese
Un caso trattato nelle scorse settimane dalla Cassazione disegna la strada per le azioni di rimborso dei costi di cura da parte delle Asl verso il responsabile di un illecito che ha portato danni a terzi
16/11/2017
Una sentenza appena depositata dalla suprema Corte di Cassazione (n. 24289 del 16 ottobre 2017, pres. dott. Vivaldi, rel. dott. D’Arrigo) riporta in grande evidenza la problematica legata al costo sociale delle spese per cure erogate dal Servizio sanitario nazionale attraverso le strutture amministrative locali e, soprattutto, della facoltà concessa dal nostro ordinamento per l’azione legata al loro recupero verso il responsabile civile che le abbia causate. È questo un tema di grande rilievo, perché da sempre la dottrina e la giurisprudenza non si trovano allineate tanto sulla natura della prestazione erogata in questi casi, quanto sulla possibilità di riversarne il costo (con lo strumento dell’azione surrogatoria per lo più) sul soggetto autore dell’illecito.
L’Ssn spende per illeciti di terzi
La vicenda che porta alla decisione segnalata, tipica invero per tali casistiche, origina da un’azione di recupero avviata da un’amministrazione locale (della provincia di Trento) sotto forma di rivalsa verso il responsabile di un fatto illecito (il titolare di una azienda per un infortunio sul lavoro di un proprio dipendente, per il quale era stata accertata la sua responsabilità) per i costi delle cure mediche prestate in veste di Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss). L’azione recuperatoria dell’azienda erogatrice del Ssn veniva promossa a titolo di rivalsa ex art. 1916 Cod. Civ. e accolta dalla corte territoriale, la quale condannava il datore di lavoro al rimborso delle cure prestate all’infortunato. Il conseguente ricorso promosso dal datore di lavoro per la censura della decisione, si basava sulla ritenuta falsa interpretazione dell’articolo 1916 in parola e sulla sua non idoneità a configurare una legittima titolarità attiva in capo all’azienda erogatrice del servizio.
Non rivalsa ma responsabilità extracontrattuale
Con una decisione molto articolata e motivata anche sul piano dell’esegesi normativa della complessa tematica, la Corte ripercorre sia l’iter argomentativo delle diverse posizioni nel tempo espresse sul tema, sia le possibili soluzioni di inquadramento tanto della possibile legittimazione attiva dell’ente, quanto della forma giuridica dell’azione a lui spettante, giungendo alla fine a una posizione per certi aspetti del tutto innovativa. La Corte afferma, dunque che se può essere condivisa la tesi che lo strumento giuridico della rivalsa ex art. 1916 Cod.Civ. non si adatti alla natura dell’erogazione svolta in sede di assistenza sanitaria pubblica, la stessa prestazione, tuttavia, può costituire forma creditoria idonea a generare un titolo legittimo da richiedere in un contesto di responsabilità extracontrattuale, e quindi con l’azione di risarcimento del danno ex art. 2043 Cod.Civ. verso l’autore dell’illecito.
Il presupposto non risiede nell’art. 1916
È questo passaggio, cui la Corte approda nella disamina del caso e delle diverse istanze promosse dall’azienda sanitaria, a determinare la principale novità della decisione in commento, perché pone astrattamente le basi per un’azione di recupero che dia legittimazione attiva in tutte le ipotesi in cui le prestazioni sanitarie comunque erogate in regime obbligatorio e sociale siano generate da un fatto illecito del terzo e nel caso in cui non esista già un sistema (del tipo previsto nella Rc auto come si dirà) che compensi forfettariamente e anticipatamente il costo del danno generato dal fatto stesso. La corte, conclusivamente, afferma che in caso di cure mediche e prestazioni sanitarie rese dal servizio sanitario nazionale in favore del danneggiato da fatto illecito altrui, all’ente non compete l’azione di rivalsa prevista dall’articolo 1916 codice civile, e neppure l’azione surrogatoria di quell’articolo 1203 n. 3, Cod.Civ., difettando in entrambi i casi di presupposti di legge.
Recupero escluso solo con Rc obbligatoria
Tuttavia, per recuperare i costi delle prestazioni rese a favore del danneggiato, il Servizio sanitario nazionale potrà agire per responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’autore del fatto illecito, e ciò nonostante la gratuità delle prestazioni medesime da erogarsi obbligatoriamente a qualunque cittadino. Tale gratuità, infatti, opera solo nei rapporti tra servizio sanitario nazionale e degente, ma non esclude la responsabilità aquiliana del danneggiante per i costi effettivamente sostenuti dal Sistema sanitario nazionale a causa della sua condotta illecita. Unica eccezione a quanto sopra varrà nelle sole ipotesi in cui al servizio sanitario nazionale sarà negato titolo per agire in sede extracontrattuale (e anche in via surrogatoria) nei confronti del responsabile per recuperare i costi delle prestazioni sanitarie rese a favore della vittima di un sinistro derivante dalla circolazione stradale e natanti, poiché tali prestazioni sono già compensate ex lege mediante il contributo sui premi assicurativi della responsabilità civile obbligatoria del ramo, come previsti dall’articolo 334 del codice delle assicurazioni private.
L’Ssn spende per illeciti di terzi
La vicenda che porta alla decisione segnalata, tipica invero per tali casistiche, origina da un’azione di recupero avviata da un’amministrazione locale (della provincia di Trento) sotto forma di rivalsa verso il responsabile di un fatto illecito (il titolare di una azienda per un infortunio sul lavoro di un proprio dipendente, per il quale era stata accertata la sua responsabilità) per i costi delle cure mediche prestate in veste di Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss). L’azione recuperatoria dell’azienda erogatrice del Ssn veniva promossa a titolo di rivalsa ex art. 1916 Cod. Civ. e accolta dalla corte territoriale, la quale condannava il datore di lavoro al rimborso delle cure prestate all’infortunato. Il conseguente ricorso promosso dal datore di lavoro per la censura della decisione, si basava sulla ritenuta falsa interpretazione dell’articolo 1916 in parola e sulla sua non idoneità a configurare una legittima titolarità attiva in capo all’azienda erogatrice del servizio.
Non rivalsa ma responsabilità extracontrattuale
Con una decisione molto articolata e motivata anche sul piano dell’esegesi normativa della complessa tematica, la Corte ripercorre sia l’iter argomentativo delle diverse posizioni nel tempo espresse sul tema, sia le possibili soluzioni di inquadramento tanto della possibile legittimazione attiva dell’ente, quanto della forma giuridica dell’azione a lui spettante, giungendo alla fine a una posizione per certi aspetti del tutto innovativa. La Corte afferma, dunque che se può essere condivisa la tesi che lo strumento giuridico della rivalsa ex art. 1916 Cod.Civ. non si adatti alla natura dell’erogazione svolta in sede di assistenza sanitaria pubblica, la stessa prestazione, tuttavia, può costituire forma creditoria idonea a generare un titolo legittimo da richiedere in un contesto di responsabilità extracontrattuale, e quindi con l’azione di risarcimento del danno ex art. 2043 Cod.Civ. verso l’autore dell’illecito.
Il presupposto non risiede nell’art. 1916
È questo passaggio, cui la Corte approda nella disamina del caso e delle diverse istanze promosse dall’azienda sanitaria, a determinare la principale novità della decisione in commento, perché pone astrattamente le basi per un’azione di recupero che dia legittimazione attiva in tutte le ipotesi in cui le prestazioni sanitarie comunque erogate in regime obbligatorio e sociale siano generate da un fatto illecito del terzo e nel caso in cui non esista già un sistema (del tipo previsto nella Rc auto come si dirà) che compensi forfettariamente e anticipatamente il costo del danno generato dal fatto stesso. La corte, conclusivamente, afferma che in caso di cure mediche e prestazioni sanitarie rese dal servizio sanitario nazionale in favore del danneggiato da fatto illecito altrui, all’ente non compete l’azione di rivalsa prevista dall’articolo 1916 codice civile, e neppure l’azione surrogatoria di quell’articolo 1203 n. 3, Cod.Civ., difettando in entrambi i casi di presupposti di legge.
Recupero escluso solo con Rc obbligatoria
Tuttavia, per recuperare i costi delle prestazioni rese a favore del danneggiato, il Servizio sanitario nazionale potrà agire per responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’autore del fatto illecito, e ciò nonostante la gratuità delle prestazioni medesime da erogarsi obbligatoriamente a qualunque cittadino. Tale gratuità, infatti, opera solo nei rapporti tra servizio sanitario nazionale e degente, ma non esclude la responsabilità aquiliana del danneggiante per i costi effettivamente sostenuti dal Sistema sanitario nazionale a causa della sua condotta illecita. Unica eccezione a quanto sopra varrà nelle sole ipotesi in cui al servizio sanitario nazionale sarà negato titolo per agire in sede extracontrattuale (e anche in via surrogatoria) nei confronti del responsabile per recuperare i costi delle prestazioni sanitarie rese a favore della vittima di un sinistro derivante dalla circolazione stradale e natanti, poiché tali prestazioni sono già compensate ex lege mediante il contributo sui premi assicurativi della responsabilità civile obbligatoria del ramo, come previsti dall’articolo 334 del codice delle assicurazioni private.
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