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Orizzonte 2020: rosee prospettive per i cyber-premi

Il messaggio è stato ormai lanciato da più parti: i danni da attacchi informatici esistono e non ci si può più nascondere dietro al classico “tanto a me non succede”. Pare, a differenza di altri casi, che questa volta le aziende abbiano colto il monito e stiano correndo ai ripari, come dimostrano i numeri di uno studio di PwC: 2,5 miliardi di dollari di raccolta premi nel 2015, che dovrebbero raddoppiare entro il 2018.

In uno scenario globale che vede ormai una media di 100.000 “incidenti” informatici al giorno, i key men hanno cominciato a capire, in più della metà delle società coinvolte dalla ricerca, che è necessario dotarsi di polizze ad hoc. Polizze che per ora sono ancora poco funzionali alle più disparate esigenze dei potenziali clienti. Con costi spesso elevati, massimali contenuti e condizioni complesse che spesso lasciano nel dubbio gli assicurati sul fatto che valga la pena o meno investire in tali coperture.

L’obiettivo degli assicuratori è, in questo momento, riuscire a trasmettere alle aziende, già spaventate dai possibili attacchi, la necessaria sicurezza che la polizza dovrebbe poter creare. Anche attraverso una strategia meno difensiva di quella attuale. L’impressione, al momento, è che le compagnie vogliano evitare l’incertezza del mercato cyber attraverso esclusioni molto ampie. Con il rischio, molto concreto, che si vengano a creare aspri contenzioni con tra i clienti e quegli assicuratori che non sono stati in grado di spiegare con chiarezza i limiti e i confini delle coperture. Si perderebbe così, inoltre, il grande vantaggio rappresentato dall’operare attualmente in un mercato nel quale la domanda è in forte ascesa.
L’esposizione delle compagnie potrebbe essere gestita in maniera consapevole attraverso il trasferimento ai riassicuratori, in modo da capitalizzare al massimo le azioni sul comparto cyber. Il tutto, ovviamente, supportato dalla continua analisi delle esposizioni e dei sinistri.

Senza dimenticare, infine, che i primi soggetti a doversi proteggere sono le compagnie stesse. Da una ricerca di Crown Records Management è emerso, con soddisfazione da parte di tutto il settore, che solo il 17% delle compagnie inglesi interpellate ha perso dei dati a causa di accessi fraudolenti ai propri sistemi. Contro una media del 40% in tutti gli altri settori. Si può sicuramente affermare che la reputazione sia uno dei fattori determinanti in questo campo, ma un minimo passo falso può avere ripercussioni estremamente negative per una compagnia.

Come spesso accade, quindi, il rischio rappresentato dal mercato cyber deve essere visto come una grande opportunità dall’industria assicurativa. Opportunità che richiede investimenti, analisi delle esigenze dei clienti e tempestività nelle risposte. Elementi che al momento non mancano, ma che dovranno sicuramente essere integrati per arrivare, entro il 2020, a una raccolta premi attesa di 7 miliardi e mezzo.



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