Gli agenti verso la quantificazione economica dei dati?
L'editoriale di Maria Rosa Alaggio, dal numero di febbraio 2023 di Insurance Review
09/02/2023
Nell’adozione di nuove tecnologie, le banche e le assicurazioni hanno raggiunto un livello di maturità tale da porre il mondo dei servizi finanziari in pole position rispetto ad altri settori. Dalla recente indagine realizzata dagli Osservatori digitali del Politecnico di Milano, emerge infatti che l’80% degli intervistati, tra banche e assicurazioni, è in grado di riconoscere i propri clienti su tutti i punti di contatto, e il 71% del campione ha una visione unica del singolo cliente, contro il 18% della media nazionale.
Queste evidenze dimostrano quanto il settore assicurativo abbia accelerato in poco tempo sulla strada della digitalizzazione, attuando strategie tese all’omnicanalità e alla customer centricity.
L’assicurazione, sottolinea l’indagine, spicca come soggetto evoluto tecnologicamente sul fronte dell’integrazione dei canali. E proprio l’omnicanalità, come è noto, è stata motivo di confronti a volte aspri tra compagnie e reti agenziali, preoccupate dal possibile rischio di disintermediazione da parte dei canali digitali.
Gli agenti hanno però saputo cogliere, nonostante alcune ritrosie iniziali, i vantaggi della digitalizzazione per la loro attività, per migliorare l’operatività e la relazione con la clientela. Ma, va detto, resta molto alta l’attenzione delle rappresentanze di categoria nel tutelare il ruolo centrale degli intermediari in un sistema distributivo integrato e omnicanale.
La realtà di oggi è che tutti questi passaggi evolutivi stanno aprendo una nuova partita da giocare tra agenti e compagnie, generata dalle riflessioni, da parte del canale agenziale, circa la capacità delle compagnie di operare all’insegna della “single customer view”. L’interrogativo di base riguarda uno dei nodi più spinosi con cui si apre il 2023, e che non si limita “solo” al tema della titolarità dei dati relativi al cliente e al loro utilizzo.
I rappresentanti degli agenti stanno infatti iniziando a chiedersi sempre più frequentemente quale sia il valore economico da attribuire al dato, invitando colleghi, mandanti e istituzioni a individuare i perimetri di attività e i metodi di calcolo per quantificare economicamente i dati, definiti come “intangible asset” aziendali.
Alcuni relatori esperti intervenuti nell’ambito di un recente convegno organizzato da Uea sul tema, hanno sottolineato come i dati “se correttamente trattati e profilati, hanno un valore che può essere iscritto nel bilancio della società agenziale. Un asset che può essere negoziato per altre finalità commerciali e venduto indipendentemente dal rilievo che ha per l’agenzia”.
Che i dati rappresentino un patrimonio per chi li detiene non è una novità, ma stabilire innanzitutto chi è titolare o contitolare del dato per poi monetizzarne il valore è altra questione. Una vera e propria frontiera che apre un importante, e delicato, ambito di confronto con le compagnie: un dibattito, si augurano gli agenti, che possa condurre a circoscrivere le aree in cui risiede questo patrimonio, il relativo valore economico da concedere alle reti, l’utilizzo a favore del cliente. Il tutto, osserva qualche rappresentante di categoria, con l’obiettivo di creare un sistema basato sulla qualità per tutti.
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