Cerved, aumenta la spesa di welfare
Crescono tuttavia anche le famiglie che hanno dovuto rinunciare alle cure mediche
Aumenta la spesa di welfare delle famiglie italiane. Nel 2021, secondo l'ultima edizione del Bilancio di welfare delle famiglie italiane di Cerved, la spesa complessiva ha messo a segno un rialzo dell'11,4% su base annua e ha raggiunto quota 136,6 miliardi di euro. Le principale uscite riguardano l'area della salute (38,8 miliardi di euro), seguita dall'assistenza agli anziani (29,4 miliardi) e dai supporti al lavoro (25 miliardi). Sommando poi anche i 21,2 miliardi di euro messi in moto da iniziative di welfare aziendale, si arriva a una cifra in grado di coprire il 9% del Pil.
“L’industria del welfare è un settore trainante per la crescita del Paese”, ha commentato Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved, durante la presentazione del rapporto. “Gli investimenti pubblici e privati – ha proseguito – sono decisivi per rinnovare il nostro sistema di welfare, generando nuovi modelli di servizio capaci di rispondere alla domanda delle famiglie”.
Eppure, nonostante queste cifre, sempre più famiglie si sono ritrovate costrette a rinunciare ad alcune prestazioni sanitarie. Enea Dallaglio, partner di Innovation Team, ha evidenziato che più della metà delle famiglie italiane (50,2%) ha rinunciato nel 2021 alle cure mediche. Nel 2018, giusto per avere un'idea, il tasso di rinuncia si fermava al 40,8%.
Alla base delle rinunce ci sono sicuramente le restrizioni per la pandemia di coronavirus e le difficoltà economiche della fascia meno abbiente della popolazione. Ma anche (e soprattutto) l'assenza di un'offerta adeguata ai bisogni delle famiglie. “Due terzi delle famiglie, quelle più benestanti, hanno avuto difficoltà nel trovare servizi adeguati ai propri bisogni di assistenza per gli anziani”, ha osservato Dallaglio. “C'è una distanza grandissima – ha aggiunto – fra domanda e offerta”. Nell'ambito dell'assistenza agli anziani, per esempio, il rapporto mostra che più del 60% delle famiglie ha rinunciato a servizi di welfare perché giudicati di qualità insufficiente (29,5%) o perché, più semplicemente, non ancora disponibili (31,9%).
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