Decreto Sviluppo bis, la dura replica di Ania
La collaborazione tra intermediari porterà “una giungla senza regole” e danni ai consumatori
05/10/2012
Il Decreto Sviluppo bis non fa in tempo ad incontrare il plauso del Sindacato Nazionale Agenti, per la norma che sancisce la possibilità per gli intermediari di collaborare con qualsiasi altro soggetto iscritto al Rui, che incappa subito nel niet" dell'Ania.
Proprio sul nodo della collaborazione tra intermediari, la replica dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici non si è fatta attendere e la critica è decisa: "lungi dal portare vantaggi ai consumatori, comporterà danni in termini di aumento dei costi delle polizze e di riduzione della qualità del servizio agli assicurati".
Secondo Ania, il fatto di permettere alla rete di distribuzione di collocare prodotti di compagnie diverse da quelle da cui hanno ricevuto un mandato, "non può in alcun modo essere interpretato come un esempio di liberalizzazione". Ancora, si legge in una nota dell'Associazione, invece di favorire la concorrenza, questo provvedimento "creerà una giungla senza regole che determinerà un aumento dei costi di distribuzione, come sempre avviene quando per lo stesso prodotto si pagano più intermediari, ossia quando si allunga la filiera produttiva".
Inoltre, per Ania si tratta "di una norma inaccettabile e penalizzante per le imprese italiane" anche sul versante della concorrenza internazionale perché permetterebbe ai competitors esteri di entrare sul mercato italiano "senza sostenere i costi di creazione della rete".
Altro punto su cui viene richiamata l'attenzione è l'investimento che fino ad oggi le compagnie hanno fatto nei confronti della rete agenziale, in termini di formazione e disponibilità dei sistemi operativi e dei locali, allo scopo di offrire al cliente un valore aggiunto e distinguersi dalla concorrenza. "Scardinando questo sistema - sottolinea Ania - si mina alla base il rapporto di fiducia che intercorre fra agente e compagnia" e ci si espone ad un altro rischio, quello che "senza più investimenti da parte delle imprese sulle reti di vendita, resisteranno solo gli operatori di grandi dimensioni".
Insomma, almeno su questo punto del Decreto le posizioni sembrerebbero essere molto distanti e se la nota dell'Associazione infine esprime l'auspicio di poter addivenire a soluzioni "condivise, efficaci nella protezione del consumatore e atte a favorire lo sviluppo del mercato", non rinuncia a chiudere con un'ultima dura considerazione: "le compagnie italiane non possono essere considerate un interlocutore solo quando si tratta di finanziare il debito pubblico".
Proprio sul nodo della collaborazione tra intermediari, la replica dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici non si è fatta attendere e la critica è decisa: "lungi dal portare vantaggi ai consumatori, comporterà danni in termini di aumento dei costi delle polizze e di riduzione della qualità del servizio agli assicurati".
Secondo Ania, il fatto di permettere alla rete di distribuzione di collocare prodotti di compagnie diverse da quelle da cui hanno ricevuto un mandato, "non può in alcun modo essere interpretato come un esempio di liberalizzazione". Ancora, si legge in una nota dell'Associazione, invece di favorire la concorrenza, questo provvedimento "creerà una giungla senza regole che determinerà un aumento dei costi di distribuzione, come sempre avviene quando per lo stesso prodotto si pagano più intermediari, ossia quando si allunga la filiera produttiva".
Inoltre, per Ania si tratta "di una norma inaccettabile e penalizzante per le imprese italiane" anche sul versante della concorrenza internazionale perché permetterebbe ai competitors esteri di entrare sul mercato italiano "senza sostenere i costi di creazione della rete".
Altro punto su cui viene richiamata l'attenzione è l'investimento che fino ad oggi le compagnie hanno fatto nei confronti della rete agenziale, in termini di formazione e disponibilità dei sistemi operativi e dei locali, allo scopo di offrire al cliente un valore aggiunto e distinguersi dalla concorrenza. "Scardinando questo sistema - sottolinea Ania - si mina alla base il rapporto di fiducia che intercorre fra agente e compagnia" e ci si espone ad un altro rischio, quello che "senza più investimenti da parte delle imprese sulle reti di vendita, resisteranno solo gli operatori di grandi dimensioni".
Insomma, almeno su questo punto del Decreto le posizioni sembrerebbero essere molto distanti e se la nota dell'Associazione infine esprime l'auspicio di poter addivenire a soluzioni "condivise, efficaci nella protezione del consumatore e atte a favorire lo sviluppo del mercato", non rinuncia a chiudere con un'ultima dura considerazione: "le compagnie italiane non possono essere considerate un interlocutore solo quando si tratta di finanziare il debito pubblico".
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