Economia italiana: con il primo trimestre 2012 si chiude il periodo peggiore
Segnali di ripresa per i settori legati all’export, male l’industria alimentare e la filiera delle costruzioni
30/03/2012
I primi tre mesi del 2012, interessati da una contrazione del Pil dello 0,6%, dovrebbero aver concluso la fase più negativa dell'ultimo semestre, ciononostante il risultato dell'intero anno non dovrebbe andare oltre il -1,4% stimato. Sono i primi dati emersi dall'Osservatorio congiunturale, presentato a Roma presso la sede di Sace, che aveva proprio l'obiettivo di fare il punto sull'andamento dell'economia italiana nel primo trimestre ed elaborare le previsioni per l'intero 2012. All'incontro, presieduto da Alessandra Lanza, presidente Gei - Gruppo economisti di impresa - hanno partecipato una trentina di esponenti di imprese, associazioni di categoria, istituzioni e banche.
Raoul Ascari, chief operating officer di Sace, ha innanzitutto ricordato come le crisi che hanno origini finanziarie sono tendenzialmente più lunghe e spingono all'innovazione. I segnali di miglioramento si cominciano a intravedere a partire dalla seconda metà dell'anno, ma si profila una marcata polarizzazione tra i settori con forte vocazione per l'export, che chiudono l'anno in netta accelerazione, e quelli più concentrati sul mercato domestico, per i quali ci si attende addirittura un peggioramento.
Le stime parlano anche di una tenuta dei settori aciclici che segnalano qualche tensione - dopo aver attraversato sostanzialmente indenni gli anni peggiori della crisi - e una diminuzione dei margini, intaccati da numerose campagne di sconto. Sul fronte esportazioni, la ripresa americana alimenta aspettative positive per i nostri operatori, in particolar modo nell'ambito dei macchinari e dell'elettrotecnica. Positive anche le indicazioni dal mercato tedesco, oltre che dai consueti Brics che si confermano gli acquirenti più vivaci.
Tinte decisamente più fosche invece per il quadro complessivo dell'industria alimentare, penalizzata da un mercato interno molto negativo che ha reagito alla crisi intaccando non solo le quantità (-8% di consumi alimentari nel 2011), ma anche rinunciando alla qualità, come dimostra il fatto che il peso dei discount sulle vendite complessive sia più che duplicato nell'ultimo quinquennio. Critica anche la situazione della filiera delle costruzioni che versano in recessione ormai da 5 anni e per le quali non si intravede alcun segnale di ripresa, anche a causa della restrizione creditizia in atto.
In conclusione, sugli scenari futuri sembrano influire principalmente due fattori: l'instabilità dell'andamento del prezzo del greggio, soggetto alle tensioni geopolitiche che interessano il bacino mediorientale; e il rischio di ridimensionamento della domanda estera. Se l'azione di contrasto degli altri produttori non sarà in grado di più che compensare le mancate esportazioni iraniane e se, contestualmente, la situazione post-elettorale dovesse rallentare la crescita americana e conseguentemente asiatica, questo scenario che trae la sua forza unicamente dalla domanda estera, potrebbe essere compromesso.
Raoul Ascari, chief operating officer di Sace, ha innanzitutto ricordato come le crisi che hanno origini finanziarie sono tendenzialmente più lunghe e spingono all'innovazione. I segnali di miglioramento si cominciano a intravedere a partire dalla seconda metà dell'anno, ma si profila una marcata polarizzazione tra i settori con forte vocazione per l'export, che chiudono l'anno in netta accelerazione, e quelli più concentrati sul mercato domestico, per i quali ci si attende addirittura un peggioramento.
Le stime parlano anche di una tenuta dei settori aciclici che segnalano qualche tensione - dopo aver attraversato sostanzialmente indenni gli anni peggiori della crisi - e una diminuzione dei margini, intaccati da numerose campagne di sconto. Sul fronte esportazioni, la ripresa americana alimenta aspettative positive per i nostri operatori, in particolar modo nell'ambito dei macchinari e dell'elettrotecnica. Positive anche le indicazioni dal mercato tedesco, oltre che dai consueti Brics che si confermano gli acquirenti più vivaci.
Tinte decisamente più fosche invece per il quadro complessivo dell'industria alimentare, penalizzata da un mercato interno molto negativo che ha reagito alla crisi intaccando non solo le quantità (-8% di consumi alimentari nel 2011), ma anche rinunciando alla qualità, come dimostra il fatto che il peso dei discount sulle vendite complessive sia più che duplicato nell'ultimo quinquennio. Critica anche la situazione della filiera delle costruzioni che versano in recessione ormai da 5 anni e per le quali non si intravede alcun segnale di ripresa, anche a causa della restrizione creditizia in atto.
In conclusione, sugli scenari futuri sembrano influire principalmente due fattori: l'instabilità dell'andamento del prezzo del greggio, soggetto alle tensioni geopolitiche che interessano il bacino mediorientale; e il rischio di ridimensionamento della domanda estera. Se l'azione di contrasto degli altri produttori non sarà in grado di più che compensare le mancate esportazioni iraniane e se, contestualmente, la situazione post-elettorale dovesse rallentare la crescita americana e conseguentemente asiatica, questo scenario che trae la sua forza unicamente dalla domanda estera, potrebbe essere compromesso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
👥