Pmi in Italia, tra diversificazione e tagli
Nella seconda edizione del focus di Eurisko e Zurich, segnali di vivacità pur in un contesto di crisi profonda
17/09/2014
Le piccole e medie imprese italiane puntano sulla diversificazione dei prodotti e dei servizi; l'11% ha ampliato la propria attività sul mercato interno, mentre il 12% ha incrementato le esportazioni: un dato, quest'ultimo, raddoppiato rispetto al 2013. Questi sono solo alcuni dei dati rilasciati oggi, mercoledì 17 settembre, da uno studio di Gfk Eurisko per Zurich sull'andamento delle Pmi a livello globale negli ultimi 12 mesi.
Nonostante alcuni segnali positivi, la crisi sta incidendo ancora molto sul comparto che è la spina dorsale dell'economia italiana. Nel corso dell'ultimo anno, si legge nella ricerca, il 12% delle Pmi italiane ha ridotto il personale e il 9% ha dovuto contenere gli stipendi dei propri collaboratori. Non solo, l'8% ha pensato di chiudere, mentre è raddoppiato, attestandosi al 9%, il numero delle imprese che hanno chiesto nuovi investimenti o ampliamenti delle linee di credito per proseguire l'attività.
A parziale consolazione, lo studio evidenzia come sia calata la percentuale delle imprese di piccole e medie dimensioni che hanno ridotto i prezzi nell'ultimo anno, passando dal 24% al 20%. Quello dei prezzi è tuttavia un problema che condividiamo con i Paesi mediterranei dell'Europa: hanno continuato a ridurre i prezzi anche la Spagna, il 26%, e il Portogallo, il 20%, e sono gli unici Paesi europei, insieme all'Italia, in cui le Pmi sono riluttanti ad assumere nuovo personale.
La ricerca evidenzia che in Europa la crescita economica e l'inflazione restano deboli, e poche aziende puntano a incrementare le assunzioni, i salari o all'espansione in nuovi mercati - ha sottolineato Marco Delpino, head of market facing underwriting di Zurich in Italia -. Molte Pmi, in Italia, hanno ridotto il personale e gli stipendi e proseguito nel trend di riduzione dei prezzi. Emerge però con chiarezza che le imprese vogliono investire sulla diversificazione dell'offerta per attrarre nuovi clienti".
A livello globale, su un plafond di 19 Paesi, solo una percentuale tra lo 0% e il 10% ha preso in considerazione di ridurre l'offerta o di chiudere l'attività, mentre un'azienda su cinque ha aumentato i salari e un su sei ha incrementato il personale. Segno che, globalmente, le Pmi tengono e guardano con relativo ottimismo al futuro, soprattutto in zone come l'America Latina, in particolare Brasile, Messico e Argentina, dove è stata dichiarato un'autentica esplosione degli stipendi, rispettivamente 40%, 33% e 30%. Dati che potrebbero stupire, considerate le relative difficoltà sulla crescita economica ancora lenta. Le Pmi del centro e sud America hanno investito nell'espansione dell'attività verso nuovi target, oltre che sul mercato locale, e diversificato la gamma di prodotti e servizi.
Nonostante alcuni segnali positivi, la crisi sta incidendo ancora molto sul comparto che è la spina dorsale dell'economia italiana. Nel corso dell'ultimo anno, si legge nella ricerca, il 12% delle Pmi italiane ha ridotto il personale e il 9% ha dovuto contenere gli stipendi dei propri collaboratori. Non solo, l'8% ha pensato di chiudere, mentre è raddoppiato, attestandosi al 9%, il numero delle imprese che hanno chiesto nuovi investimenti o ampliamenti delle linee di credito per proseguire l'attività.
A parziale consolazione, lo studio evidenzia come sia calata la percentuale delle imprese di piccole e medie dimensioni che hanno ridotto i prezzi nell'ultimo anno, passando dal 24% al 20%. Quello dei prezzi è tuttavia un problema che condividiamo con i Paesi mediterranei dell'Europa: hanno continuato a ridurre i prezzi anche la Spagna, il 26%, e il Portogallo, il 20%, e sono gli unici Paesi europei, insieme all'Italia, in cui le Pmi sono riluttanti ad assumere nuovo personale.
La ricerca evidenzia che in Europa la crescita economica e l'inflazione restano deboli, e poche aziende puntano a incrementare le assunzioni, i salari o all'espansione in nuovi mercati - ha sottolineato Marco Delpino, head of market facing underwriting di Zurich in Italia -. Molte Pmi, in Italia, hanno ridotto il personale e gli stipendi e proseguito nel trend di riduzione dei prezzi. Emerge però con chiarezza che le imprese vogliono investire sulla diversificazione dell'offerta per attrarre nuovi clienti".
A livello globale, su un plafond di 19 Paesi, solo una percentuale tra lo 0% e il 10% ha preso in considerazione di ridurre l'offerta o di chiudere l'attività, mentre un'azienda su cinque ha aumentato i salari e un su sei ha incrementato il personale. Segno che, globalmente, le Pmi tengono e guardano con relativo ottimismo al futuro, soprattutto in zone come l'America Latina, in particolare Brasile, Messico e Argentina, dove è stata dichiarato un'autentica esplosione degli stipendi, rispettivamente 40%, 33% e 30%. Dati che potrebbero stupire, considerate le relative difficoltà sulla crescita economica ancora lenta. Le Pmi del centro e sud America hanno investito nell'espansione dell'attività verso nuovi target, oltre che sul mercato locale, e diversificato la gamma di prodotti e servizi.
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