Ivass, senza banche niente credito alle imprese
L'Autorità di vigilanza contro la richiesta delle compagnie di non passare dagli istituti per il finanziamento dell'economia reale. Secondo il Regolatore, l'opportunità potrebbe rivelarsi una minaccia per il settore assicurativo
10/07/2014
È indispensabile coinvolgere le banche nel processo di finanziamento diretto delle aziende da parte delle assicurazioni. Lo afferma convintamente l'Ivass andando contro quanto invece chiesto dall'Ania, ovvero la modifica di quella parte del decreto (art. 22 comma 4) che permette alle assicurazioni di concedere credito diretto alle imprese.
Ma non solo. L'Istituto controllato da Bankitalia plaude alla decisione che le banche trattengano nelle operazioni "un significativo interesse economico fino alla scadenza del finanziamento", nel diverso contributo tra intermediari assicurativi e bancari. Si tratta per l'Ivass di un "presupposto imprescindibile". L'Autorità auspica, inoltre, che siano solo le compagnie adeguatamente strutturate a concedere finanziamento diretto, mentre per le altre l'Istituto ritiene più opportuno passare da fondi o cartolarizzazioni.
Fausto Parente, responsabile del servizio Normativa e politiche di vigilanza, sentito ieri in commissione al Senato, ha annunciato anche che l'Ivass presenterà ulteriori criteri a cui le compagnie dovranno attenersi, affinché la concessione del credito "costituisca un'opportunità per il settore assicurativo e non una minaccia". D'altronde la decisione del governo è molto innovativa, sia a livello nazionale sia europeo: nell'Area Euro solo il 7% del totale delle attività delle compagnie (422 miliardi di euro) è rappresentato da finanziamenti alle imprese.
"Il dato - continua Parente - dimostra comunque che un maggior contributo all'investimento in finanziamenti può essere richiesto alle imprese assicurative", ecco perché l'Ivass è favorevole alla norma nel suo complesso e soprattutto nelle intenzioni macro e micro economiche. L'apertura a nuove classi di investimento a copertura delle riserve tecniche permetterà alle imprese di diversificare il portafoglio e beneficiare di un rapporto più fair tra rischio e rendimento.
Sono 466 i miliardi di euro (esclusi attivi di classe D) al momento allocati dalle assicurazioni, divisi in titoli di stato (274 miliardi) e obbligazioni emesse da imprese (90 miliardi di euro). "L'investimento in finanziamenti - ha sottolineato Ivass - potrebbe portare benefici in termini di minore correlazione con l'andamento dei mercati finanziari (anche in vista di Solvency II, che introdurrà requisiti di capitale più sensibili al rischio) rispetto agli altri tipici investimenti delle imprese italiane (titoli di stato ed obbligazioni bancarie) che, come dimostrato dalla recente crisi dei mercati, non sono esenti da rischi e risultano altamente correlati tra loro".
Tuttavia l'Ivass non può permettere l'apertura totale ai finanziamenti delle imprese: il rischio di un'operazione di questo tipo, non accompagnata, "potrebbe comportare preoccupanti ricadute per la solvibilità e la stabilità del settore e quindi perdite per gli assicurati".
Del resto il settore (soprattutto quello italiano) era riuscito, grazie proprio alle strategie di investimento adottate, a passare senza troppi scossoni la crisi finanziaria del 2007-2008 e quella dei debiti sovrani del 2011-2012. Le banche invece si erano trovate più esposte; anche se mai in Italia lo Stato era dovuto intervenire direttamente (i Tremonti bond all'epoca e i recenti Monti bond sono stati restituiti con gli interessi). L'Ivass quindi fa bene a voler salvaguardare la solidità e l'equilibrio di un settore che anche per quest'anno produrrà crescita e utili. Il rischio, tuttavia, è che la troppa regolamentazione interno alla nuova norma scoraggi le compagnie, vanificando quindi le buone intenzioni originali.
Ma non solo. L'Istituto controllato da Bankitalia plaude alla decisione che le banche trattengano nelle operazioni "un significativo interesse economico fino alla scadenza del finanziamento", nel diverso contributo tra intermediari assicurativi e bancari. Si tratta per l'Ivass di un "presupposto imprescindibile". L'Autorità auspica, inoltre, che siano solo le compagnie adeguatamente strutturate a concedere finanziamento diretto, mentre per le altre l'Istituto ritiene più opportuno passare da fondi o cartolarizzazioni.
Fausto Parente, responsabile del servizio Normativa e politiche di vigilanza, sentito ieri in commissione al Senato, ha annunciato anche che l'Ivass presenterà ulteriori criteri a cui le compagnie dovranno attenersi, affinché la concessione del credito "costituisca un'opportunità per il settore assicurativo e non una minaccia". D'altronde la decisione del governo è molto innovativa, sia a livello nazionale sia europeo: nell'Area Euro solo il 7% del totale delle attività delle compagnie (422 miliardi di euro) è rappresentato da finanziamenti alle imprese.
"Il dato - continua Parente - dimostra comunque che un maggior contributo all'investimento in finanziamenti può essere richiesto alle imprese assicurative", ecco perché l'Ivass è favorevole alla norma nel suo complesso e soprattutto nelle intenzioni macro e micro economiche. L'apertura a nuove classi di investimento a copertura delle riserve tecniche permetterà alle imprese di diversificare il portafoglio e beneficiare di un rapporto più fair tra rischio e rendimento.
Sono 466 i miliardi di euro (esclusi attivi di classe D) al momento allocati dalle assicurazioni, divisi in titoli di stato (274 miliardi) e obbligazioni emesse da imprese (90 miliardi di euro). "L'investimento in finanziamenti - ha sottolineato Ivass - potrebbe portare benefici in termini di minore correlazione con l'andamento dei mercati finanziari (anche in vista di Solvency II, che introdurrà requisiti di capitale più sensibili al rischio) rispetto agli altri tipici investimenti delle imprese italiane (titoli di stato ed obbligazioni bancarie) che, come dimostrato dalla recente crisi dei mercati, non sono esenti da rischi e risultano altamente correlati tra loro".
Tuttavia l'Ivass non può permettere l'apertura totale ai finanziamenti delle imprese: il rischio di un'operazione di questo tipo, non accompagnata, "potrebbe comportare preoccupanti ricadute per la solvibilità e la stabilità del settore e quindi perdite per gli assicurati".
Del resto il settore (soprattutto quello italiano) era riuscito, grazie proprio alle strategie di investimento adottate, a passare senza troppi scossoni la crisi finanziaria del 2007-2008 e quella dei debiti sovrani del 2011-2012. Le banche invece si erano trovate più esposte; anche se mai in Italia lo Stato era dovuto intervenire direttamente (i Tremonti bond all'epoca e i recenti Monti bond sono stati restituiti con gli interessi). L'Ivass quindi fa bene a voler salvaguardare la solidità e l'equilibrio di un settore che anche per quest'anno produrrà crescita e utili. Il rischio, tuttavia, è che la troppa regolamentazione interno alla nuova norma scoraggi le compagnie, vanificando quindi le buone intenzioni originali.
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