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Decreto Pir, Banca d'Italia è critica

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Secondo via Nazionale aumentano i rischi per le famiglie che investono

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Dopo tanta attesa è arrivato il decreto che potrebbe riaprire il mercato dei Pir, bloccato dopo le norme contenute nella legge di stabilità che sostanzialmente avevano privato lo strumento dei suoi benefici, per operatori, sottoscrittori e mercato. Il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, introduce l'obbligo per i fondi comuni di nuova costituzione di investire il 3,5% della raccolta in Pmi, che possono essere quotate oppure non quotate, e in venture capital. La quota del 70% del valore complessivo del piano di risparmio a lungo termine costituito dall'investitore (privato indipendente) deve essere investita per almeno il 5% in strumenti finanziari emessi da Pmi e per almeno il 5% in quote o azioni di fondi per il venture capital, o di fondi di fondi per il venture capital. La nuova norma prevede anche la possibilità  di acquistare quote o azioni di una Pmi non quotata da un investitore precedente, solo in combinazione con un apporto di nuovo capitale pari almeno al 50% dell'ammontare complessivo dell'investimento.

Tuttavia, la modifica delle norme sui Piani individuali di risparmio sembra scontentare molti. In primis la Banca d'Italia, che prevede un aumento del profilo di rischio per gli investitori retail, come le famiglie. "Le nuove regole inoltre - scrive via Nazionale - possono rendere più difficile il rispetto dei requisiti prudenziali di diversificazione e di liquidità previsti per i fondi Pir esistenti, tutti costituiti nella forma di fondi aperti". 
Secondo Bankitalia, aumenta anche il rischio che i fondi registrino perdite derivanti da vendite in mercati poco liquidi a fronte di episodi di forte volatilità che potrebbero indurre i sottoscrittori a liquidare l'investimento prima di conseguire il beneficio fiscale. Tali perdite potrebbero riflettersi negativamente anche sulla reputazione degli intermediari che promuovono i Pir. "Proprio al fine di limitare questi rischi - ricorda Banca d'Italia - gli investimenti dei fondi aperti italiani in titoli di Pmi italiane e in fondi di venture capital sono attualmente pressoché nulli". 

Sul fronte del limite agli aiuti per il finanziamento del rischio, è previsto che ciascuna Pmi emittente non possa ricevere un ammontare complessivo di risorse finanziarie a titolo di qualsiasi misura di aiuto per il finanziamento del rischio superiore a 15 milioni di euro. 
Ma c'è anche chi plaude alla svolta del governo. Si tratta dell'Aifi, l'Associazione italiana del private equity e venture capital, che si dice soddisfatta poiché nel decreto sono stati rispettati gli obiettivi originali della legge e sono state accolte alcune indicazioni arrivate dalla stessa Aifi. "Aifi - dice - è soddisfatta per la pubblicazione in Gazzetta del decreto sui Pir poiché rappresenta un'occasione per promuovere il venture capital e l'innovazione nel nostro Paese". 

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