Fortior ex adversis resurgo: il nuovo attacco alla tabella milanese
Una sentenza della Corte di Cassazione, chiamata a valutare la questione del danno morale come quota inclusa nel risarcimento previsto dalle tabelle, avvalla nella sostanza la validità delle stesse, ma pone ancora una volta l’esigenza di una soluzione unica e condivisa a livello nazionale
03/12/2020
È stata depositata il giorno 10 novembre 2020 una importante sentenza della III sezione civile della Corte di Cassazione (n. 251645 in allegato) che si inserisce nel solco delle decisioni “quadro” dell’attuale sistema di risarcimento del danno alla persona di tipo non patrimoniale. La decisione, crediamo, non mancherà di generare conflitto sui criteri applicativi della tabella di liquidazione del danno di Milano, ancora oggi solido e diffusissimo strumento di compensazione del danno da lesione del bene salute. Invero la sentenza (pres. Travaglino, est. Sestini) si colloca nella scia delle decisioni (tutte richiamate nel testo) che da tempo cercano di superare la funzione omnicomprensiva della tabella milanese in luogo di una supposta e riaffermata autonomia del danno morale dopo la riscrittura dell’articolo 138 Codice delle Assicurazioni per mezzo della Legge n. 124/2017 (Cass. Nn. 901 e 7513 del 2018 e n. 28989 del 2019).
L’esame della vicenda è utile per inquadrare il principio di diritto che accompagna la sentenza. Posta la titolarità al risarcimento del danno per le lesioni gravi subite da un pedone investito in strada, in punto quantum debeatur, il giudice di secondo grado liquidava il danno alla persona applicando le tabelle di Milano e aumentando l’importo riconosciuto per invalidità permanente del 25%, a titolo di personalizzazione del danno, sul presupposto della “indubbia impossibilità (per la vittima) di cimentarsi in attività fisiche”; infine, la corte di merito accordava al danneggiato un’ulteriore somma a titolo di danno morale, ritenendo che le “sofferenze di natura del tutto interiore e non relazionale” fossero “meritevoli di un compenso aggiuntivo (...) al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi” e liquidando equitativamente il pregiudizio in 20mila euro, “valutate le circostanze del caso e l’indubbia sofferenza derivata”.
RIBADITA L’AUTONOMIA DEL DANNO MORALE
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione dalla impresa di assicurazioni. All’udienza camerale, il collegio, con ordinanza n. 3560 del 2020, ha rimesso il procedimento alla pubblica udienza, ritenendo che i motivi di ricorso ponessero tre delicate questioni di diritto, di rilievo nomofilattico. Ciò con riferimento a I) la corretta individuazione, anche ai fini della determinazione del quantum debeatur risarcitorio, dei presupposti per la cosiddetta personalizzazione del danno alla salute e della relativa motivazione; II) la corretta individuazione dei presupposti per il risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali non aventi fondamento medico-legale, della relativa prova e della relativa motivazione; III) la corretta individuazione dei confini tra la personalizzazione del danno alla salute e la liquidazione dei pregiudizi morali non aventi fondamento medico-legale.
Nell’accogliere in parte sostanziale ma non integrale le ragioni del ricorso, la Corte assume la seguente decisione: “Va osservato, in premessa, come sia del tutto conforme a diritto, e integralmente condiviso da questa Corte, il principio affermato in sentenza secondo il quale la voce di danno morale mantiene la sua autonomia e non è conglobabile nel danno biologico, trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, e perciò meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi (in tal senso, Cass. n. 910/2018, Cass. n. 7513/2018, Cass. n. 28989/2019)”.
I PRESUPPOSTI PER UNA PERSONALIZZAZIONE DEL DANNO
Ciò premesso, la Corte, inserendosi e forzando sul piano pratico lo stesso principio espresso nelle precedenti decisioni citate, assume che “Trova definitiva conferma normativa, come già da tempo affermato da questa Corte, il principio della autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma danno morale 1) non è suscettibile di accertamento medico-legale; 2) si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato”.
Se questa premessa è vera, secondo il collegio, ne consegue che, per la liquidazione del danno alla salute, il giudice di merito dovrà procedere – in modo del tutto inedito – come segue:
- accertare l’esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale;
- in caso di positivo accertamento dell’esistenza (anche) di quest’ultimo, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervengono (non correttamente, per quanto si dirà nel successivo punto 3) all’indicazione di un valore monetario complessivo (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno);
- in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno (accertamento da condurre caso per caso, secondo quanto si dirà nel corso dell’esame del quarto motivo di ricorso), considerare la sola voce del danno biologico, depurata dall’aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, liquidando, conseguentemente, il solo danno dinamico-relazionale;
- in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno, procedere all’aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato articolo 138, punto 3, del novellato codice delle assicurazioni.
Precisato (nell’esame del quarto motivo di ricorso) che il danno morale potrà essere provato in giudizio per massime di comune esperienza e quindi in via presuntiva e pressoché automatica dal giudice, questa decisione appare dunque finalizzata a disarticolare la tabella di Milano, scomponendola tra danno biologico / danno morale / personalizzazione. Nel caso di specie, in conclusione, la Corte arriva a escludere la risarcibilità del danno da personalizzazione (non essendo dimostrata in giudizio l’eccezionalità delle conseguenze della menomazione) e quella aggiuntiva per danno morale, “perché già ricompreso … nel valore monetario indicato dalle suddette tabelle” (di Milano).
La sentenza appare un (ennesimo) tentativo di rendere la tabella di Milano inadeguata al nuovo tracciato normativo dell’art. 138 Cod.Ass., secondo un “mantra” ripetuto oramai da tempo, se è vero come è vero che lo stesso Osservatorio alla Giustizia Civile del tribunale meneghino sta discutendo proprio la necessità di cambiare la veste gratifica alla tabella stessa, delegittimando dunque il tentativo (si pensi alla relazione di accompagnamento alle tabelle di Roma del 2018/2019) di ritenere la tabella milanese superata (si veda: D. Spera, Ridare, 9 luglio 2019).
Così stando le cose, il tribunale di Milano ha messo in conto che le procedure di liquidazione dovranno dare conto di una scomposizione della voce unitaria tra “danno biologico dinamico-relazionale” e “sofferenza soggettiva interiore” cosiddette standard, proprio per assecondare e rendere ininfluente il processo di delegittimazione della tabella milanese in atto. Quale che sia l’esito di tale restyling della tabella milanese, resta il fatto che – sulla base dei recenti orientamenti della III sezione civile della Corte (della quale la decisione in esame è la più recente) – a nostro giudizio nulla dovrà cambiare nella sostanza rispetto ai consolidati canoni risarcitori, a cominciare dalla sede stragiudiziale.
Invero, anche a seguito di questa decisione, non ci pare che nella pratica le valutazioni economiche dei sinistri possano cambiare (se non forse per le lesioni di lieve entità come si dirà in seguito), tanto è vero che nella stessa sentenza qui commentata la Suprema Corte, nel decidere nel merito la vertenza, è arrivata a liquidare a titolo di danno non patrimoniale da postumi permanenti (comprensivo delle due diverse voci: danno biologico e danno morale) esattamente la cifra che le tabelle dell’Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano prevedono per un 26% di postumi permanenti riportati da una vittima di 37 anni.
D’altro canto, se si volessero seguire interpretazioni di altro tipo, vi sarebbe il concreto rischio di nuovi conflitti e contenziosi tra le parti, di cui invero non si sente il bisogno. La Suprema Corte, in ogni caso e in definitiva, ha ribadito che le tabelle di Milano contengono in realtà già tutte le componenti di danno non patrimoniale risarcibili (danno biologico, morale e personalizzazione). Da parte dell’Osservatorio di Milano, dunque, si tratterà di meglio specificare le diverse componenti della tabella e gli oneri probatori che rimangono a carico delle parti, ma l’impianto strutturale della tabella di Milano ci pare di poter dire che rimanga del tutto valido e legittimo.
QUALCHE SUGGERIMENTO DI BUON USO DELLE TABELLE Ciò posto – a nostro giudizio – a dispetto di alcuni primi commenti che parlano di “delegittimazione” delle tabelle milanesi (mentre assai più coerenti ci paiono i commenti di Damiano Spera, Ridare 17.11.2020; Maurizio Hazan, Sole 24 Ore, 24 novembre 2020 e Marco Rodolfi imminente su NeT Plus Sole 24 Ore) nella liquidazione dei danni e nelle conseguenti trattative stragiudiziali si potrà in futuro procedere sempre con adozione integrale della tabella milanese avendo cura di seguire i seguenti accorgimenti/ suggerimenti:
- procedere alla liquidazione sulla base del valore tabellare unitario, al più avendo cura di precisare che la liquidazione avviene tanto per la quota a titolo di danno biologico (dinamico relazionale) che di danno morale (eventualmente scomponendo i parametri della tabella stessa – si veda schema precedente);
- liquidare la voce danno morale ritenendola comunque provata, alla luce del passaggio 4.1.6 della decisione che di fatto ritiene scontato e presuntivo il danno morale nelle situazioni di “gravità della lesione”;
- proprio in ragione di quest’ultimo passaggio, sarà possibile (argomentando a contrario) ritenere assente il pregiudizio della sofferenza soggettiva nel caso di microlesioni sub specie da cd colpo di frusta, già valutate dall’art. 139 comma II secondo periodo - quali danni di portata invalidante minore, ove il danno morale non potrà essere ritenuto presuntivamente provato;
- viene confermata la linea interpretativa per la quale la personalizzazione del danno può essere concessa solo nelle circostanze in cui la parte dimostri la sussistenza di circostanze eccezionali e specifiche l’assoluta eccezionalità della incidenza della menomazione;
- la locuzione contenuta nella sentenza segnalata, per la quale la personalizzazione potrebbe accedere alla soglia massima del 30%, appare del tutto ultronea allo stato attuale e, a nostro giudizio, non deve portare ad una disapplicazione della tabella di Milano che prevede (come noto) range diversi decrescenti a seconda della gravità della lesione;
- più in generale non vi è ragione, a nostro giudizio, per ritenere disapplicabile la tabella di Milano men che meno sul presupposto che sia disgiunta dal testo normativo dell’articolo 138 Codice delle Assicurazioni, in quanto, innanzitutto, tale norma non è ancora cogente vista la mancata adozione della tabella relativa della quale la norma costituisce la cornice programmatica.
In conclusione riteniamo che la sentenza n. 25164 costituisca più un avvallo che una smentita della validità della tabella milanese. Del resto è notorio che l’applicazione della tabella di Roma abbia avuto, a distanza oramai di due anni dalla sua divulgazione, una applicazione extradistretto del tutto marginale. Al tempo stesso, anche il supposto principio della autonomia del danno morale (non accertabile dal medico legale) rispetto ai parametri della tabella milanese, è risultato di fatto disapplicato nella giurisprudenza di merito. Per altro, uscire da un contesto di condivisione della tabella milanese, soprattutto, porterebbe solo a una minor chiarezza dei meccanismi di conto del risarcimento, foriero, come sempre, di una maggiore conflittualità anche contenziosa.
Pensiamo in conclusione che, ove la decisione della III sezione civile della Cassazione trovasse ingresso nei tradizionali meccanismi di calcolo del danno alla persona, con lo scorporo dalla tabella milanese del danno morale quale voce presunta e automatica del dato complessivo, si potrebbe avere l’effetto di una nuova anarchia del principio che, traducendosi in una assenza di prevedibilità generale dei ristori, porterebbe a un incremento del contezioso del quale non se ne sente oggi il bisogno. Quale la soluzione al conflitto interpretativo e pratico? Ancora una volta la via corretta sarebbe quella che il legislatore delegato desse finalmente corso al mandato ricevuto da quindici anni oramai con il precedente testo dell’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni, emanando la tabella unica nazionale per i risarcimenti del danno da sinistro stradale e da colpa sanitaria. Anche alla luce di questo nuovo sviluppo giurisprudenziale, e del suo potenziale deflagrante negli attuali equilibri risarcitori, non si vede ragione perché questa opzione debba ancora essere rinviata.
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