Che cosa cambierà con l’arbitro assicurativo - Seconda parte
L’avvocato Maurizio Hazan analizza i riflessi dell’arrivo del nuovo istituto per la risoluzione delle controversie nel mondo dei rischi. Il nuovo strumento a disposizione dei clienti di compagnie e intermediari coprono potenzialmente tutti i possibili reclami che i clienti vorranno avanzare in relazione ai contratti di assicurazione

12/03/2025
Un discorso a parte, nell’analisi delle questioni lega-te all’arbitro assicurativo (Aas), va fatto per la Rc auto. Trattasi di materia che domina la scena dei reclami, assorbendone statisticamente la maggior parte. Stando agli ultimi dati comunicati da Ivass, nel primo semestre 2024 le imprese hanno ricevuto 62.330 reclami, di cui 9.271 nel ramo vita, 25.540 nei vari rami danni e ben 27.519 in relazione alla Rc auto (la maggior parte dei quali riguardante il mancato rispetto dei tempi e delle modalità di formula-zione dell’offerta congrua, o del rigetto motivato, di cui agli articoli 148 e 149 del Codice delle assicurazioni). È dunque lecito attendersi un importante accesso all’Aas proprio nel campo della Rc auto.
Ma occorre fare un distinguo e prendere atto della poca precisione con la quale il tema è trattato dal regolamento. In primo luogo, il limite di valore sarà di 25mila euro per tutte le vicende relative a domande di indennizzo inerenti a coperture accessorie (quali le garanzie infortuni, cristalli, Kasko, incendio e furto, assistenza, atti vandalici e tutela legale). Nessun limite, ovviamente, riguarderà invece le ri-chieste di adempimento che non hanno contenuto risarcitorio o indennitario (ad esempio contestazione dell’aggravamento di classe a seguito di un sinistro contestato dal ricorrente). Per quel che invece attiene alle vere e proprie richieste di risarcimento svolte in via di azione diretta, il tetto tornerà a essere quello inferiore, pari a 2.500 euro.
Il caso dell’indennizzo diretto
Ma attenzione: la formulazione testuale dell’art. 3 comma 4 lettera b n. 1 del decreto ministeriale 215/2024 sembra non riguardare la procedura di indennizzo diretto: la norma, come detto, si riferisce alle richieste formulate dal terzo danneggiato esercitando l’azione diretta nei confronti dell’impresa del responsabile. Come noto, nel risarcimento diretto, di cui all’art. 149 del Cap e al dpr 254/2006, il soggetto che agisce, come danneggiato, propone la sua do-manda alla propria compagnia di assicurazione, che non è l’impresa che copre il responsabile civile (e rispetto alla quale il danneggiato non è affatto terzo). Non è dunque azzardato sostenere che nel campo dell’indennizzo diretto i ricorsi avente a oggetto un risarcimento ingiustamente ritardato o negato possano riespandersi sino al limite di 25mila euro.
Altrettanto, e per le stesse ragioni, si potrebbe forse dire per le richieste svolte dal terzo trasportato, ai sensi dell’art. 141 del Cap, nei confronti della compagnia che assicura il veicolo vettore (non sempre e non necessariamente responsabile).
La condizione di proponibilità
È appena il caso di rilevare come proprio nel campo del-la liquidazione dei danni da Rc auto si ponga un ulteriore problema di coordinamento con il particolare impianto del-la disciplina codicistica di settore. Se è vero che il ricorso all’arbitro soddisfa, qui, la condizione di procedibilità in alternativa alla negoziazione assistita, è altrettanto vero che il rispetto delle regole procedurali imposte al danneggiato dall’art. 145 del Cap integra una vera e propria condizione di proponibilità della domanda giudiziale. In particolare, deve essere consentito alla compagnia di istruire il sinistro e formulare la propria offerta o comunicare i motivi di di-niego nel rispetto dei termini (30, 60 o 90 giorni a seconda dei casi).
Fintanto che quei termini non siano spirati, o l’offerta o il diniego non siano formalizzati, di controversia non sembra potersi nemmeno parlare, dal momento che la compagnia potrebbe, fino all’ultimo giorno utile, presentare una proposta di risarcimento del tutto conforme alla richiesta del danneggiato. È dunque lecito sostenere che il ricorso all’arbitro possa essere presentato soltanto dopo che la condizione di proponibilità sia effettivamente integrata.
Sempre in tema di decisioni che abbiano contenuto di condanna al pagamento di somme o di risarcimento è interessante osservare che l’art. 11 prevede che gli arbitri, su istanza concorde delle parti e comunque nei casi in cui la domanda sia contenuta entro i limiti di 2500 euro, debba-no decidere secondo equità.
L’importanza del value for money
Tra le casistiche che potrebbero trovare nuovi sbocchi nel nuovo Aas possono annoverarsi le già citate doglianze relative alla non adeguatezza del prodotto assicurativo rispetto alle esigenze di una clientela che, proprio per effetto della violazione delle regole di coerenza nella costruzione e nel collocamento del prodotto assicurativo, possa affermare di aver sottoscritto un contratto che non lo ha sufficientemente protetto dalle sue effettive esigenze di copertura (magari anche in relazione al premio pagato, ove non ossequioso del principio del cosiddetto value for money). A tal riguardo rileva, e molto, il gioco delle esclusioni o limitazioni di operatività della garanzia, che potrebbero depotenziare la copertura a tal punto da farla risultare so-stanzialmente inutile in relazione allo specifico rischio di cui il cliente è portatore.
Esclusione e possibili richieste
E invero, a fronte di una esclusione di copertura invocata dalla compagnia per respingere la richiesta di indennizzo il cliente potrebbe:
• affermare che la stessa non gli sia opponibile, in quanto non adeguatamente evidenziata nel testo di polizza, in conformità a quanto prescritto dall’art. 166, comma 2, del Cap;
• sostenere che quella esclusione non sia compatibile con la struttura generale della polizza, andando a deprivare il contratto di un elemento coessenziale a integrare il suo naturale range di copertura;
• invocare la vessatorietà della clausola, eventualmente anche sotto il profilo consumeristico;
• sostenere che l’esclusione debba essere interpretata in termini diversi e a lui favorevoli, magari invocando la poca chiarezza linguistica del testo;
• affermare che, in aderenza a quanto sostenuto dalla Cassazione (da ultimo ordinanza n. 31251 del 9 novembre 2023) sia onere della compagnia dimostrare i fatti posti a sostegno dell’eccezione e dunque l’effettiva sussistenza delle cause di esclusione della garanzia.
Il che (anche, ma non solo) in vista del carattere documentale delle controversie arbitrali dovrebbe indurre le imprese di assicurazione a disciplinare in polizza il ripar-to degli oneri della prova e di allegazione documentale a sostegno dell’indennizzo, specie allorquando le cause di esclusione siano sostanzialmente sottratte, in concreto, alla possibilità di verifica da parte della compagnia.
Una pronuncia “paraobbligatoria”
Le decisioni dell’arbitro non avranno valore di lodo ar-bitrale e non saranno vincolanti per le parti. Sul punto il regolamento e la norma primaria sono molto simili, se non del tutto sovrapponibili, a quelle che disciplinano l’arbitro bancario e quello finanziario. Come previsto anche nel te-sto unico bancario, l’art. 187.1 del Cap prevede che le controversie definite tramite la procedura arbitrale non pregiudicano il ricorso a ogni altro strumento di tutela previsto dall’ordinamento, mentre l’art. 11 del regolamento dispone che il ricorso diventa improcedibile nel caso in cui sia stata successivamente proposta una domanda giudiziale. Possono dunque qui riproporsi le considerazioni in diritto svolte dalla Consulta a proposito dell’Abf, le cui pronunce non assumono alcun valore cogente per nessuna delle parti in causa, assolvendo soltanto una funzione destinata a incidere sulla immagine e sulla reputazione operatore finanziario (Ord. n. 218/2011).
Per quanto priva di cogenza, tuttavia, la decisione resa in seno all’Aas finisce, del tutto naturalmente, per esprimere una forza persuasiva e in concreto paraobbligatoria, in relazione alle delicatissime conseguenze che il loro inadempimento potrebbe produrre nelle relazioni tra i distributori assicurativi e l’autorità di vigilanza.
Conseguenze non di certo circoscritte all’obbligo, previsto dall’art. 12 del regolamento, di pubblicizzare sul proprio sito il numero delle mancate adesioni alle decisioni arbitrali.
Non adempimento o disfunzione organizzativa
E invero la non adesione alle decisioni dell’arbitro potrebbe essere letta dall’Ivass come segno dell’espressa volontà da parte del destinatario del provvedimento di non conformarsi alle regole di condotta che il collegio potrebbe aver ritenuto, nel caso di specie, violate dall’impresa o dall’intermediario. Qualora poi sistematico, o comunque ricorrente, tale inadempimento della pronuncia arbitrale potrebbe essere di per sé considerato alla stregua di una disfunzione organizzativa o come una ripetuta, e perciò censurabile, violazione degli obblighi di correttezza e buona fede previsti dall’art. 183 Cap. Ricordiamo che nelle premesse del regolamento è espressa-mente previsto che l’istituto sia pensato per migliorare i rapporti con la clientela e la fiducia del pubblico nei prestatori di servizi assicurativi, con effetti positivi anche sul contenimento dei rischi legali e reputazionali delle imprese e degli intermediari.
Rischi reputazionali e relazione con Ivass
Sarebbe naturalmente auspicabile, come del resto previsto dagli artt. 5, 6 e 11 del dm, che in corso o alla fine della procedura il collegio si attivi al fine di riavvicinare le parti, articolando eventuali proposte conciliative, che potrebbero peraltro essere formulate dalla stessa impresa assicuratrice o dall’intermediario. Proposte che, laddove non inferiori o addirittura superiori per valore al contenuto della decisione potrebbero incidere sul regime di contribuzione alle spese di procedura, ai sensi dell’art. 7 del dm.
In conclusione, è, almeno in questo stato embrionale di riflessione, ragionevole pensare che, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la procedura arbitrale potrà essere seriamente utilizzata da chi, conoscendo bene la delicata e complessa materia assicurativa, intenda tu-telare le proprie asserite ragioni sapendo quanto gli operatori del settore temano i rischi reputazionali e tengano al mantenimento di buone relazioni con l’Ivass.
Un probabile successo
Del resto, l’accesso all’arbitro è agevolato dal fatto che il ricorso non pregiudica la possibilità di adire successivamente la giurisdizione ordinaria. E che nessuna statuizione può essere assunta contro il ricorrente, nemmeno in caso di lite temeraria (anche se l’eccessivo ingiustificato ricorso all’arbitrato potrebbe essere considerato un abuso del diritto di difesa). Insomma più di un elemento depone per un proba-bile successo dell’Aas.
Di converso, la mancata previsione della “condanna alle spese” (che il collegio però potrebbe considerare nel quantificare in via equitativa la prestazione risarcitoria posta a carico del distributore) potrebbe indurre alcuni professionisti a preferire la via del giudizio, bypassando l’opzione arbitrale anche per veder adeguatamente compensato il costo della consulenza legale.
Non resta comunque che attendere e stare a vedere: una volta che Ivass (art. 13 dm) avrà licenziato le proprie disposizioni tecniche e attuative di dettaglio (entro il 24 maggio 2025) e dichiarato la piena operatività dell’arbitro, cominceremo a calibrare, in concreto, l’effettiva efficacia dell’istituto.
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