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Polizza cat nat obbligatoria: le perplessità degli addetti ai lavori

Sono ancora molte le questioni aperte dopo l’approvazione del decreto sull’obbligo di copertura contro le calamità naturali: dalle definizioni che non collimano tra testo di legge e testo dei contratti alla possibilità che non basti un solo prodotto per una protezione completa, le aziende e le compagnie rischiano il caos

Polizza cat nat obbligatoria: le perplessità degli addetti ai lavori hp_vert_img
I gravi accadimenti legati ai cambiamenti climatici verificatisi nel corso degli ultimi anni hanno concentrato l’attenzione sulla necessità di trovare una soluzione agli enormi costi che i fenomeni naturali comportano per la società e per lo Stato. 
Già nel febbraio del 2021, la Commissione Europea aveva proposto una serie di azioni per rafforzare la capacità dei paesi membri di affrontare gli effetti economicamente devastanti delle catastrofi che interessavano l’Unione. In questo caso, la Commissione sottolineava come la copertura prestata dalle assicurazioni fosse inferiore al 35% del totale dei danni subiti. Per tale motivo, si incoraggiavano i paesi membri a promuovere schemi assicurativi nazionali, potenziando il lavoro di monitoraggio e coordinamento nella gestione dei rischi relativi.
Anche da questa spinta è scaturita la legge n. 213 del 30 dicembre 2023, che ha introdotto l’obbligo di copertura assicurativa dei fenomeni naturali catastrofali per le aziende italiane, un obbligo che è stato recentemente normato dal decreto attuativo n. 18 del 30 gennaio 2025. Come sappiamo, in Europa esistono già numerosi esempi di copertura delle calamità naturali, in genere sotto forma di pool: ad esempio, esiste quello denominato Catastrophes Naturelles (Cat-Nat) in Francia e il Consorcio de Compensacion in Spagna. 
Il loro funzionamento può prevedere la partecipazione più o meno diretta dello Stato (come avviene per il Consorcio) o può essere esteso al risarcimento dei danni da interruzione d’esercizio, come accade in Francia. 
Il finanziamento di questi pool dipende generalmente dal prelievo di una percentuale dei premi incassati sulle polizze property emesse nel mercato di riferimento; però, dopo lunghe riflessioni, nel nostro paese si è deciso di intraprendere una strada diversa. Vediamo, dunque, come funziona questo nuovo strumento assicurativo del quale stanno discutendo tutti gli addetti ai lavori. 

CHI DEVE CONTRARRE LA POLIZZA? 
In primis, si tratta di un tipo di assicurazione obbligatoria, così come avviene per il Consorcio in Spagna. Le imprese con sede legale in Italia e quelle aventi sede legale all’estero, ma che possiedono una stabile organizzazione in Italia e sono iscritte nel Registro delle imprese, ai sensi dell’articolo 2188 del Codice civile, sono obbligate a contrarre una polizza per i rischi catastrofali descritti nella legge. Dunque, si parla solo di aziende: i singoli proprietari di beni, insomma i privati, non sono obbligati a contrarre alcuna copertura. 
Ma qui incontriamo un primo problema, perché la legge e il relativo decreto attuativo si limitano a richiamare l’art. 2188 del codice, che è quello che istituisce il Registro delle Imprese. Un soggetto che volesse sapere se sia o meno obbligato a contrarre la polizza si troverà così di fronte un articolo di legge non proprio chiarissimo, con numerosi rimandi ad altri articoli, dal quale, con un po’ di fatica, si evince che il suddetto registro comprende una sezione ordinaria e due sezioni speciali. 

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LA RISPOSTA NON È SCONTATA
Nella sezione ordinaria vanno iscritti gli imprenditori commerciali, gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori, le società, le società semplici, le società soggette alla legge italiana ex articolo 25, legge n. 218 del 1995, i consorzi e le società consortili, gli enti pubblici economici e infine i cosiddetti Gruppi europei di interesse economico.
Tuttavia, all’art. 1, comma 111 della legge 213/23 e all’art. 1, comma 1 a) del decreto attuativo è previsto che l’obbligo a contrarre polizza non si applichi alle imprese di cui all’articolo 2135 del codice civile, cioè agli imprenditori agricoli, per i quali vale quanto stabilito dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, al comma 515.  
Tale legge ha costituito il Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole, causati da alluvione, gelo o brina e siccità. Pertanto, gli eventi catastrofali che dovessero colpire queste aziende saranno coperti separatamente e diversamente.
In una delle prime versioni del decreto attuativo sembrava che dall’obbligo dovessero essere esclusi anche i piccoli imprenditori, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata con il lavoro proprio e dei componenti della propria famiglia. Tuttavia, nella versione definitiva, risultano escluse solo le aziende agricole, per le ragioni summenzionate.
Pertanto, qualunque impresa iscritta al Registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2188 del codice civile è soggetta a un obbligo di copertura. Ciò, ovviamente, purché sia in possesso dei beni per i quali l’assicurazione è obbligatoria.

UNA POLIZZA SU BASE ALL RISKS
E i professionisti? E le cosiddette partite Iva? Una sezione speciale del Registro delle imprese riguarda le società fra professionisti, come ad esempio le società o gli studi di avvocati. Queste società dovrebbero quindi essere comprese nell’obbligo, ma con i distinguo già ricordati, ovvero purché possiedano i beni da assicurare.
C’è però chi sostiene che gli studi professionali siano associazioni di professionisti che non hanno personalità giuridica autonoma e non dovrebbero rientrare nell’obbligo. D’altro canto, non si tratta di imprese produttive, che sembrano costituire l’oggetto principale della legge: insomma, qualche perplessità rimane.
Per quanto attiene alle partite Iva, sembra di poter affermare che le società individuali possano considerarsi escluse dall’obbligo, mentre tutte le altre rimangono comprese. 
L’art. 2222 del codice civile che definisce il contratto d’opera prestato dalla maggior parte delle società individuali a partita Iva (in gran parte liberi professionisti), sembra essere tra i pochi esclusi dall’articolo 2188.
Vista con la mentalità di un assicuratore, insomma, è come se questa legge lavorasse su base all risks: tutto quello che rientra nel registro delle imprese di cui all’articolo 2188 è soggetto all’obbligo, salvo quanto specificamente escluso. Tra le aziende esautorate ci sono le imprese agricole (perché assicurate dal Fondo), i privati e le imprese individuali (queste ultime, perché assimilabili ai privati).

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SANZIONI: SALTANO LE SOVVENZIONI (ANCHE LA CASSA INTEGRAZIONE)
Ma se un’azienda obbligata a coprirsi non lo facesse? Le sanzioni previste saranno di tipo indiretto. Essa, cioè, perderà l’accesso a qualsiasi contributo, sovvenzione o agevolazione di carattere finanziario da parte dello Stato, incluse quelle eventualmente previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali. In pratica: se non vuoi assicurarti sei libero di farlo, ma non potrai più ricevere alcun aiuto statale, per alcuna ragione, incluse le sovvenzioni per il lavoro dipendente, come la cassa integrazione, che rivestono grande importanza nel tessuto produttivo del nostro paese.
L’articolo 1 del decreto ci spiega che è necessario assicurare le immobilizzazioni di cui all’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3) del Codice civile, a qualsiasi titolo impiegati e per l’esercizio dell’attività di impresa. Ancora una volta, bisogna fare lo sforzo di addentrarsi nei meandri di un articolo del codice non particolarmente semplice e chiaro. Questo articolo descrive il contenuto dello stato patrimoniale delle aziende e, alla sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), indica come immobilizzazioni materiali: terreni e fabbricati, impianti e macchinario, attrezzature industriali e commerciali.

LE DEFINIZIONI NON COLLIMANO CON I TESTI DI POLIZZA
Crediamo che la scelta di comprendere tra i beni da assicurare i terreni dipenda dal fatto che l’articolo 2424 li include tra le immobilizzazioni. I terreni (così come definiti) non sono mai stati coperti nelle clausole catastrofali delle polizze di assicurazione property e questa rappresenta una vera novità per il comparto.
Di buono c’è che i terreni vanno assicurati a primo rischio assoluto, ma bisognerà inserire opportune definizioni. Inoltre, vanno coperti i soli danni diretti e non le merci: le garanzie che prevedono la copertura della perdita di profitto e quelli che definiamo danni consequenziali non rientrano nella copertura obbligatoria.
Per finire, la legge prevede una descrizione di ciò che è definibile come fabbricati, impianti e macchinari e attrezzature industriali e commerciali, ma queste definizioni non collimano con quelle abitualmente utilizzate nelle più comuni polizze di assicurazione. Per fare un esempio, il termine “impianti” lo ritroviamo nei fabbricati, nei macchinari, e impianti e pure nelle attrezzature e non vorrei trovarmi nei panni di un perito che dovesse andare a valutare un eventuale sinistro, magari in una grande azienda. 
Ricordiamoci che in assicurazione esiste una regola fondamentale che è la regola proporzionale. Come faccio a stabilire il valore effettivo di ciascuna partita assicurata, paragonandolo a quello assicurato, se non so da che parte mettere gli impianti, perché alcuni stanno in una partita e altri in un’altra? Gli impianti possono essere fissi (e questi dovrebbero appartenere alla partita dei fabbricati), ma ve ne sono di altro genere ed è probabile che, per non fare confusione, si debbano inserire in polizza clausole come la compensazione tra partite, che consente al perito di non essere troppo fiscale nell’applicare la regola proporzionale, calcolandola per ciascun tipo di cespite. Se una partita risultasse più coperta, questa andrebbe a compensare eventuali altre partite insufficientemente assicurate. 

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UN CONTRATTO NON BASTERÀ
Anche le garanzie coperte non collimano con quelle che sono generalmente prestate dagli assicuratori, perché il decreto prevede la copertura dei seguenti eventi:
a) alluvione, inondazione ed esondazione, intesi come fuoriuscita d’acqua, anche con trasporto ovvero mobilitazione di sedimenti anche ad alta densità, dalle usuali sponde di corsi d’acqua, di bacini naturali o artificiali, dagli argini di corsi naturali e artificiali, da laghi e bacini, anche a carattere temporaneo, da reti di drenaggio artificiale, derivanti da eventi atmosferici naturali;
b) sisma, inteso come sommovimento brusco e repentino della crosta terrestre dovuto a cause endogene, purché i beni assicurati si trovino in un’area individuata tra quelle interessate dal sisma nei provvedimenti assunti dalle autorità competenti, localizzati dalla rete sismica nazionale dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia in relazione all’epicentro del sisma; 
c) frana, intesa come movimento, scivolamento o distacco rapido di roccia, detrito o terra lungo un versante o un intero rilievo sotto l’azione della gravità, scoscendimento di terre e rocce anche non derivate da infiltrazioni d’acqua. 
Ma la copertura dei rischi catastrofali comprende molte altre garanzie, che vanno dalla grandine al peso della neve, al maremoto, allo tsunami, etc. 
Queste garanzie dovranno essere coperte dal mercato in differenza di condizioni e limiti ed è possibile che si debbano sommare le pere con le mele, come dicono gli anglosassoni, proprio perché le definizioni non corrispondono. E non dimentichiamoci che queste polizze dovranno comunque coprire i beni che restano esclusi dalla garanzia obbligatoria: le merci e i danni indiretti e consequenziali. 
Ci troveremo quindi alcuni cespiti assicurati in un modo, alle usuali condizioni di mercato, e altri assicurati in un altro, in base alle indicazioni della legge. Prevedo un po’ di confusione.

DELIMITAZIONE DELL’EVENTO CALAMITOSO
La definizione di evento sembra essere (non perfettamente ma abbastanza) in linea con le usuali clausole: è presente il limite di 72 ore per attribuire un evento calamitoso a questa o quella circostanza. Alcuni commentatori considerano la classica clausola assicurativa dei tre giorni come una sorta di limitazione, ma non lo è affatto: un evento catastrofale può verificarsi a più riprese. 
Quando si verificò il terremoto che colpì la zona di Modena nel 2012, si verificarono due forti scosse, il 20 e il 29 maggio. Si trattò quindi di due diversi episodi cui applicare due diversi limiti di copertura e due franchigie. Il limite di tre giorni serve essenzialmente a delimitare gli eventi, allo scopo di allocare limiti e franchigie correttamente. Per lo meno sotto questo profilo, quindi, i periti non dovrebbero avere grossissimi problemi a gestire l’eventuale sinistro, ma viene da chiedersi per quale ragione non si siano voluti utilizzare i testi e il glossario adottati da sempre nelle polizze di assicurazione, da parte di chi ha sempre ricoperto la funzione di assicuratore. 

LE QUESTIONI ANCORA IRRISOLTE
Gli interrogativi che ci poniamo sono ancora tanti, ma, per questioni di spazio, per il momento ci limitiamo alle perplessità avanzate. 
Se facciamo confusione con le definizioni e mettiamo le aziende nella necessità di acquistare più polizze che devono lavorare nello stesso momento (quella obbligatoria e quella che dovrà per forza di cose coprire merci, danni indiretti e tutte le garanzie catastrofali che il decreto non prevede), mettiamo gli addetti ai lavori in serie difficoltà. E diamo un pessimo servizio alle aziende che devono assicurarsi.
Una cosa è limitarsi a coprire a nuovo solo le garanzie obbligatorie, un’altra è far quadrare queste nuove regole con le condizioni che sono già previste, perché sono comunque tante le aziende che si sono dotate della copertura per gli eventi catastrofali, prima che la disposizione fosse emanata.
L’impressione è che in questa legge si scontrino due diverse mentalità. L’hanno scritta i giuristi (il che è giusto, perché di una legge si tratta), ma saranno tecnici e ingegneri (sottoscrittori, periti, etc.) a doverla applicare. Sarebbe forse valsa la pena di consultarli, per evitare di rendere loro la vita difficile quando i sinistri si verificheranno. 

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