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Lancio dei sassi dal cavalcavia, società Autostrade non imputabile

Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che il gestore della rete stradale, non avendo avuto alcuna possibilità di intervento al compiersi dell’atto, non è responsabile per il crimine compiuto

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Il lancio di sassi per colpire intenzionalmente gli utenti della rete viaria autostradale (vicende che avevano una cadenza statistica, in anni passati, piuttosto allarmante) non possono comportare la responsabilità dell’ente gestore della rete viaria, nemmeno per effetto della presunzione di cui all’art. 2051 cc, che obbliga il custode o gestore della cosa a un comportamento virtuoso e diligente nella conservazione del bene e nella prevenzione di danni agli utenti. È quanto ha stabilito una sentenza recente della Corte di Cassazione, la n. 6095 del 26 marzo 2015.

Una vittima di un atto vandalico, con autori rimasti ignoti, conveniva in giudizio la società Autostrade per sentirla condannare al risarcimento dei danni che aveva subito in data 3 settembre 92 quando, mentre percorreva l’autostrada A16 alla guida della propria vettura, veniva colpito da una pietra scagliata dall’altezza del viadotto che incrociava l’autostrada.  Il Tribunale di Nola accoglieva in un primo tempo la domanda, condannando il gestore autostradale, mentre la Corte di Appello di Napoli riformava la sentenza, escludendo la responsabilità della società Autostrade nei confronti della vittima, che quindi ricorreva per Cassazione. 

Sussiste il “caso fortuito” Come detto, la Corte ha respinto il ricorso della vittima, mandando assolto il gestore sulla base di una considerazione di sussistenza del caso fortuito, che consiste in un atto abnorme e illecito compiuto da ignoti, non addebitabile a chi sia tenuto alla manutenzione e alla gestione della viabilità. Infatti, qualificata la domanda come proposta ai sensi dell’art. 2051 c.c., la Corte di Appello rilevava che il fatto si era verificato “a causa esclusiva del lancio di sassi dal cavalcavia a opera di ignoti delinquenti, cui ha fatto seguito, nell’immediatezza, l’incidente” e ha ritenuto che “l’assoluta contestualità del lancio e dell’incidente non ha lasciato al gestore alcun margine di intervento”, e che “gli atti intenzionali estemporanei degli ignoti delinquenti non sono stati in alcun modo agevolati da comportamenti del gestore”.

La colpa del gestore era esclusa non potendogli addebitare nemmeno  una valenza concausale agli “squarci eventuali” nella trama della rete di recinzione poiché essa, “siccome facilmente scavalcabile, non aveva la capacità di ostacolare il lancio di pietre”. Atteso dunque che l’attore aveva invocato una responsabilità extracontrattuale ex art. 2051 c.c., non risulta pertinente, nota la Corte, il richiamo alla violazione di obblighi di vigilanza e manutenzione, giacché il dato rilevante ai fini dell’affermazione della responsabilità non va rinvenuto nell’eventuale condotta colposa della concessionaria, ma esclusivamente nel rapporto causale fra la cosa in custodia e l’evento dannoso, così come, per converso, la prova liberatoria può essere fornita soltanto con la dimostrazione del caso fortuito, ossia di un elemento idoneo a escludere il nesso causale.

Ciò premesso, proseguono i giudici della Corte, deve rilevarsi come i giudici di merito abbiano correttamente individuato tale caso fortuito nella condotta estemporanea degli ignoti che ebbero a lanciare i sassi, ossia in un fattore del tutto estraneo al dinamismo interno alla cosa (vale a dire alla rete viaria e alle sue pertinenze).  Nessun nesso causale tra sinistro e condizioni stradali Va sottolineato, al riguardo, che proprio il rapporto di “immediatezza” e “assoluta contestualità” tra il lancio e l’incidente, permette di escludere che si fosse consolidata (trascorso il tempo ragionevolmente necessario al gestore per la rimozione dei sassi dalla carreggiata) una situazione di pericolo immanente alla cosa (ossia un modo di essere o una caratteristica pericolosa della strada) tale da escludere il fortuito e da consentire di affermare l’esistenza di un rapporto causale fra la condizione assunta dalla carreggiata (seppure per il fatto del terzo) e il sinistro.

In buona sostanza, la Corte ci rammenta che l’obbligo di diligenza e di custodia che incombe sul soggetto proprietario di un bene del quale detenga potere di dominio (come appunto il gestore di una strada) non può comportare una sorta di responsabilità oggettiva (senza quindi possibilità liberatoria), cosa che avverrebbe se si volesse imputare al custode anche l’azione criminale di terzi, del tutto imprevedibile e avulsa dai canoni di utilizzo del bene controllato. L’obbligo di custodia, insomma, è correlato a quello che è l’utilizzo proprio e ordinario del bene medesimo, e non può essere esteso a vicende del tutto ultronee per le quali l’obbligo di vigilanza si attenua fino a scomparire in presenza del così detto caso fortuito che ben si può concretizzare anche nella azione illecita di un terzo estraneo al rapporto utente/gestore. 


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