Le sigarette elettroniche fanno male?
Nate per ridurre il consumo di tabacco e preservare dai rischi del fumo attivo e passivo, le e-cig potrebbero invece, secondo uno studio americano, creare dipendenza e causare alterazioni al Dna: più che la nicotina sono sotto osservazione gli aromi chimici utilizzati
09/04/2018
In un rapporto pubblicato nelle scorse settimane negli Usa dall’Accademia Nazionale delle Scienze, un gruppo di esperti è giunto alla conclusione che fumare sigarette elettroniche contenenti nicotina può creare dipendenza, e che gli adolescenti che usano questi dispositivi potrebbero correre un rischio maggiore di diventare fumatori.
Ovunque nel mondo si discute se l’uso di sigarette elettroniche da parte dei più giovani non li spinga verso il fumo convenzionale. Mentre i produttori sostengono che il fumo a vapore non costituisce affatto una sorta di trampolino di lancio verso la dipendenza dalle sigarette tradizionali, molti ritengono invece che induca i giovani al tabagismo e al rischio di contrarre tumori che ne deriva.
La ricerca, che rappresenta oggi lo studio più esaustivo mai effettuato sulle sigarette elettroniche, ha dimostrato che questi dispositivi sono più sicuri dei tradizionali prodotti per fumatori e che possono essere d’aiuto a coloro che volessero smettere di fumare. Ha anche provato che l’uso di sigarette elettroniche riduce l’esposizione dei fumatori al catrame e agli altri agenti cancerogeni prodotti dal tabacco, ma non è giunta a concludere che le sigarette elettroniche siano sicure, sostenendo che non disponiamo di studi scientifici a lungo termine sulla capacità di questi strumenti di creare dipendenza, o sui loro effetti sul cuore, sui polmoni e sull’apparato riproduttivo.
I rischi sono la dipendenza e le malattie tumorali
Il rapporto è stato commissionato nel 2016 dalla Fda (US Food and Drugs Administration), dopo che la stessa ha acquisito l’autorità di vigilanza anche su quei prodotti per fumatori che erano rimasti al di fuori della sua giurisdizione, come sigarette elettroniche e sigari.
Gli autori allegano prove conclusive che svapare può creare dipendenza e che l’esposizione alla nicotina delle sigarette elettroniche è altamente variabile, e dipende dalle caratteristiche del dispositivo e dal modo in cui viene utilizzato.
Lo studio conclude anche che, oltre alla nicotina, la maggior parte delle sigarette elettroniche contiene ed emette sostanze potenzialmente tossiche. Per quanto attiene al fumo passivo, il comitato di studiosi ha confermato che l’uso di questi dispositivi aumenta le concentrazioni di particolato e di nicotina all’interno dei locali.
Non potendo valutare gli effetti a lungo termine dell’uso delle e-cig, che sono da troppo poco tempo sul mercato, gli studiosi americani sono anche ricorsi al metodo sperimentale, per osservare eventuali modifiche del Dna dei topi che possano far presumere l’insorgenza di malattie.
Effetti simili a quelli evidenziati sul Dna dei topi sono stati poi osservati in laboratorio anche sulle cellule umane di polmoni e vescica, rivelando un maggior tasso di mutazione e trasformazione in cellule tumorali. “Dobbiamo anche studiare gli effetti sui polmoni degli aromi, come quelli alla vaniglia o al cioccolato, che mandano in circolo micro particelle studiate solo come additivi alimentari e non da inalazione”, ha commentato la dottoressa Roberta Pacifici, direttrice del Centro farmaco e tossicodipendenze dell’Istituto superiore di sanità (Iss).
Un mercato in crescita
La percentuale di fumatori fra gli adulti e adolescenti è diminuita significativamente negli ultimi decenni. Nel 2015 circa 37 milioni di americani, il 15% degli adulti di età superiore a 18 anni, erano fumatori. Nel 2005 erano quasi il 21% e nel 1965, il 42%.
L’industria delle sigarette elettroniche si è quindi proposta come sostituto del fumo tradizionale e molte aziende hanno sviluppato dispositivi che producono oggi grandi profitti. È previsto che il settore continui a crescere, fino a oltre 5 miliardi di dollari di vendite solo negli Stati Uniti, entro la fine del 2018.
Questi prodotti sono sempre stati commercializzati come un’alternativa più sicura alle sigarette tradizionali e oggi sono disponibili sul mercato più di 450 marchi e oltre 7.700 diversi gusti di sigarette elettroniche, venduti nei negozi specializzati ma anche presso altri rivenditori, tra i quali distributori di benzina, farmacie, drogherie e negozi di alimentari in genere. La maggior parte di questi dispositivi sembra essere prodotta in Cina, dove si dice che le sigarette elettroniche siano state inventate.
Il lato oscuro degli additivi
Come si è detto, le sigarette elettroniche contengono nicotina, che costituisce un rischio per la salute, anche se a livelli inferiori rispetto alle sigarette di tabacco. Oltre alla nicotina, però, i liquidi utilizzati contengono una varietà di sostanze chimiche e aromi alimentari, la stragrande maggioranza dei quali non è mai stata testata per determinare se possa causare danni una volta inalata. Un esempio tipico è costituito dal diacetilene. Si tratta di un aromatizzante chimico al sapore di burro, ampiamente utilizzato nell’industria alimentare da oltre 60 anni. Tuttavia, nel 2005 si è scoperto che, se inalato, questo prodotto può addirittura indurre una malattia chiamata bronchiolite obliterante. È questa un’affezione gravissima, le cui vittime possono necessitare di cure complesse, fino al trapianto dei polmoni.
Negli Stati Uniti i lavoratori dell’industria alimentare soggetti a questo tipo di esposizione e malattia hanno ottenuto risarcimenti cospicui nei tribunali, con cifre oscillanti tra poco meno di 3 a oltre 30 milioni di dollari. E da molti test effettuati sui liquidi da sigaretta elettronica prodotti in Cina, è emerso che quasi il 75% conteneva diacetilene.
Sotto osservazione le I-Qos
Intanto il nostro Istituto superiore della sanità ha avviato ricerche anche sulle I-Qos, le nuove sigarette elettroniche che sprigionano vero fumo senza bruciare tabacco (che viene scaldato con un meccanismo a induzione). Secondo i produttori, questo sistema proteggerebbe i fumatori dalle sostanze cancerogene che si inalano con la combustione vera e propria. Pare che già in 600mila le abbiano provate nel nostro Paese, il 44% dei quali non era fumatore, e che di questo passo supereremo presto il milione di avventori.
L’Fda americana, da parte sua, ha già affermato che non ci sono prove sufficienti che questi nuovi dispositivi siano d’aiuto per ridurre il rischio di malattie da tabacco, rinviando l’autorizzazione a commercializzare le I-Qos oltreoceano.
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