Il senso del caso fortuito
Prima parte - Il Codice delle assicurazioni prevede l’eventualità che il risarcimento di un trasportato possa essere escluso quando il danno è avvenuto per cause non prevedibili. La domanda lecita riguarda proprio le casistiche in cui tale disposizione può operare
11/01/2019
Il primo comma dell’articolo 141 del Codice delle Assicurazioni (CdA) così recita: “Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all’art.140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo.”
È questa una norma di nuovo conio, introdotta cioè nel 2005 dal legislatore del Codice delle Assicurazioni Private il quale, in un’ottica di piena tutela dei trasportati su veicoli, impose l’obbligo del risarcimento dei danni dagli stessi subiti indipendentemente dalla responsabilità o meno del conducente del veicolo, lasciando poi all’assicuratore solvente il compito di recuperare la somma versata (totale o parziale in ragione della quota di colpa effettiva del conducente) dall’assicuratore dell’altro veicolo coinvolto.
Una vera e propria garanzia no fault dunque che si muoveva, nelle intenzioni iniziali, nell’ottica di tutelare la così detta parte debole della circolazione stradale: il trasportato appunto.
Tuttavia, come si legge, proprio l’inizio del primo comma dell’articolo 141 prevede una sola ipotesi in cui tale tutela non sia praticabile, e che quindi l’assicuratore del veicolo vettore non sia obbligato: quando il sinistro e il danno siano stati causati da “caso fortuito”.
Le domande sul caso fortuito
Negli anni ci si è domandati a lungo se tra le ipotesi di “caso fortuito” dovesse anche rientrare, ad esempio, la responsabilità esclusiva del veicolo antagonista, ovvero su quale fosse la casistica dei fatti tale da rendere il precetto non vincolante nella sua applicazione pratica.
Sempre nel corso degli anni la dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza hanno affinato questi concetti, delimitando dunque il campo di applicazione della norma e alimentando la definizione di “caso fortuito”.
Quella che segue vuole quindi essere una sorta di ripasso della disciplina del “caso fortuito” applicato ai sinistri stradali con particolare riguardo alla ipotesi di esclusione di applicabilità dell’art. 141 citato.
Il caso, senza altre interferenze
La norma in esame è dunque chiara nell’indicare la sussistenza del “caso fortuito” quale esimente la responsabilità dell’istituto assicurativo e l’eventuale rigetto della richiesta di risarcimento formulata nei suoi confronti. Basilare risulta quindi definire questa ipotesi o fattispecie di accadimento.
La migliore giurisprudenza (Cassazione 7285/1990) ha da tempo definito il caso fortuito come quell’avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all’attività psichica dell’agente.
Più recentemente (Cass. 3108/2010) il caso fortuito è stato definito come quella componente causale di un evento che, per la sua imprevedibilità e la sua autonomia causale, esclude la responsabilità del soggetto coinvolto in un fatto dannoso: tale può ritenersi, nel campo della circolazione stradale, l’avvenimento improvviso, ed esorbitante dalla normalità dei comportamenti umani, che non consenta alcuna manovra di emergenza per evitare il danno.
In ambito di sinistri occorsi durante la circolazione stradale, nell’ipotesi in cui il caso fortuito rappresenti l’unica causa che abbia determinato il sinistro lo stesso fa venire meno le presunzioni di colpa stabilite. Non è possibile rispondere per colpa extracontrattuale di un fatto non preveduto che, secondo la comune esperienza e il normale svolgersi degli eventi, non sia neppure prevedibile (Cass. 21271/2007; Cass. 17477/2007). In particolare, la Suprema Corte (Cass. 17477/2007; Cass. 13268/2006) ha sottolineato che: “L’apprezzamento del giudice di merito circa la prevedibilità e l’evitabilità, o meno, dell’evento, al fine di escludere o di ammettere il caso fortuito, è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato”. Nelle ipotesi in cui, invece, il caso fortuito non costituisca l’unica causa di un evento dannoso, concorrendo con altre cause (si pensi all’imprudenza o all’imperizia), il sinistro non è da considerarsi inevitabile, essendo ascrivibile anche alla colpa del proprietario e del conducente (Cass. 14959/2012).
Ancora, il caso fortuito è considerabile un elemento che, con la sua imprevedibilità e inevitabilità si inserisce nel fatto dell’agente, paralizzandolo al di là di un certo limite (l’impossibilia) in modo che questi non possa superare, in termini di umana capacità, l’evento, venendone coinvolto.
In sintesi, ribadendo i concetti sin qui esposti, il caso fortuito consiste in un quid imponderabile e imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto, soverchiando ogni possibilità di resistenza e di contrasto.
Un'eventualità molto ristretta
Si aggiunge che le caratteristiche del caso fortuito devono essere consistenti e avere il carattere rigoroso dell’eccezionalità in quanto, comportando un’esimente di responsabilità che crea uno squilibrio con il diritto del danneggiato ad essere risarcito, vanno valutate con estrema prudenza: il magistrato incaricato della vertenza dovrà quindi sottoporre ciascuna fattispecie a un esame preciso e approfondito, da effettuarsi caso per caso. Non è sufficiente che vengano formulate delle ipotesi circa le cause della perdita di controllo del veicolo perché il giudice sia tenuto a svolgere accertamenti complessi sulle effettive condizioni fisico-psichiche del soggetto al momento del fatto e sullo stato di efficienza del veicolo. In mancanza di allegazione di elementi precisi e specifici e in presenza di risultanze inequivoche confortanti la colpevolezza, deve presumersi che la condotta del soggetto, normalmente capace, sia riferibile a un’azione cosciente e volontaria e, quindi, liberamente determinata.
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