Pmi lontane dall’integrazione dei rischi
L’ultima ricerca condotta dall’Osservatorio del Politecnico di Milano e Cineas sul risk management nelle piccole e medie imprese italiane mostra un’elevata percezione soprattutto dei rischi finanziari
27/03/2014
Una gestione organizzata del rischio sembra essere ancora una chimera per la maggior parte delle piccole e medie imprese di casa nostra, secondo quanto emerge dai dati 2013 dell'Osservatorio del Politecnico di Milano e Cineas sul risk management nelle Pmi italiane, presentata lo scorso 25 marzo a Milano.
Secondo la ricerca, infatti, il 63% del campione non adotta tecniche di gestione del rischio. Di quel 37% che le mettono in atto, il 52% valuta i rischi in maniera formale e secondo un processo strutturato, percentuale aumentata di circa 10 punti rispetto al 2012.
L'indagine ha preso in considerazione un campione di 701 aziende distribuite su tutto il territorio nazionale e appartenenti a tutti i settori dell'economia, con particolare concentrazione nei macro-settori servizi (36%) e manifattura (41%).
Presi come parametri il rischio medio e il rischio altalenante, laddove il primo rappresenta quello attuale e quello altalenante quello legato agli ultimi cinque anni, la percezione del profilo di rischio è pressoché costante di tipo medio.
La ricerca osserva che per l'81% del campione, all'apertura di nuovi canali di vendita e all'ampliamento del portafoglio prodotti corrisponde una diminuzione della percezione dell'esposizione al rischio.
ALTO TIMORE PER I RISCHI FINANZIARI
Sono i rischi finanziari che vengono maggiormente percepiti come rilevanti, oscillando tra il 48% e il 52%, e sono quelli che assorbono più risorse. L'aumento maggiore è registrato dalle imprese che hanno una maggiore esposizione al rischio credito (dal 30% al 78% del campione dal 2012 al 2013) e al rischio di liquidità (dal 15% del campione nel 2012 al 42% nel 2013).
L'elevata percezione dei rischi finanziari da parte delle Pmi - spiega il presidente di Cineas, Adolfo Bertani - è una diretta conseguenza della crisi economica. È fondamentale una visione del rischio a 360 gradi affinché le Pmi tornino a crescere.
Spesso infatti - prosegue Bertani - è stata proprio la mancata percezione degli altri rischi a determinare la chiusura di diverse realtà industriali". Bertani cita come esempio il caso delle concerie della valle del Chiampo, in provincia di Vicenza, un distretto che è stato fortemente ridimensionato a causa delle conseguenze legali e di business legate alla mancata gestione del rischio ambientale a cui era esposto.
Quanto ai ruoli e alle responsabilità per la gestione del rischio, tra le imprese intervistate è molto bassa l'incidenza di quanti dedicano una risorsa a tempo pieno per attività di risk management: nella stragrande maggioranza dei casi (il 90% delle piccole imprese e l'82% di quelle medie) il compito è assolto da una figura interna che ricopre altri ruoli, come l'amministratore delegato (72%) o il direttore finanziario nel caso delle medie imprese (36%).
RECESSIONE, AUMENTA IL PESSIMISMO
Quanto al contesto macroeconomico, sebbene il 54% del campione si dica ottimista in merito all'uscita dalle recessione, quasi la metà delle imprese percepiscono ancora un mercato in contrazione: il 46%, in aumento di quasi il 20% sul 2012. La più ricorrente tra le leve di intervento per le piccole imprese è quella della sostituzione e del rafforzamento della struttura con nuove competenze manageriali.
Quasi la totalità (il 90%) delle imprese che percepiscono il mercato in contrazione decide di operare cambiamenti all'interno della struttura di vertice, mentre il 45% apre a nuovi mercati che abbiano una domanda in crescita oppure una disponibilità di materie prime a costi inferiori.
Questo dato è in diminuzione rispetto all'anno precedente, quando questa scelta veniva fatta dal 59% delle imprese. "Negli ultimi cinque anni - spiega il direttore di risk governance del Politecnico di Milano, Marco Giorgino - le piccole e medie imprese italiane hanno risposto alla crisi con molte operazioni anche straordinarie, per la maggior parte entrando in nuovi mercati". Secondo Giorgino, questo ha provocato un aumento del profilo di rischio.
"Non sempre la dimensione media (e soprattutto piccola) è in grado di reagire a tale rischiosità e di raccogliere le nuove sfide competitive che i mercati pongono. In assenza di adeguati sistemi per la gestione dei rischi - osserva - il rischio effettivo è quello della stasi e, di conseguenza, in ultima analisi, del peggioramento del panorama economico italiano".
Dall'Osservatorio, secondo Giorgino, emergono però segnali positivi: "la spesa per il risk management nelle Pmi è in aumento sia in termini assoluti che percentuali, in modo più marcato per le medie imprese, passando dal 2012 al 2013 dallo 0,3% al 3,8% del fatturato per le aziende con più di dieci milioni di fatturato".
Secondo la ricerca, infatti, il 63% del campione non adotta tecniche di gestione del rischio. Di quel 37% che le mettono in atto, il 52% valuta i rischi in maniera formale e secondo un processo strutturato, percentuale aumentata di circa 10 punti rispetto al 2012.
L'indagine ha preso in considerazione un campione di 701 aziende distribuite su tutto il territorio nazionale e appartenenti a tutti i settori dell'economia, con particolare concentrazione nei macro-settori servizi (36%) e manifattura (41%).
Presi come parametri il rischio medio e il rischio altalenante, laddove il primo rappresenta quello attuale e quello altalenante quello legato agli ultimi cinque anni, la percezione del profilo di rischio è pressoché costante di tipo medio.
La ricerca osserva che per l'81% del campione, all'apertura di nuovi canali di vendita e all'ampliamento del portafoglio prodotti corrisponde una diminuzione della percezione dell'esposizione al rischio.
ALTO TIMORE PER I RISCHI FINANZIARI
Sono i rischi finanziari che vengono maggiormente percepiti come rilevanti, oscillando tra il 48% e il 52%, e sono quelli che assorbono più risorse. L'aumento maggiore è registrato dalle imprese che hanno una maggiore esposizione al rischio credito (dal 30% al 78% del campione dal 2012 al 2013) e al rischio di liquidità (dal 15% del campione nel 2012 al 42% nel 2013).
L'elevata percezione dei rischi finanziari da parte delle Pmi - spiega il presidente di Cineas, Adolfo Bertani - è una diretta conseguenza della crisi economica. È fondamentale una visione del rischio a 360 gradi affinché le Pmi tornino a crescere.
Spesso infatti - prosegue Bertani - è stata proprio la mancata percezione degli altri rischi a determinare la chiusura di diverse realtà industriali". Bertani cita come esempio il caso delle concerie della valle del Chiampo, in provincia di Vicenza, un distretto che è stato fortemente ridimensionato a causa delle conseguenze legali e di business legate alla mancata gestione del rischio ambientale a cui era esposto.
Quanto ai ruoli e alle responsabilità per la gestione del rischio, tra le imprese intervistate è molto bassa l'incidenza di quanti dedicano una risorsa a tempo pieno per attività di risk management: nella stragrande maggioranza dei casi (il 90% delle piccole imprese e l'82% di quelle medie) il compito è assolto da una figura interna che ricopre altri ruoli, come l'amministratore delegato (72%) o il direttore finanziario nel caso delle medie imprese (36%).
RECESSIONE, AUMENTA IL PESSIMISMO
Quanto al contesto macroeconomico, sebbene il 54% del campione si dica ottimista in merito all'uscita dalle recessione, quasi la metà delle imprese percepiscono ancora un mercato in contrazione: il 46%, in aumento di quasi il 20% sul 2012. La più ricorrente tra le leve di intervento per le piccole imprese è quella della sostituzione e del rafforzamento della struttura con nuove competenze manageriali.
Quasi la totalità (il 90%) delle imprese che percepiscono il mercato in contrazione decide di operare cambiamenti all'interno della struttura di vertice, mentre il 45% apre a nuovi mercati che abbiano una domanda in crescita oppure una disponibilità di materie prime a costi inferiori.
Questo dato è in diminuzione rispetto all'anno precedente, quando questa scelta veniva fatta dal 59% delle imprese. "Negli ultimi cinque anni - spiega il direttore di risk governance del Politecnico di Milano, Marco Giorgino - le piccole e medie imprese italiane hanno risposto alla crisi con molte operazioni anche straordinarie, per la maggior parte entrando in nuovi mercati". Secondo Giorgino, questo ha provocato un aumento del profilo di rischio.
"Non sempre la dimensione media (e soprattutto piccola) è in grado di reagire a tale rischiosità e di raccogliere le nuove sfide competitive che i mercati pongono. In assenza di adeguati sistemi per la gestione dei rischi - osserva - il rischio effettivo è quello della stasi e, di conseguenza, in ultima analisi, del peggioramento del panorama economico italiano".
Dall'Osservatorio, secondo Giorgino, emergono però segnali positivi: "la spesa per il risk management nelle Pmi è in aumento sia in termini assoluti che percentuali, in modo più marcato per le medie imprese, passando dal 2012 al 2013 dallo 0,3% al 3,8% del fatturato per le aziende con più di dieci milioni di fatturato".
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